Con gli aggrediti, contro gli aggressori
Cronaca (e video) di una serata di analisi e di dibattito organizzata da Linkiesta e Repubblica al Teatro Parenti di Milano. Per dire chiaramente con chi stiamo e perché
Una serata a Milano “Per l’Ucraina, Per l’Europa”. Linkiesta e La Repubblica hanno dato appuntamento al Teatro Franco Parenti di Andrée Ruth Shammah per parlare dell’aggressione del Cremlino nei confronti dell’Ucraina e delle conseguenze dell’invasione di Putin per l’Italia, per l’Europa e per il mondo libero. Rivedi con noi la diretta e rileggi le parole dei protagonisti.
21.55 Nathan Sharansky: «Putin crede che tutti siano pedoni della sua scacchiera».
Putin crede di essere il leader più forte del mondo. Quegli anni in cui cercava il riconoscimento da Bush o Merkel sono ormai passati. Lui crede che tutti siano pedoni della sua scacchiera. Si sostituiscono l’un l’altro, mentre lui rimane permanentemente leader. È stato capo della Russia per 20 anni e lo sarà per altri 20 anni. Sa anche di essere il leader più forte del mondo perché è l’unico pronto a minacciare l’uso delle armi nucleari, che sono il suo principale punto di forza.
Qual è il suo scopo? Seguire la tradizione di Pietro il Grande, Caterina la Grande e Stalin di restaurare l’impero russo. Tutte quelle terre che facevano parte dell’impero russo, secondo Putin, fanno parte legittimamente della Russia. Per questo ha fatto la guerra in Georgia, in Cecenia, in Bielorussia. Ha annesso la Crimea e ora vuole trasformare l’Ucraina in una parte del suo impero.
Ci prova perché crede che il mondo libero sia debole. L’unica arma di cui dispone è la paura paralizzante dell mondo libero. Ecco perché l’unica vera risposta è mettere in chiaro che il mondo libero non è spaventato.
Il popolo ucraino sta mostrando incredibile coraggio e devozione alla lotta. Il mondo libero ha dimostrato una discreta solidarietà nell’organizzare le sanzioni, deve mostrare anche la sua dimostrazione nel combattere.
21.50 Francesco Cundari
Questa crisi ha evidenziato un problema della cultura italiana. Quando sento citare Kant per giustificare le atrocità che stiamo vedendo in questi giorni provo un forte disagio. Quando sento citare Hans Magnus Enzensberger per giustificare il concetto che gli ucraini avrebbero “il dovere della resa”, quando sento fior di filosofi sostenere che la responsabilità di quello che sta accadendo è degli ucraini perché insistono a difendersi, provo disagio.
21.40 Gianni Vernetti
Il confronto è a tutto campo fra democrazia e autocrazia. Abbiamo qualche responsabilità: anni di politica estera fondati sull’appeasement, sulla consapevolezza che fosse sufficiente globalizzare l’economia per inglobare le autocrazie, le satrapie come Russia e Cina in un sistema condiviso. Abbiamo visto che questi paesi hanno invece esportato con efficacia il loro modello autoritario, rendendolo attrattivo per molti paesi in via di sviluppo, specialmente in Africa.
Non è più il tempo dell’appeasement dobbiamo costruire una politica estera che non si basi solo sulla globalizzazione del commercio, ma anche sulla globalizzazione dei diritti.
21.35 Marco Bentivogli
Nella manifestazione in cui la società civile e i corpi sociali organizzati si sono riuniti lo scorso sabato ci si aspettava che l’unica equidistanza possibile fosse “né con Putin, né con Lukashenka”. In realtà la confusione è regnata sovrana. Molti hanno detto che questa cosa vista in piazza ricorda gli anni ’70. Ma non è vero, il sindacato confederale ha sempre protetto la piazza dagli estremismi, ha sempre tenuto al riparo il lavoro organizzato dagli estremisti che ancora oggi non hanno ancora smaltito i fondi di bottiglia dell’estremismo ideologico.
Questa è una responsabilità molto grave da parte di una parte pregiata dell’associazionismo storico italiano che ricorre a una nostalgia di un passato che esso stesso non ricorda. I metalmeccanici, la FLM marciavano a sostegno del Vietnam invaso e non dicevano: “Disarmatevi, arrendetevi all’invasione americana”. Non l’ha mai detto nessuno nei confronti dei curdi.
