La solitudine del Medio Oriente (ilsole24ore.com)

di Marwan Muasher

AMMAN

L’anno 2021 è stato segnato da importanti eventi in Medio Oriente e in Nord Africa, i cui effetti si faranno sentire a lungo in futuro. Il ritiro degli Stati Uniti dall’Afghanistan è stato solo l’ultimo segnale che la regione non solo sta cambiando rapidamente, ma sta anche finendo in fondo alla lista delle priorità della comunità internazionale.

La regione sembra già molto diversa da quella che il mondo ha conosciuto negli ultimi decenni, a causa dei recenti avvenimenti relativi al conflitto arabo-israeliano (in particolare la firma degli accordi di Abramo), all’implosione del Libano e alla crisi in Tunisia, per citarne alcuni. Ciò che si dice sulla regione, e quanto accade al suo interno, non è più sostenibile.

La disastrosa invasione e occupazione dell’Iraq da parte degli Stati Uniti nel 2003 aveva da tempo lasciato il pubblico americano diffidente nei confronti degli interventi militari e della costruzione della nazione, e il ritiro dall’Afghanistan è stata la manifestazione finale di questo disincanto. Gli elettori americani e le successive amministrazioni statunitensi sono giunti alla conclusione che il loro paese non sia particolarmente abile nel promuovere la democrazia o nel costruire istituzioni al di fuori dei propri confini.

E poiché il boom dello shale americano ha effettivamente eliminato la sua dipendenza dal petrolio del Medio Oriente, gli Stati Uniti hanno mostrato un calo di interesse nei confronti dei paesi che sembrano riluttanti o incapaci di stabilire sistemi politici ed economici più produttivi e inclusivi.

E c’è frustrazione anche in vaste aree del mondo arabo. Tra i goffi interventi dell’America in Iraq, Libia e Siria, e il suo continuo sostegno incondizionato a Israele nonostante la lunga occupazione del territorio palestinese da parte dello stesso, gli arabi sono sempre più disillusi di fronte alla politica statunitense. Il risultato è che gli Stati Uniti e il mondo arabo non sono mai stati più distanti.

Le rivolte arabe di un decennio fa hanno tentato di inaugurare riforme politiche ed economiche sostenute. Ma quell’agenda ha faticato a decollare ed è ora sottoposta a una forte pressione nell’unico paese in cui si è realizzata. Fino a poco tempo fa, la Tunisia si ergeva a modello di diversità politica, passaggi di potere pacifici e parità di genere.

Eppure, ora è soggetto agli impulsi dittatoriali di un presidente eletto che gode di un ampio sostegno popolare. Allo stesso modo, il Libano, a lungo testimone di diversità culturale nella regione, versa ora in uno stato di quasi collasso, perché le sue élite politiche corrotte si rifiutano di anteporre gli interessi del paese ai propri.

Nel caso della Tunisia, resta da vedere se la recente instabilità sia un’anomalia da poter correggere, o invece preannunci il ritorno dello status quo pre-2011. E molti arabi si chiedono se il crollo politico ed economico del Libano segnerà anche la fine del suo impegno per la diversità culturale, o se il popolo libanese riuscirà ancora una volta a preservare un modello che ha esportato molto talento e speranza nel resto della regione … leggi tutto

(Iva Rajović)

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