Decine e decina di migliaia di manifestanti sono scesi in piazza a Varsavia
e in altre 80 città polacche per protestare contro quella che considerano la prima vittima del divieto dell’aborto cioè una trentenne incinta di 22 settimane morta il 22 settembre scorso a causa di uno shock settico dopo che i medici, seguendo la legge restrittiva sull’interruzione di gravidanza in vigore dall’inizio di quest’anno, si sono rifiutati di praticare l’aborto, nonostante il feto fosse malformato e morente. Secondo quanto denunciato dai familiari e dalle Ong per i diritti delle donne, la gestante avrebbe potuto salvarsi con un intervento tempestivo dei sanitari.
La convalida della Corte Costituzionale polacca
Nove mesi dopo la convalida da parte della Corte Costituzionale della legge che di fatto vieta l’aborto nel Paese, scoppia il primo caso raccapricciante che peraltro ha costretto l’ospedale a sospendere i medici che non hanno salvato la donna in stato interessante ma destinata ad un esito infausto per il feto.
“Anche se i medici potevano interrompere la gravidanza perché metteva in pericolo la vita della madre, hanno avuto paura ed hanno aspettato la morte naturale del feto. Se avessero praticato l’aborto questa donna sarebbe ancora viva”: spiega Dorota Loboda, consigliere comunale di Varsavia.
“Ho molta paura di quello che sta succedendo. Ho una figlia in età fertile e le sconsiglio di affrontare una gravidanza in questo momento”: le fa eco l’insegnante Kalina Deniso.
Gli slogan
“Nessun’altra deve morire“, è stato uno degli slogan dei dimostranti, che hanno anche osservato un minuto di silenzio in memoria di Izabella, come è stata identificata dai media locali la parrucchiera morta il mese scorso a Pszczyna, nel sud della Polonia, lasciando una figlia di nove anni e il marito.
I sostenitori della legge
I sostenitori della legge che limita la pratica dell’aborto a casi rarissimi affermano che la morte della trentenne non è correlata al divieto di abortire. Le Ong hanno chiesto alla Commissione europea di far scattare il meccanismo che potrebbe negare alla Polonia i fondi da Bruxelles per non aver rispettato i “valori comunitari”.