C’è bisogno di idee chiare in un Paese come il nostro che nel 2018 ha votato per una maggioranza politica (Lega e M5S, ndr) vicina a Xi Jinping e a Putin. Abbiamo davanti a noi un anno di tempo e non possiamo permetterci di sacrificare la nostra libertà, un bisogno insopprimibile che non potrà essere calpestato da alcun dittatore.
Ho vissuto con dolore un pezzo del sindacato che ha scomodato il termine “libertà” per battersi contro il green pass e oggi se ne dimentica quando la libertà del popolo ucraino è calpestata.
21.30 Gianni Riotta cita Winston Churchill e John Fitzgerald Kennedy
Non pensate che questa guerra sia la fine. È solo l’inizio della resa dei conti. È solo il primo sorso, il primo assaggio di una bevanda amarissima che ci sarà offerta, anno dopo anno, finché capiremo che tornare a un impegno militante, morale, in difesa della libertà. Se un despota vi chiede danaro puntandovi addosso una pistola, non appena lo consegnate ve ne chiederà ancora, poi, dopo un negoziato diplomatico, si accontenterà di quel che ottiene, solo per tornare a ricattarvi in futuro.
Dobbiamo capire in questo momento quali sono anche le debolezze delle democrazie, perché quando si arriva alla scelta tra pace e guerra, l’istinto naturale dell’umanità è per la pace e quindi frena i leader democratici che devono sentire i loro cittadini. Mentre gli autocrati non hanno svantaggi perché i dissidenti non possono parlare.
I despoti sanno che i loro messaggi arrivano anche nei dibattiti delle democrazie occidentali. E per questo inviano messaggi melliflui, divisivi, torbidi. Per noi la guerra è un disvalore, per le autocrazie un valore.
Le democrazie vivono di prosperità e tranquillità ma devono imparare a vivere anche di emergenze e di difficoltà.
Mi piacerebbe aver scritto io queste parole, ma in realtà le ha scritte Winston Churchill nel libro “Mentre l’Inghilterra dormiva”. E a queste parole ho aggiunto alcune frasi della tesi di laurea di John Fitzgerald Kennedy “Perché l’Inghilterra dormì”.
Misurerò il valore del nostro lavoro contro la disinformazione dagli insulti che prenderemo, se ne prenderemo tanti vuol dire che stiamo funzionando bene. Slava Ukraini!
21.20 Yarina Grusha: «Una intera generazione di scrittori, artisti, fotografi e registi rischia di essere eliminata per sempre».
Gli artisti ucraini si trovano sul fronte a combattere. Hanno portato i loro cari in salvo e sono tornati dove c’era bisogno di lavoro. Come lo scrittore Artem Čekh o la regista ucraina Iryna Tsilyk (vincitrice del premio per la miglior regia al Sundance Festival con il documentario “The Earth Is Blue as an Orange”). Serhij Żadan, simbolo della cultura ucraina, vive a Kharkiv ed è rimasto lì a smistare gli aiuti sotto i bombardamenti, cerca di portare in salvo i bambini rimasti. C’è anche Amelina, fondatrice del festival di letteratura in una delle cittadine sulla linea del fronte.
21.10 Helena Janeczek
Sono contenta che l’Ue abbia accolto i profughi ucraini, cosa che non ha fatto il Regno Unito. In questo continente esiste da troppo tempo il discrimine tra chi ha tutti i diritti e chi ne ha di revocabili come il permesso di soggiorno, e chi non ne ha nessuno.
Per troppo tempo abbiamo subito il discorso egemonico di una destra nazionalpopulista e non a caso amica di Putin. Non può esserci spazio per il razzismo strutturale, l’etnonazionalismo, l’eredità del pensiero coloniale in questi nostri stati uniti europei.
Dobbiamo fare lo sforzo di riconoscere i diritti inviolabili dello Straniero, di ogni straniero che arriva sulle nostre coste e ai nostri confini.
Sono cresciuta in Germania come figlia di eberei polacchi sopravvissuti alla Shoa, e quindi profughi. Non è stato facile, ma mi ha fatto capire che i popoli possono cambiare, anche in meglio. C’è sempre ovunque al mondo la possibilità di costruire la democrazia, così come c’è la possibilità di svuotarla fin quando non ne rimane solo il simulacro.
