Da FT all’Economist
Tutti esaltano i successi di Draghi ma tutti vedono anche il bivio in cui si trova il paese
Un «eccezionale periodo di stabilità» potrebbe andare in fumo se Mario Draghi diventasse presidente della Repubblica ma se non lo diventasse l’attuale premier ne uscirebbe indebolito. È questo il dilemma di cui in questi giorni ha parlato la stampa estera. Ha iniziato il 20 gennaio il Financial Times con un editoriale in cui ha ricordato i successi di Draghi al governo, dalla vaccinazione di massa all’economia: «Gli italiani hanno visto che il cambiamento è possibile» anche se è ingenuo pensare che l’ex presidente della Bce possa fare miracoli.
Financial Times: sì Draghi al Colle oltre il dilemma
Questa forte premiership però finisce quando si parla di Draghi come successore di Sergio Mattarella, eventualità che ha creato «turbolenza» perché il governo cadrebbe quasi certamente. Draghi ha tutte le carte in regola per la carica ma è pur vero che il secondo anno di governo sarebbe ancora più impegnativo del primo e il motivo è presto detto: ci sono i miliardi Ue da gestire e difficilmente qualcuno lo potrebbe fare meglio di Draghi.
Il peggiore scenario – continua FT – sarebbe immediate elezioni che allontanerebbero l’Italia da riforme e recovery plan, in questo caso solo un Draghi al Quirinale potrebbe tenere la barra dritta. FT torna sulla politica italiani quattro giorni dopo con una lunga analisi in cui si parla della preoccupazione di Bruxelles e dei mercati finanziari per le riforme a rischio se questa elezione del presidente della Repubblica destabilizzasse il quadro politico, e mettesse a rischio i successi di questo anno di Draghi al governo.
Un Draghi presidente della Repubblica potrebbe distruggere il governo di unità nazionale. «Ironicamente Draghi è diventato un elemento di instabilità», riporta ancora FT tra le tante opinioni raccolte.
The Economist: un danno Draghi al Colle
Economist va contro il tentativo di Draghi di diventare presidente della Repubblica: non andrebbe bene né per l’Italia né per l’Europa. Il suo desiderio appena mascherato di lasciare Palazzo Chigi per il Quirinale «lo mette a rischio. Se verrà eletto, sarà difficile trovare un successore in grado di tenere insieme l’attuale coalizione ideologicamente eterogenea.
Se non lo sarà, la sua posizione» sarà più debole. Si sottolinea che «interromperà un governo che funziona bene». Ricordando che il premier «ha presieduto quasi 12 mesi di insolita calma e unità nella politica italiana», l’articolo spiega che tra i timori ora c’è quello che l’elezione di Draghi al Colle possa portare al voto anticipato.
Un’ipotesi che l’Economist giudica improbabile ricordando il rischio dei deputati di perdere i diritti alla pensione. «Uno scenario più probabile – si legge nell’articolo – è che si formi un governo che succederà a quello di Draghi e che tenterà di zoppicare oltre la scadenza prima di crollare a un certo punto non troppo lontano dalla fine naturale della legislatura, nel marzo 2023».
Il pericolo però, secondo l’Economist, è che un governo post-Draghi «possa fare ben poco. Supponendo che si possa trovare un sostituto, è improbabile che lui o lei godano di qualcosa di simile al sostegno di cui Draghi attualmente gode, anche perché i partiti politici che attualmente lo sostengono vorranno iniziare a posizionarsi per le prossime elezioni», andando ciascuno nella sua direzione … leggi tutto