Il neutralista segue una dieta mediatica rigida per negare la realtà.
Legge gli articoli in cui si scrive che a Bucha non c’è stato un massacro perché non c’erano i bossoli, guarda solo i talk show che definiscono Zelensky un nazista, e se la figlia chiede perché i bambini muoiono sotto le bombe, le dice che la situazione è complessa
Ore 7,00: il Pacifista si sveglia. Ha dormito poco. È stato su fino a tardi, a informarsi sui progressi della denazificazione e a solidarizzare con la dissidenza pacifista obbligata a lavorare gratis.
Ore 7,30: il Pacifista fa le abluzioni. Canta Bella Ciao, perché lui non ci sta sotto schiaffo, con quelli che gli fanno le pulci perché s’è ingarbugliato un po’ sulle resistenze che van bene e quelle che no. E anzi – pensa tutto tremante – lui al 25 aprile della pace ci andrà tanto più orgogliosamente, e con rinnovate iniziative di pace: basta sassaiole solo sulla Brigata Ebraica, anche un po’ contro l’ambasciata ucraina.
Ore 8,00: il Pacifista legge i giornali. Non si sente solo, dopotutto. Sì, d’accordo, ci sono i trafficanti d’armi occidentali che tengono bordone alle attrici travestite da donne incinte e ai nani nazisti camuffati da bambini, e purtroppo guadagnano qualche posizione: ma vivaddio c’è spazio anche per chi denuncia il degrado morale della dirigenza ucraina. E per fortuna resiste il giornalismo d’inchiesta, quello che a Bucha non c’erano i bossoli.
Ore 8,30: il Pacifista esce per andare al lavoro.
Ore 8,31: il Pacifista rientra.
Ore 12,00 (nel mezzo un po’ di relax con le agenzie russe): il Pacifista torna in trincea, cioè davanti alla Tv. Niente frittatona di cipolle né Peroni ghiacciata: la giudiziosa mogliettina ha preparato etnico, il cous cous di Cassia Nord, scodelle Ikea in sospetto di cospirazione anti-glocal ma vabbè. «Shhhht!!!! Famme sentì, amò, c’è il compagno sindacalista che dice bisogna processare Zelensky per crimini de guera».
Ore 14,00: il Pacifista va al pc. Profilo Twitter aperto il 24 Febbraio: prima, quando c’erano centocinquantamila russi al confine del regno nazista, non serviva ancora. Dopo, davanti all’improntitudine degli insubordinati al dovere della resa, diventava imperativo impegnarsi. E alè: «No a tutte le guerre! Né con le stuprate né con la Nato!». Clic. Andrà bene? Un controllo veloce sul Fatto Quotidiano e si rassicura: è stato un po’ cauto, ma migliorerà.
Ore 18,00 (s’era appisolato, nella deliquescenza indotta dai talk pomeridiani che invitano alla cautela sugli asili sventrati, magari erano scuole di teatro): il Pacifista si è perso le ultime sul missile che ha fatto strage in stazione, porca puttana! Ma non gli serve molto per recuperare il bandolo: stavano caricandoli sui vagoni piombati, e il missile ha fermato il crimine nazista.
Ore 20,00: il Pacifista, a tavola, pensa anche ai suoi doveri di padre:
– Papà, dice la maestra che ci sono tanti profughi.
– Lo so, amore mio, ma è la disinformazione: non sanno che vivere sotto una dittatura è meglio.
– Ma papà, quelli gli tirano le bombe!
– E ridaje con la disinformazione! Quelli sono costretti a tirargli le bombe perché l’Europa dà le armi a Zelensky che non si arrende e cià la villa in Versilia e poi dove lo metti il Vietnam e anche Israele occupa i territori e vogliono la legge del profitto e poi c’è il precariato e l’acqua pubblica va difesa e l’Atac è il punto di riferimento fortissimo della pace no anzi quella è l’ANPI… Sì insomma ci siamo capiti.
– Ma papà, io non è che ho capito proprio bene.
– Lo so, tesoro, è un po’ complesso.
Ore 21,00: ora il Pacifista è esausto, la settimana è stata dura. E domani si va a messa.