20.50 Pina Picierno: «Da Ventotene a Kiev c’è una comunità che si batte per i valori europei di libertà».
Stare dalla parte della pace vuol dire stare contro chi confonde aggressori e aggrediti. C’è una sola verità cristallina: essere dalla parte giusta di chi combatte per la libertà. L’Europa sta facendo molto con le sanzioni per isolare la Russia dal punto di vista economico. La risposta è stata all’altezza dell’aggressione, ma dobbiamo fare di più.
Da Ventotene a Kiev c’è una comunità che si batte per i valori europei di libertà.
Ecco perché sarebbe imperdonabile far rimanere nella pila delle cose da affrontare in un secondo momento la richiesta legittima dell’Ucraina di aderire all’Ue. Mi batterò con forza per questa battaglia.
20.45 Alain Elkann: «Con tutti i mezzi possibili dobbiamo far sentire la nostra voce».
Sono vissuto in una generazione in cui in Europa sembrava impossibile ci fosse una guerra e speravo di vivere tutta la mia vita senza una guerra in Europa.
In Ucraina stanno accadendo tragedie che abbiamo visto succedere in Georgia, nello Yemen, in Afghanistan. Davanti a quello che sta succedendo abbiamo un paladino, che si è rivelato attraverso il suo coraggio e la sua capacità di comunicare: Zelensky. Porta la bandiera di coloro che credono nei valori della democrazia.
Nel mondo occidentale c’è stata una sola voce contro questo orrore. Siamo fortunati perché possiamo esprimere le nostre opinioni. Non stanno spegnendo le nostre voci, con tutti i mezzi possibili dobbiamo farla sentire.
20.40 Antonio Monda: «Dobbiamo liberarci dall’antiamericanismo».
C’è un diffuso disagio, una diffusa malattia in Italia: l’antiamericanismo. Una patologia grave dalla quale dobbiamo liberarci, non perché l’America sia il luogo della perfezione. Ma pur di non dare ragione agli Stati Uniti si arriva a sposare le tesi più mostruose. È inaccettabile. Così si fa il gioco di Putin.
Faccio un appello ai conduttori televisivi: è indegno dare la parola soltano per alzare un po’ di audience a chi dice cose deliranti. È infame, è come far morire due volte quei bambini. Cosa dobbiamo vedere oltre a 60km di convogli militari, oltre al bombardamento degli ospedali psichiatrici, cosa dobbiamo vedere oltre ai profughi chiamati “passanti” da un intellettuale.
Mi è venuto in mente un aneddoto legato a Churchill. Nell’ora più buia ci fu una riunione di gabinetto e Lord Halifax che aveva la delega all’economia disse a Churchill: “Lo Stato ha più fondi per gli armamenti, dobbiamo fare un taglio alla cultura”. E Churchill rispose: “Ma secondo lei per cosa stiamo combattendo?”
20.35 Francesco Merlo: «Smaschereremo questi che dicendo di non essere né di qua né di là, in realtà stanno con Putin».
In Italia c’è uno sinistra che dice di volere la pace, ma più che pacifista fa il paciere: tiene fermo uno così l’altro lo mena meglio. Quelli che dicono “né con la Nato, né con Putin”. Questa è una cosa vecchia italiana, come quando si diceva: “Né con il fascismo, né con la resistenza”, oppure “né con Hitler, né con gli ebrei”, stanno nel mezzo perché credi che nel mezzo ci sia una saggezza. E invece nasconde una vigliaccheria. Noi vigileremo e smaschereremo questi che dicendo di non essere né di qua né di là, in realtà stanno con Putin.
20.30 Lirio Abbate ricorda che oggi in Ucraina è stato ucciso dall’esercito russo il giornalista freelance americano Brent Renaud.
20.25 Paolo Garimberti: «Putin ha un potere assoluto, totale, paragonabile a quello degli Zar».
Putin ha un potere assoluto, totale, paragonabile a quello degli Zar. Un potere costruito lentamente con meticolosità. Quando Boris Eltsin nominò Putin alla fine degli anni ’90 pensava di poterlo manipolare facilmente. In fondo era un ufficiale di rango medio-alto del KGB, era un tenente colonnello, aveva servito nella Germania orientale, a Dresda. Non era considerato particolarmente intelligente.
E invece Putin quando tornò in patria e andò a San Pietroburgo (un tempo chiamata Leningrado), dove era nato, iniziò a costruire un sistema di potere che è fondato su 4 o 5 cerchi concentrici, dove al centro c’è lui con il manipolo di persone di cui lui si fida che non sono più di 4 o 5, tutti ex ufficiali del KGB che adesso si chiama FSB.
Il potere di Putin è anche finanziario: ha una ricchezza di circa 100, forse 150 milioni di dollari. Il secondo cerchio di potere è quello dei boiardi, il terzo dagli oligarchi con cui ha fatto un patto: “Volete arricchirvi? Va bene, ma mi dovete obbedienza assoluta”. L’ultimo cerchio è quello dei paradisi fiscali.
Nei tempi sovietici c’era un primus inter pares, mentre Putin è un primus assoluto. L’unico che può fermarlo è l’esercito.
20.15 Stefano Boeri annuncia che la Triennale di Milano non inviterà la Russia nella sua esposizione internazionale di luglio e costruirà un padiglione ucraino, la piattaforma Planet Ukraine.
20.05 L’attrice ucraina Lidiya Liberman legge la poesia “Testamento” di Taras Shevchenko.
Quando morrò seppellitemi
Sull’alta collina
Nella nostra steppa
Della bella Ucraina
Che si vedano i campi
E il Dniepr stizzito
Che si oda dal fiume
Al mare azzurro
L’inimico sangue
Cattivo, impuro
Allor, lascerò la terra,
salirò al Dio
per pregare…ma intanto
non conosco Dio.
Seppellite, insorgete,
le catene spezzate,
con l’inimico sangue
libertà spruzzate,
e nella grande famiglia
nuova, liberata,
non obliate ricordar di me
con parola grata.
19.55 Linda Laura Sabbadini: «C’è bisogno di una rivitalizzazione permanente delle nostre democrazie».
Dobbiamo imparare molto dal popolo ucraino che in questi giorni si sta sacrificando per la difesa della sua libertà. Dobbiamo trarre delle lezioni da quello che stanno facendo. Primo: la democrazia e la libertà sono un bene primario dei popoli e si combatte per difenderle.
La resistenza è una parola molto cara al nostro paese perché è stata la resistenza garanzia di libertà dopo anni di dittatura terribile sotto il fascismo. I paesi democratici non l’hanno così curata questa democrazia. Bisogna investire nel proteggerla.
I cittadini sviluppano disaffezione verso la democrazia perché le istituzioni non funzionano, perché i partiti non sono adeguati, non svolgono bene il loro ruolo. Non possiamo permettercelo.
C’è bisogno di una reazione forte, c’è bisogno di una rivitalizzazione permanente delle nostre democrazie.
La situazione in Ucraina ha dato una spinta unitaria all’Europa. Serve un salto di qualità, non è possibile che in Europa non si rispetti lo stato di diritto, non è possibile che un unico Paese possa bloccare l’azione dell’Europa.
19.45 Giorgio Gori: «Putin combatte la scelta dell’Ucraina di scegliere un modello di vita, di una società aperta».
La mia preoccupazione di questi giorni è quella di dare asilo alle persone che stanno arrivando in migliaia nelle città. Mi ha colpito molto il coraggio di queste persone, non solo del presidente e dei suoi soldati. Dei cittadini, delle donne e degli uomini.
Che cosa faremmo noi? Se non fosse Kiev, ma Milano. Se non fosse Mariupol ma Bergamo? Ho avuto dei dubbi che noi saremmo altrettanto coraggiosi. Questo senso della lotta l’abbiamo perso, perchè la pace ci ha viziati.
Le guerre c’erano ma erano lontane, altri combattevano a nome nostro. E noi non ci siamo sporcati le mani in questi anni.
Oggi in Ucraina si combatte per difendere dei valori. Putin combatte la scelta dell’Ucraina di scegliere un modello di vita, di una società aperta e stanno per questo combattendo anche per noi.
Avverto un’urgenza politica di dare pieno sostengo, pieno soccorso per fermare le armi dei russi.
Quello che sta succedendo è il risultato delle debolezze di questi anni: abbiamo consentito che si consolidasse un potere aggressivo, un’autocrazia violenta. Molti leader politici anche da noi hanno detto che quello era un modello. E abbiamo fatto finta di niente. Alexey Navalny è stato avvelenato dai suoi servizi segreti. E abbiamo fatto finta di niente.
Non possiamo dire che siamo genericamente per la pace. Dobbiamo riscattare quello che non abbiamo fatto. E per questo servirà coraggio anche da parte nostra. Non possiamo farlo solo a parole. Dobbiamo prendere decisioni più severe, in Europa e in Italia, anche se questo avrà dei costi. Costerà guadagnarsi un’autonomia energetica, costerà investire perchè non possiamo più delegare a qualcun altro il compito esclusivo di difenderci.
