Un anno di aborti nascosti in Polonia (linkiesta.it)

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Diritti negati

Il 27 gennaio del 2021 entrava in vigore la sentenza del Tribunale costituzionale che vieta l’interruzione di gravidanza in caso di malformazione del feto. Da allora, sempre più donne usano pillole abortive o si recano all’estero, e gli stessi medici temono di perdere il diritto a esercitare la professione o di finire in carcere se non seguono le nuove norme

«Ho appena preso la pastiglia, sto tremando». «Temevo di finire in prigione o che il feto sarebbe sopravvissuto». «Dovresti essere un robot per farlo senza paura: un aborto spontaneo dopo 22 settimane è quasi come partorire».

Una donna consiglia una clinica in Cechia, un’altra una cura di pillole «fino a che non si rompono le acque», un’altra ancora suggerisce di portare con sé cioccolata e barrette per riprendersi al risveglio.

C’è chi, incerta e spaventata, chiede comprensione; chi rincuora condividendo la propria esperienza e raccontando come ce l’ha fatta. Sono le storie che si leggono sul forum dell’organizzazione Kobiety w Sieci (Donne online), che dal 2006 permette alle donne polacche di chiedere informazioni e discutere di aborto e diritti riproduttivi in forma anonima.

Un divieto quasi totale

In Polonia è in vigore da un anno esatto una sentenza del Tribunale costituzionale che vieta il diritto all’aborto in caso di malformazione del feto, giudicato incompatibile con la costituzione. Con questa motivazione veniva effettuata la quasi totalità delle interruzioni di gravidanza nel Paese: il 98%, secondo i dati del 2020.

Il giudizio della Corte è arrivato a fine ottobre 2020, accolto da oceaniche proteste di piazza, tanto che il Primo ministro Mateusz Morawiecki, in teoria chiamato a pubblicare in automatico le sentenze del Tribunale costituzionale, ha atteso tre mesi per renderla operativa.

Si tratta, in sostanza, di una stretta ulteriore per una legislazione già molto rigorosa: ora consente l’interruzione di gravidanza solo in caso di violenza sessuale, incesto o rischio di morte per la gestante.

Nel caso di Izabela, 30enne incinta di 22 settimane, il rischio è stato identificato troppo tardi: la donna è morta di choc settico in un ospedale nel Sud del Paese lo scorso settembre, con il bimbo in grembo privo di liquido amniotico e una diagnosi di anomalia fetale. Altri due casi simili sono stati denunciati nell’ultimo anno.

«Sono le prime vittime della legge», dicono le associazioni per i diritti delle donne. Da molto complicato, interrompere una gravidanza in Polonia è diventato pressoché impossibile, almeno nel circuito ufficiale. I medici sono spaventati perché rischiano di perdere il diritto a esercitare la professione e fino a tre anni di carcere in caso di aborto non conforme alla legislazione.

Ma mentre le interruzioni «registrate» sono drasticamente calate dall’adozione della sentenza (cento in meno solo nel mese di febbraio 2021), le polacche continuano ad abortire.

«Spesso le donne incinte sono costrette a lasciare il proprio Paese come delle criminali e a spendere molti soldi per ottenere cure mediche», spiega a Linkiesta Mara Clarke di Abortions Without Borders (Awb).

Solo la sua associazione, formata da sei organizzazioni tra Ong e collettivi spontanei, ha fornito supporto a 32.888 persone, da una ragazza di 13 anni a una 48enne, garantendo loro l’accesso a interruzioni di gravidanza sicure.

Le richieste di aiuto sono aumentate considerevolmente: erano meno di 6mila l’anno prima della sentenza. Secondo una stima di Awb, in Polonia abortiscono ogni anno tra le 150mila e le 200mila donne … leggi tutto

(AP/Lapresse)

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