Il ministero della Transizione ecologica ha pubblicato la mappa Pitesai
sui principali punti del territorio nazionale in cui sarà possibile avviare attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi
Dopo anni di polemiche e passi indietro, il governo italiano è in grado di tracciare su carta uno dei tesori più importanti del sottosuolo. La mappa pubblicata dal ministero della Transizione ecologica si chiama Pitesai e in più di 200 pagine individua i punti del territorio nazionale in cui sarà possibile avviare la ricerca e la coltivazione di idrocarburi.
Giacimenti di gas sono stati mappati nell’ambito del Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee, contenuto nel decreto firmato dal ministro Roberto Cingolani poche ore fa, sospendendo di fatto la moratoria del 2019. Un progetto nato sotto il governo Conte I e che allora partì con l’obiettivo di inserire solo vincoli alla ricerca di idrocarburi. Il passo ulteriore spiegato da Cingolani riguarda invece la messa a punto di regole generali molto più rigide, criteri per la difesa dell’ambiente e per la protezione di aree naturali dove non sarà possibile fare attività di ricerca.
Nessun nuovo via libera alle trivelle insomma, con l’esclusione delle aree totalmente improduttive e la riduzione dei territori interessati proprio alle trivellazioni. Tra i vincoli principali anche il via libera a ricercare solo giacimenti di gas e non di petrolio, su terraferma e in mare.
La strategia per la crisi energetica
Un piano che arriva da lontano ma che ad oggi deve fare i conti con lo scoppio di una crisi energetica mondiale. Da qui l’idea del governo di raddoppiare l’estrazione dai giacimenti nazionali passando da 3 a 6 miliardi di metri cubi all’anno.
La possibilità invece di modificare il Piano appena approvato sembra essere esclusa dal ministero della Transizione ecologica. L’ipotesi più realistica attualmente presa in considerazione per raddoppiare l’estrazione di metano è quella di aumentare la produzione dei giacimenti già attivi.
Nel bel mezzo di una grossa crisi il decreto potrebbe avere l’effetto di accelerare le trivellazioni e intensificare le estrazioni. A prendere in considerazione il difficile momento è lo stesso ministero che nel provvedimento sottolinea come nel 2020 la produzione di gas naturale sia calata dell’11,36% rispetto all’anno precedente mentre c’è stata un incremento della produzione di olio greggio del 26,13%.
Quali saranno le aree poste a trivellazione?
Secondo il piano Pitesai saranno innanzitutto prese in considerazione solo le richieste arrivate dopo il 2010. Quelle precedenti sono ritenute non più compatibili con le regole dell’impatto ambientale.
Per quanto riguarda la terra ferma l’area coinvolta dal Piano sarà pari al 42,5% del territorio nazionale. Quindici in tutto le regioni d’Italia interessate: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana e Veneto.
Potrebbero poi sbloccarsi una cinquantina di permessi di ricerca per quasi 12mila chilometri quadrati di territorio in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Lombardia, Molise e Puglia. Altri permessi di ricerca per 14mila chilometri quadrati potrebbero coinvolgere Piemonte, Sicilia, Veneto e Marche. Per l’area marina invece si parla di una percentuale dell’11,5% delle zone aperte, e cioè quelle dove è concessa la ricerca e la coltivazione di idrocarburi.
Si tratterà delle zone del Canale di Sicilia, le coste dell’Adriatico fra le Marche e l’Abruzzo, le coste di fronte alla Puglia, il golfo di Taranto e le coste di Venezia … leggi tutto