Spero che non si affermi un sentimento contro i russi. Dobbiamo esprimere amicizia nei confronti dei russi e di quelli che stanno rischiando la propria vita per opporsi a Putin.
19.35 Corrado Augias: «Il tiranno deve costruirsi un mondo che incarni la sua sicurezza».
Tutti i tiranni, da Nabucodonosor in poi, devono vivere in una loro dimensione parallela. Il tiranno deve costruirsi un mondo che incarni la sua sicurezza. Perché se non fa questo è perduto. Ma è perduto anche se lo fa. Perché il rischio è di perdere di vista la realtà effettiva. E questo può portare a grossi inconvenienti per lui, compresa la fine della tirannia.
19.30 Edith Bruck: «Bisogna cercare in tutti i modi di fermare questa cosa che lascerà macerie, miseria, povertà, lutti eterni e ferite inguaribili».
Ho cominciato a scrivere nel 1946, dopo che sono stata liberata da Auschwitz. E da allora non mi sono mai fermata. Non ho mai smesso di scrivere contro la guerra, di informare i ragazzi a che punto allucinante può arrivare la crudeltà dell’uomo. Questa è la mia missione, non mi fermerò mai.
Vedere questo scempio in Ucraina è desolante, ho anche pianto diverse volte perché nessuno riesce a capire qual è il vero valore della vita, qual è il valore del pane, della pace.
Bisogna cercare in tutti i modi di fermare questa cosa che lascerà macerie, miseria, povertà, lutti eterni e ferite inguaribili.
19.20 Luigi Manconi «È alle vittime che dobbiamo guardare perché rischiano ancora una volta di essere rimosse».
Assistiamo a uno stravolgimento delle parole. A oltre due settimane dall’invasione russa dell’Ucraina c’è chi parla di una guerra tra due stati. E qualcuno, un noto intellettuale di sinistra, arriva a definire questa aggressione come una guerra tra potenze.
Qui non c’è solo una menzogna, ma anche la scomparsa delle vittime. Le vittime possono scomparire anche perché c’è chi chiede loro di arrendersi, di non resistere. E lo fa perché la sopravvivenza resistente delle vittime aumenterebbe il numero di morti, acutizzerebbe il conflitto e metterebbe in pericolo la sicurezza nazionale degli Stati europei. Pensate un po’.
È alle vittime che dobbiamo guardare perché rischiano ancora una volta di essere rimosse, concentrati come siamo nella logica di potenza, sulle strategie militari, sulle considerazioni di natura geopolitica.
C’è un’altra menzogna spacciata (per verità): si pone in alternativa la resistenza popolare e la trattativa, quando è evidente che solo la lunga resistenza popolare ha reso possibile e realizzabile la trattativa. La resistenza ha salvaguardato la dignità di quel popolo e consente all’Ucraina di avere un futuro, di poter aspirare all’indipendenza e alla sovranità.
Quando c’è un aggressore e un aggredito la ragione è sempre dalla parte dell’aggredito. Quando c’è un inerme che rischia di soccombere, il primo dovere politico e morale è corrergli in soccorso.
19.10 Stefania Auci: «L’empatia ci rende umani».
Oggi ci confrontiamo con una guerra concreta. Per la prima volta dalla seconda guerra mondiale è un conflitto vicino a noi che ci fa sentire in profondità quello che accade. I giovani vedono la guerra su TikTok e Instagram, vedono la realtà trasmessa dai coetanei in maniera più forte di come noi adulti possiamo recepire dai media tradizionali.
I giovani raccolgono queste informazioni senza filtri. Si alimenta l’ansia dopo due anni di pandemia e si chiedono “Potrebbe accadere anche a noi?”. Il rischio è che questo surplus di voci e informazioni ci porti alla saturazione.
Dobbiamo lavorare sull’empatia anche coi libri. Ricordiamoci la descrizione dell’assedio di Tolstoj in Guerra e Pace, ma anche Suite francese di Irène Nemirovsky. Elaboriamo le emozioni attraverso la letteratura.
L’empatia è ciò che ci rende umani.
