Bob Dylan. Like a Rolling Stone (doppiozero.com)

di Daniele Benati

A pagina 350 della sua autobiografia 
“non autorizzata” X-Ray (The Overlook Press, 1995), 

Ray Davies, cioè, il grande Ray Davies, ammette di averci impiegato un po’ di tempo prima di capire la grandezza di Bob Dylan e di averlo inizialmente snobbato come autore, tanto da esser stato sul punto di scartare la canzone scritta da suo fratello Dave (si sta parlando dei Kinks, naturalmente) intitolata Death of a Clown (poi divenuta un successo anche in Italia ad opera dei Nomadi col titolo di Un figlio dei fiori non pensa al domani), canzone che, a modo di vedere o di sentire del suddetto Ray, era un po’ troppo “dylanesque”.

Nella stessa pagina Davies dichiara di essersi poi ricreduto sul conto di Dylan fino a maturare su di lui l’opinione opposta, esattamente come aveva fatto con Picasso, che gli era sempre parso molto sopravvalutato, e ora considerava entrambi “due giganti dell’arte del ventesimo secolo”, non mancando di sottolineare che una particolarità della loro grandezza derivava anche dal fatto di essere stati proprio loro i primi a prendere per i fondelli i critici e gli esegeti da cui erano incensati e analizzati.

Questo è stato senz’altro vero per Bob Dylan, il quale, negli anni del suo maggior fulgore e di maggiore esplosività creativa, cioè nel biennio 1965-66, s’è divertito parecchio a scrivere testi a volte astrusi, bizzarri e insensati, certo che gli addetti ai lavori li avrebbero rivoltati in mille modi pur di arrivare a una plausibile interpretazione.

Questo non significa che quei versi fossero privi di una loro bellezza o di una loro singolare originalità, anzi era proprio in quei versi che si manifestava il grande estro della sua fantasia linguistica, come pure lo spirito della sua genialità, che andava di pari passo con la libertà espressiva che gli derivava dal semplice fatto di fregarsene altamente di qualunque giudizio venisse emesso su di lui e di rimanere fedele al proprio principio secondo cui il modo migliore per riuscire a fare qualcosa è non chiedere niente a nessuno.

Alla stessa maniera si divertiva parecchio (ma a volte anche s’inalberava) durante le interviste o le conferenze stampa, davanti a giornalisti che lo incalzavano con domande una più sciocca dell’altra o pretendevano da lui risposte a quesiti riguardanti la soluzione dei problemi del mondo … leggi tutto

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *