Il maggio francese visto dalla polizia
Non so perché nelle varie storie dei movimenti studenteschi non ci si pone mai il problema delle immagini realizzate e detenute dagli stati, o più esattamente dai ministeri degli interni. Chi ha partecipato ai movimenti degli anni sessanta-settanta era perfettamente consapevole di essere fotografato e ripreso. Con i dovuti accorgimenti anche i più feroci regimi dell’Est europeo hanno reso accessibili (in parte) i loro vasti archivi.
La democrazia più fragile del mondo occidentale, l’Italia, non lo ha fatto, se non a volte, per caso e involontariamente. Si pensi agli archivi dei servizi riguardanti i cosiddetti misteri della strage di piazza Fontana e dell’omicidio di Pinelli. Ampi settori delle forze armate e la quasi totalità dei cosiddetti servizi erano rimasugli del passato nazi-fascista, più attratti dai colonnelli greci che dalle convergenze parallele. Lo stato non era la controparte dei movimenti, era il loro nemico.
Uno strano libro fotografico, proposto da NERO, ci impone alcune riflessioni meno datate. Taxonomy of the Barricade raccoglie le fotografie fatte per conto della polizia francese, durante gli scontri del maggio francese, il cuore del mitico ’68. Dentro ci sono immagini sorprendenti, anche fotograficamente apprezzabili. Cosa dovevano fotografare i poliziotti? Di quale tecnologia disponevano?
Senza rifare la storia del maggio francese ricordiamo che si trattò di un fenomeno di massa e le foto ce lo dicono chiaramente: vediamo decine di migliaia di manifestanti. Gli scontri si irradiano dalla Sorbonne all’intero centro della città. Ai contenuti libertari del movimento (in cui confluiscono varie organizzazioni rivoluzionarie in via di rapida formazione) si aggiungono (ma forse senza sommarsi veramente) movimenti sociali ben più complessi: nello stesso mese di maggio si svolge e si trascina per giorni il più grande sciopero generale dal dopoguerra.
Anche gli operai vengono fotografati dalla polizia: un’interessante sezione del libro mostra diversi picchetti davanti alle principali fabbriche della città. I fotografi sono ovunque, da una parte e dall’altra. Quelli della polizia dominano i tetti e varie finestre, ma non sono pochi quelli che si mescolano alla folla e scattano ovunque.
Nel movimento si forma una classe dirigente, che continuerà in varie forme a fare politica: da Daniel Cohn-Bendit a Bernard-Henri Lévy. Analizzare le varie componenti del movimento giovanile (per non parlare del resto) comporterebbe la stesura preliminare di un elenco quasi infinito: anarchici, situazionisti, trotzkisti, maoisti, anche qualche nostalgico stalinista duro e puro. Un movimento è tutto e il contrario di tutto. Come gli altri movimenti che seguiranno il maggio francese non ha contenuti dominanti insurrezionalisti. Quasi nessuno dei partecipanti aveva un progetto ideale-sociale in testa.
Era ribellione pura, una frattura storica che attraversava la società, una voglia di sbaraccare il vecchio ciarpame del passato. Oggi non possiamo trascurare un dato di fatto: il movimento, la ribellione, segue al grande e prolungato boom economico del dopoguerra e alla scolarizzazione di massa. L’ottimismo si trasforma in rivolta, i beneficiari del boom erigono barricate.
Si può senz’altro affermare che il ’68 francese è conseguenza diretta del grande boom economico … leggi tutto