19.05 Natalia Aspesi: «Non è più il momento delle opinioni. Chi può deve prendere delle decisioni drastiche».
Non so nulla dell’Ucraina. Ho letto qualche libro, la mia badante mi ha raccontato qualcosa. Però secondo me non è più il momento delle opinioni. Chi può deve prendere delle decisioni drastiche. La realtà è che continua a morire della gente che non ha alcuna responsabilità. Mi piacerebbe che ogni paese d’Europa mandasse un plotone di centomila persone, disarmate, in Ucraina, davanti ai carri armati russi.
E poi in questi tavoli diplomatici non c’è una donna. Quando si tratta di cose orrende ci sono solo uomini.
19.00 Bernard-Henry Levy: «Zelensky è un giovanissimo padre fondatore dei valori europei».
Ciò che si gioca oggi in Ucraina, a Kharkiv, a Mariupol, a Kiev e forse tra poche ore a Odessa sono due concezioni dell’Europa. La prima concezione è quella di Vladimiri Putin, il culto della forza bruta, l’annessione di un paese vicino alla maniera dell’Anschluss, un tempo ideologia di odio verso la libertà e la democrazia. Questa ideologia è un avatar, una nuova trasformazione di quello che è stato chiamato “fascismo” nel secolo scorso.
Il popolo ucraino resiste eroicamente. Quando Zelesnky scende nelle strade di Kiev mi fa pensare al giovane Winston Churchill nell’ora più buia tra le strade di Londra nel settembre del 1940. Quando Zelensky esprime la speranza per il suo popolo, per la sua società ucraina bombardata da aerei assassini. Ecco, esprime una concezione di Europa che è la nostra e si comporta come una sorta di giovanissimo padre che rifonda l’Europa.
18.50 L’attrice ucraina Lidiya Liberman legge la poesia ucraina “Le ali” di Lina Kostenko.
È vero, agli alati il suolo non serve.
Non c’è terra, ci sarà la volta celeste.
Non c’è un campo, ci sarà la libertà.
Non c’è una coppia, ci saranno le nubi.
In questo è la verità dell’uccello.
E per l’uomo? Com’è per l’uomo?
Vive sulla terra. Non sa volare.
Ma ha le ali. Ma ha le ali!
E sono ali non di penne e piume,
Ma di verità, di onore, di fede.
Chi le ha come fedeltà in amore.
Chi come eterna aspirazione.
Chi come onestà nel lavoro.
Chi come generosità e premura.
Chi come canti o speranza.
O come poesia, o come sogni.
L’uomo non sa volare…
Ma ha le ali. Ma ha le ali!
18.45. Il discorso del direttore de Linkiesta, Christian Rocca: «Con l’Ucraina, senza ambiguità. Senza i “sì, ma”, senza i “né, né”».
Questa è una serata in solidarietà del popolo e del governo ucraino. Un paese invaso da un regime dispotico, un paese libero e democratico e a cui va tutta la nostra solidarietà senza alcuna ambiguità. Senza confondere aggrediti e aggressori, senza confondere vittime e carnefici, senza invocare rese umanitarie, cose che abbiamo sentito in queste settimane.
Senza i “sì, ma”, senza i “sì, però”, senza i “né, né”. Queste sono cose che sentiamo tutte le sere nei talk show, questa sera non le vogliamo ripetere, perché non ci rappresentano.
È una serata per l’Ucraina, ma anche per l’Europa. Perché sebbene la guerra abbia soltanto sfiorato l’Europa, in realtà è chiara la strategia del regime del Cremlino. Putin l’ha detta in mille discorsi e tante interviste: vuole superare la democrazia e i sistemi liberali.
Putin lo ha dimostrato invadendo la Georgia, la Crimea, il Donbass. Adesso l’Ucraina, per non parlare della Siria e le ingerenze nei processi democratici dell’Occidente, intervenendo anche sulla Brexit, sulle elezioni del presidente americano e su tutti i processi democratici dell’Europa e dell’Occidente.
All’ambasciata russa di Roma che su Twitter ha annunciato di aver aperto un numero verde per denunciare le discriminazioni nel nostro Paese nei confronti dei cittadini russi, dico questo: il numero verde apritela a Mosca, apritela a San Pietroburgo perché lì i cittadini russi vengono discriminati, vengono pestati, silenziati e arrestati. Non a Roma, non a Kiev e non qui stasera al Teatro Parenti di Milano.
8.30 Il discorso del direttore di Repubblica, Maurizio Molinari: «La libertà non è solo il più naturale e fondamentale dei diritti da difendere, è anche il più urgente dei doveri da esercitare».
