Il dramma della disoccupazione a Gaza (euronews.com)

Anni di stagnazione economica all’interno 
della Cisgiordania hanno portato alle stelle 
la disoccupazione e nella Striscia di Gaza la 
situazione è ancora peggio.

Il crollo dell’economia palestinese risale a quando Hamas ha conquistato il potere a Gaza e Israele ha imposto un assedio implacabile proibendo le trasferte a circa 120.000 lavoratori dopo lo scoppio dell’Intifada del 2000. Adesso si riapre la possibilità di fare domanda per lavorare in Israele e fioccano le domande che in pochissimo tempo potrebbero arrivare ad essere anche 100 mila.

Il trattamento salariale

Nella striscia si guadagna 10 vole meno di quello che si ottiene in Israele. I salari dei prestatori d’opera pendolari nelle zone attorno a Gaza si aggirano su un massimo di 100 euro al mese mentre nella Striscia sono dieci volte inferiori. “Ho cercato di lavorare in Israele ma è vietato e non posso andare da nessun’altra parte, quindi sono costretto a lavorare qui a Gaza ed accettare qualsiasi salario, anche se è poco è meglio di niente…”: ci spiega un operaio palestinese del settore tessile.

Gli fa eco un piccolo capomastro: “Le condizioni economiche determinano i livelli salariali. Se qui cuciamo in intero vestito riceviamo 8 shekel ma se lo cuciamo in Cisgiordania, la paga è di 20 shekel e in Israele è molto di più”. Il salario di un lavoratore all’interno di Israele varia da 300 a 400 shekel cioè dai 70 al 110 euro al mese, mentre il suo salario a Gaza non supera i 30 shekel quindi un decimo di quello che si guadagna in Israele.

La metà della forza lavoro palestinese è disoccupata

Le statistiche della Federazione dei sindacati palestinesi a Gaza stimano 250 mila disoccupati, con un tasso di disoccupazione attorno al 55% dell’insieme della forza lavoro.

Alcuni manager palestinesi dicono che gli israeliani manipolano i salari dei lavoratori ed eludono i loro diritti in caso di infortunio o di morte; anche i diritti relativi all’assicurazione e ai trattamenti di fine rapporto sarebbero molto vaghi.

Prima del 2000, il numero di fabbriche operanti a Gaza nel settore dell’abbigliamento e in generale del tessile era stimato a 900 realtà che impiegavano più di 36.000 operai ed esportavano i loro prodotti nel mercato israeliano e in Cisgiordania attraverso appalti privati, prima che questo settore fosse paralizzato a seguito dell’assedio e degli eventi del 2007 e della chiusura dei valichi di frontiera.

Un timido risveglio imprenditoriale

Molte aziende israeliane, in particolare le aziende manifatturiere di abbigliamento, che da sempre dipendono dai lavoratori di Gaza, hanno ricominciato a reclutare i lavoratori di Gaza e iniziando a produrre abiti israeliani all’interno delle fabbriche palestinesi all’interno della Striscia.

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