Emerge il video di una violenza avvenuta la notte di Capodanno, nel quale si vede l’espressione più stomachevole del machismo in azione.
Abbiamo una ragazza (in realtà poi si scopre che sono molte di più) accerchiata da un branco di uomini e ragazzini che la strattonano, la denudano e la molestano. Il tutto in una piazza affollata, quella del Duomo a Milano, nella complice indifferenza generale.
Il video gira e indigna tutti per quello che è: il riflesso di una mentalità violenta, che vede nella forza e nell’umiliazione il filo che tesse i rapporti tra uomo e donna, la quale, qui, diventa oggetto di libero uso e possesso del branco. Nel giro di pochi giorni abbiamo degli indagati.
Sono stati fermati una decina di ragazzi e tra questi spiccano due figure, Abdallah Bouguedra e Abdelrahman Ahmed Mahmoud Ibrahim. Per nome e origine, in pochi giorni diventano l’emblema di un degrado culturale, poco importa che i 12 indagati, tra italiani e stranieri, provengano da tre gruppi diversi.
All’improvviso quel problema di machismo, sessismo e patriarcato di cui si è parlato nei giorni precedenti sparisce come d’incanto, o meglio non è più un nostro problema. Il viceministro delle Infrastrutture e delle Mobilità Sostenibili, Alessandro Morelli (Lega), sui suoi social scrive: “Fanno arrivare qui decine di migliaia di persone senza alcun controllo né preoccupazioni su come possano integrarsi, poi però se succede qualcosa è colpa della ‘nostra società’ e del ‘patriarcato’. Ma per favore!”
La minaccia sessista che l’altro, uno straniero, incarna, è sufficiente quindi per spiegare la violenza di gruppo avvenuta in quella piazza. Sarebbe a causa della loro cultura intrinsecamente sessista, associata alla loro origine (che siano cresciuti o meno in Italia), e a causa della loro mancanza di volontà di integrazione, che gli aggressori dimostrerebbero un sessismo specifico; un sessismo straordinario, che in nulla assomiglierebbe alla violenza o al sessismo mostrato dagli uomini italiani.
Basta una semplice analisi dei sociotipi messi in prima linea nei discorsi politici e mediatici nel nostro paese per rendersi conto dell’impressionante processo di razzializzazione del sessismo nella sfera pubblica. Le origini precedono i nomi, così le identità di vittime, colpevoli e complici, svuotati di ogni connotazione soggettiva, viaggiano sull’onda di una pluralità collettiva che diventa il luogo di scontro di fazioni politiche.
Le donne in tutto questo fanno da accessorio, strumenti nelle mani di chi utilizza l’escamotage del barbaro straniero per posizionarsi come figura salvifica – sia di donne straniere oppresse, che di donne bianche potenziali vittime di questa oppressione – mentre costruisce intorno a sé il muro di deresponsabilizzazione entro il quale confinare i vari “gigante buono”, i “vulcanici imprenditori”, i “raptus” e l’esasperazione dell’uomo bianco.
Questo processo di iper-individualizzazione della violenza di genere, svuotata della sua natura strutturale, per proteggersi da qualunque critica, elude che la società italiana, nel suo complesso (le sue istituzioni, i suoi cittadini), è strutturata in rapporti sociali di genere diseguali.
Dimentica la socializzazione differenziale dei sessi a scuola, guarda la donna africana incatenata, dimentica i “vestita così un po’ se l’è cercata”, guarda il velo, dimentica la violenza domestica, guarda i matrimoni forzati, dimentica Agitu Gudeta, guarda Saman Abbas, dimentica i Family Day, guarda l’Islam. L’ipervisibilità del sessismo degli uomini non bianchi è la culla dell’invisibilizzazione del sessismo dell’italiano prototipo.
Percepita come un valore intrinseco al modello occidentale dominante, e non come un progetto che anche l’Occidente deve ancora costruire e portare a punto, l’uguaglianza di genere diventa lo strumento di una doppia discriminazione.
Non solo verso le persone di origine straniera (estraneità effettiva o presunta che sia), ma verso tutte le donne. Attribuendo più sessismo ai gruppi razzializzati e accusando l’altro di un sessismo più forte e serio, si rafforza tanto il razzismo quanto il sessismo ordinario, eclissato da questa continua negazione dei membri del noi come partecipanti attivi a questi meccanismi.
È il mito dell’uguaglianza già acquisita … leggi tutto