La civiltà è inconcepibile senza strumenti di misura:
una conversazione con il fisico Piero Martin, autore di Le sette misure del mondo.
Difficilmente alla NASA potranno mai dimenticare l’epic fail del 23 settembre 1999. La sonda Mars Climate Orbiter si accingeva a entrare nell’orbita di Marte per studiarne il clima, ma anziché posizionarsi come da programma tra i 140 e i 150 chilometri dalla superficie del pianeta rosso, scese incomprensibilmente a un’altezza di soli 57 chilometri – troppo in basso per resistere all’attrito dell’atmosfera. In pochi minuti il contatto radio con la Terra fu perso e mai più ristabilito: errore di progettazione o imprevedibile sventura?
Nei giorni successivi al distacco del segnale, un’indagine interna alla NASA rilevò che il software di navigazione della sonda e quello della centrale di comando a terra, usati per calcolare impulso e posizione della navicella, erano impostati su unità di misura della forza differenti: l’uno sulla libbra forza del Sistema consuetudinario statunitense, l’altro sul newton del Sistema Internazionale. La mancata conversione tra le unità dei due sistemi di riferimento determinò la perdita del satellite e il fallimento della missione. Con oltre 125 milioni di dollari andati in fumo, fu indubbiamente l’errore di misurazione più costoso della storia.
Piero Martin, professore di Fisica sperimentale all’Università di Padova, considera quello del Mars Climate Orbiter un caso studio paradigmatico dell’importanza e della pervasività della misurazione nella società moderna, perché ci ricorda quanto per l’umanità sia indispensabile poter fare affidamento su unità di misura precise, stabili e universalmente valide.
Nel suo nuovo Le sette misure del mondo (Laterza, 2021), Martin scrive che “misurare è un gesto quotidiano e permea ogni aspetto delle nostre vite anche se tipicamente lo diamo per scontato, salvo renderci conto di quanto sia cruciale quando gli strumenti di misura non funzionano o non sono disponibili”.
Salta una misurazione ed evaporano investimenti milionari, crollano ambiziosi progetti di ricerca, il riscaldamento di casa si blocca e i semafori vanno in tilt. Oggi non ci facciamo nemmeno più caso, ma misuriamo di tutto, costantemente, sempre di più: venissero meno i nostri capillari sistemi di misurazione regnerebbero l’incertezza e l’anomia. “Società, scienza e tecnologie moderne semplicemente non potrebbero esistere senza misurazione”, commenta Martin.
“La civiltà del XXI secolo è inconcepibile senza strumenti di misura”. Registrare misure dopo misure ci serve a organizzare la vita comune, a pianificare e ad amministrare le attività economiche, a comprendere quel che ci succede attorno e ad anticipare quel che potrebbe accadere. Misurare è sfuggire al caos e, per quanto possibile, all’ignoranza.
Eppure, come insegna il caso limite del Mars Climate Orbiter, accordarsi sulle unità di misura non è mai stata un’operazione priva di asperità e complessità, tutt’altro.
Racconta Martin che per millenni abbiamo commerciato stoffe che in un villaggio si misuravano in un modo e in quello successivo in un altro, impiegato braccia, gambe, dita e piedi come strumenti di misurazione rudimentali e variabili, ma comodi e comprensibili per tutti. Fino in epoca moderna le unità di misura sono rimaste un affare per lo più locale, ogni comunità aveva le proprie e non era raro trovarne i campioni esposti direttamente nei luoghi pubblici.
Grandi civiltà come quella egizia, cinese e romana cercarono di uniformare e centralizzare il sistema di pesi e misure, ma ogni volta che quegli imperi venivano rovesciati l’uniformità metrica conquistata a fatica si sfaldava e le unità di misura locali tornavano presto a proliferare.
Alla vigilia della rivoluzione francese, esemplifica Martin, si stima che nella sola Francia fossero in uso circa 250.000 unità di misura diverse. Lo sviluppo di sistemi di misurazione via via più stabili, condivisi e precisi è perciò anche la storia di una continua lotta contro le forze dell’arbitrarietà.
Negli ultimi secoli, lo sforzo incessante di associare le grandezze fisiche dei fenomeni a unità di misura accurate e riconosciute ovunque ha attraversato tre momenti di svolta: l’introduzione del metodo sperimentale con la rivoluzione galileiana, l’adozione del sistema metrico decimale a seguito della rivoluzione francese e da ultimo la definizione del Sistema Internazionale delle unità di misura alla Conferenza Generale dei Pesi e delle Misure del 1960. “Proprio negli anni della guerra fredda”, fa notare al riguardo Martin, “quando più rigidi diventano i confini tra le nazioni, i confini della misura vengono abbattuti” con unità finalmente universali e basate non più su manufatti umani arbitrari, ma su fenomeni naturali.
Le copie dei nuovi campioni furono depositate in ogni archivio nazionale, e tuttavia si trattava di unità convenzionali già in rapida obsolescenza e da riformare, dacché la fisica del Novecento spingeva verso l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande, e anche le più impercettibili imprecisioni avrebbero condotto a spettacolari errori di misurazione … leggi tutto