L’ottobre ha tinto le foglie, il novembre le ha recise, il dicembre le ricopre con il suo lenzuolo di lino.
Così si succedono il maturare, il morire e la morte. Il dicembre, “luna del rigore”, “luna da lupi” per gli antichi, rappresenta da sempre un rigido signore. Con lui incomincia l’inverno anche se, come tutte le stagioni, non arriva secondo il calendario. Arriva prima o dopo le date stabilite da Cesare, si allunga sull’arco di un anno, e anche oltre.
Dobbiamo cercarlo nello spazio più che nel tempo. Discende dalle nevi perenni delle alte montagne sulle quali, persino ai tropici, risiede; domina i deserti polari. Di là avanza, con luci che svaniscono, sulle terre dei lupi e degli orsi. Lo precedono in volo gli uccelli del Nord. Porta con sé, sotto il suo mantello, il gelo, la notte, la morte – anche qualcos’altro, però, qualcosa di più, per colui che sappia rovesciarne la stoffa.
Anzitutto la coltre: il sudario che il dicembre stende sulla Terra e che, nelle sue proporzioni, si adegua al grande e al piccolo ritmo di lei – all’avvicendarsi del giorno e della notte, dei venti gelati e dei venti del disgelo, delle epoche miti e di quelle glaciali. La parentela di gelo e morte diventa allora visibile anche nello spazio: nel modo in cui egli dorme nei luoghi impervi o contratti, e si dispiega quando la luce si affievolisce fino a svanire … leggi tutto