A 17 giorni dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina siamo qui al Teatro Parenti di Milano per descrivere il dolore, il coraggio e la speranza che sono fra noi. Il dolore di una nazione aggredita, di una giovane democrazia il cui potente vicino nega il diritto all’esistenza in nome della forza, dei cingoli dei carri armati e della violenza. Il dolore delle ucraine e degli ucraini è lo stesso dolore che l’Ucraina ha provato nella sua lunga e sanguinosa storia ogni volta che un despota, una ideologia, un esercito ha negato l’esistenza a qualcun altro.
Abbiamo sentito questi racconti da nonni e genitori, vittime e sopravvissuti. Li abbiamo letti nei libri e visti nei filmati, ora ne siamo testimoni. E poiché contro il male l’antidoto è il ricordo è proprio ricordando l’invasione della Renania e l’annessione dell’Austria, lo smembramento della Cecoslovacchia, la rivolta di Poznan, quella di Budapest, la primavera di Praga che oggi non possiamo tacere sull’invasione dell’Ucraina e dobbiamo dirci tutti ucraini.
Il coraggio è quello di chi combatte con le molotov contro i carri armati, di chi vive sotto terra per non abbandonare la propria città, di chi costruisce barricate nel suo quartiere di chi suona il violino fra le macerie e di chi ha dovuto prendere in mano il fucile pur aborrendo la violenza. Il coraggio di un popolo intero, un popolo europeo che da 30 anni è indipendente, orgoglioso della propria democrazia, e consapevole del valore straordinario della propria libertà.
La speranza è che da questa guerra improvvisa, sanguinosa e feroce, l’Europa esca più forte, robusta, consapevole che la democrazia va difesa sempre, comunque pur essendo imperfetta.
Una Europa più unita e integrata, capace di avere una difesa comune come di essere protagonista dell’energia e della scienza può essere l’antidoto migliore per proteggere tutti noi dal rischio di nuove aggressioni di despoti e autocrati. Perché l’Europa di Schuman e Monnet nacque proprio al pari delle Nazioni Unite, della Nato per evitare nuovi abissi dopo la seconda guerra mondiale.
Tocca a noi completare quel progetto per dare vita assieme alle altre democrazie, a cominciare da quella americana, a una vibrante comunità di nazioni e di individui accomunati dall’amore per la libertà e dal rispetto per il prossimo, capaci un giorno speriamo anche di accogliere la Russia.
Tocca a noi essere per l’Ucraina e per l’Europa. Perché noi siamo figli e nipoti delle democrazie che sconfissero il nazifascismo e prevalsero sul comunismo sovietico. Abbiamo avuto fin dalla nascita il privilegio di vivere, cresce, studiare, pensare nel mondo libero ma questo ci impone la più grande delle responsabilità.
La libertà non è solo il più naturale e fondamentale dei diritti da difendere, è anche il più urgente dei doveri da esercitare. E per difendere le nostre libertà e quelle degli altri che dobbiamo essere dalla parte dell’Ucraina aggredita e a fianco di quella Russia che merita da troppo tempo di condividere i nostri stessi diritti.
18.15 Gli ospiti
Sul palco si alterneranno: Bernard-Henry Levy, Natalia Aspesi, Corrado Augias, Sergio Scalpelli, Sergio Staino, Francesco Cundari, Stefania Auci, Nathan Sharansky, Gianni Riotta, Paolo Garimberti, Edith Bruck, Yarina Grusha Possamai, Francesco Merlo, Stefano Boeri, Antonio Monda, Chiara Valerio, Linda Laura Sabbadini, Helena Janeczek, Angelo Pezzana, Marco Bentivogli, Giorgio Gori, Pina Picierno, Francesco Cataluccio, Lirio Abbate, Gianluca Di Feo, Alain Elkann, Simone Cipriano, Gianni Vernetti.
Il violinista ucraino Pavel Vernikov, suonerà accompagnato da una sua giovane allieva anch’essa di nazionalità ucraina. L’attrice ucraina Lidiya Liberman leggerà alcune poesie di autori ucraini.
18.00 Nel foyer del teatro, l’artista e compositore Yuval Avital presenta Lullabies for the land, un’installazione creata in risposta all’attuale scenario storico-politico, in collaborazione con la pianista ucraina Anastasia Stovbyr, (curatrice dell’archivio vocale) e l’artista ucraina OKNO (performance designer).