di Margherita Montanari
Francesca Bertamini lavora in rianimazione:
accusati di aver sequestrato un paziente e di minare alla loro libertà. Il post della dottoressa sui social
«Da quando le terapie intensive sono piene di no vax, noi medici riceviamo continuamente offese, anche se a queste persone abbiamo salvato la vita. Non comprenderanno mai il problema, nemmeno di fronte alla evidenza dei fatti».
Si legge rammarico, ma anche sdegno, nelle parole della dottoressa Francesca Bertamini, anestesista rianimatrice nell’azienda ospedaliera dell’Università di Padova. A quasi un anno dall’avvio della campagna vaccinale contro il coronavirus, le terapie intensive stanno tornando a riempirsi in Veneto. Ad ammalarsi gravemente, però, sono quasi esclusivamente persone non immunizzate, che rifiutano le cure e, neanche tanto raramente, se la prendono con i medici che cercano di farli guarire.
Insulti e accuse alla guarigione
Da sempre in prima linea per sconfiggere il virus, già un mese fa la dottoressa aveva criticato i medici che, scegliendo di non immunizzarsi, avevano lasciato gravare tutto il lavoro sulle spalle dei colleghi, costretti «a fare tutti i festivi del mese, a sognare vacanze che non faremo a Natale», aveva scritto su Facebook. La situazione che si trova ad affrontare ora Bertamini «ha del paradossale». È stata presa di mira dal padre di un no vax, persona che l’anestesista era riuscita a salvare.
«Di ritorno da una lunga guardia in rianimazione Covid, stanca come tutti i volti dei professionisti che ho incontrato oggi, con i segni delle mascherine Fp3 sul volto e lo sguardo disidratato dalle tute bianche, ho telefonato ad un padre per informarlo delle condizioni di suo figlio, no vax. Sono stata aggredita perché “la loro è una libertà di scelta personale, non si sa nemmeno cosa c’è nel vaccino”— riporta la dottoressa — Forse non si rende conto che suo figlio è quasi morto ed è stato salvato dalla professionalità di “punturati” e da migliaia di euro di dieci e decine farmaci di cui certamente non conoscerà la composizione».
Offese e accuse pesantissime arrivano da persone che nemmeno in fin di vita riconoscono la gravità del virus. Un rifiuto della realtà che poi si ripercuote sui sanitari. «Un altro paziente, appena svegliato dal coma, estubato con gran difficoltà dopo giorni di sedazione per permetterne la ventilazione, ci accusava (con il filo di voce che gli rimaneva) di averlo sequestrato, dicendo che lui era libero di andarsene — racconta la dottoressa di Padova in un post su Facebook — Sorrido ad immaginarmi la scena mentre arranca in corridoio in cerca di sua libertà, distrutto dal coronavirus, privo di forze, privo di ossigeno mentre inneggia alla libertà».
Situazione aggravata da cure fai-da-te
«Se l’anno scorso, quando per il Covid non c’era ancora un vaccino, ricevevamo tanti ringraziamenti da parte di chi riusciva a sopravvivere, adesso ci capitano scene incredibili. Noi diamo il 100 per cento della nostra forza e professionalità, e i no vax, quando si svegliano, non hanno neanche una parola di gratitudine. Anzi, se riescono a parlare ce ne dicono di tutti i colori.
Ci danno la colpa per essere finiti in rianimazione, alcuni si rifiutano di essere intubati, anche se è l’unico modo per sopravvivere. Anche i parenti, che non possono vedere in che condizioni sono i pazienti, continuano a insistere sul non vaccinarsi. Dicono che non sanno cosa c’è dentro il vaccino», spiega l’anestesista.
Come se non bastasse, sul sistema sanitario gravano anche gli effetti delle «cure» fai da te. «Alcuni no vax si curano con quello che trovano scritto su internet, e poi arrivano in ospedale, oltre che infettati dal Covid, con altri problemi.
Un paziente aveva letto che la vitamina D poteva salvargli la vita. Ne ha ingoiata talmente tanta che si è intossicato di calcio ed è andato in insufficienza renale. È stato salvato dall’équipe di nefrologia», riporta Bertamini … leggi tutto