Mappare il cinema erotico (iltascabile.com)

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La serie di fotografie scattate da Marialba 
Russo immortala i manifesti a luci rosse nella 
Napoli di fine anni Settanta.

Qualche anno fa, in un periodo di precariato più severo del solito, tentai di trovare impiego in uno di quelli che in italiano si chiamano “sexy shop”. Realizzando che le mie competenze, fuori dall’accademia o dal giornalismo cinematografico, non mi consentivano molte altre strade se non cercarmi un lavoro da commessa, un sexy shop “faceva colore”, pensavo, e magari avrei raccolto degli aneddoti che avrebbero potuto tornarmi utili in futuro, visto che stavo pensando a un progetto di dottorato sul cinema erotico degli anni Settanta.

Per qualche giorno girai tutta Torino, spostandomi in autobus fino alle periferie più remote, portando il mio curriculum. Scoprii presto che le chance di assunzione erano praticamente nulle: per colpa degli store online, il settore era (prevedibilmente) in crisi, e quasi tutti i (pochi) negozi rimasti erano gestiti dai proprietari, che non potevano permettersi di avere dipendenti. Fu frustrante, e anche un po’ incosciente: in una situazione mi trovai con uno di costoro che, abbassata la saracinesca, insistette per mostrarmi orgogliosamente video girati nel suo negozio in cui dominava e umiliava le sue partner. Ero incuriosita ma anche preoccupata.

Sapevo di dovermi mostrare all’altezza della posizione per la quale mi stavo candidando, quindi rimasi a guardare nonostante l’ansia crescente. Prima di andare via volle regalarmi una tutina di rete, e nei giorni successivi mi cercò sul numero di telefono che avevo inserito nel cv, senza più menzionare il lavoro ma invitandomi con una certa insistenza a festini privati. Per fortuna desistette presto.

Nonostante la paura, questa fallimentare ricerca mi aveva permesso di costruirmi, come in una deriva psicogeografica, una mappa alternativa della città: a quasi ogni quartiere ero in grado alla fine di associare il suo negozio. Si andava dai concept store patinati ed edulcorati del centro, rivolti soprattutto alle coppie, al negozio storico di lusso in Crocetta (uno spazio che la proprietaria aveva ereditato dal padre, nel retrobottega una grossa teca contenente bambole Barbie vestite in lattice e impegnate tra loro in pose inequivocabili), fino al negozio specializzato in scherzi per l’addio al celibato o al nubilato in Borgo San Paolo dove mi proposero di scrivere recensioni dei loro prodotti per il loro sito a 7 euro l’una, o allo squallidissimo negozio di videocassette (e qualche DVD) nell’ex quartiere operaio di Mirafiori, gestito da un signore anziano che appena entrata dopo aver fumato una sigaretta mi fulminò appena visto il cv dicendomi con forte accento piemontese che, se cercavo lavoro, puzzare di fumo non era un buon biglietto da visita … leggi tutto

(Monika Kozub)

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