Così siamo diventati il Paese dei «però» (corriere.it)

di Aldo Grasso
Il Paese del però. Il segretario del Pd Enrico 
Letta si è preoccupato non poco leggendo un 
sondaggio di Ipsos sull’invasione di Mosca: 

solo sei italiani su dieci (57%) dicono apertamente di stare con l’Ucraina, un 5% parteggia per la Russia (sì al tiranno, pur di criticare la Nato) e un 38% di intervistati non prende posizione (Putin è un criminale, però Biden…).

L’Ucraina è stata aggredita, però metà degli italiani (48%) preferirebbe evitare coinvolgimenti nel conflitto.

Difficile guidare un partito (e una nazione) fra tante avversità e altrettanti avversativi. C’è sempre un però.

Amiamo la libertà, però se non costa troppo (il condizionatore di Draghi era una metafora!).
Possiamo tentare di fermare con le sanzioni una guerra spietata, però i no vax della geopolitica dicono di no.
Si affaccia di nuovo lo spettro dell’inflazione, però è meglio se aumentiamo il debito pubblico.

Siamo per le energie rinnovabili, però i pannelli fotovoltaici sono antiestetici, però le trivellazioni faranno sprofondare il mare Adriatico, però le pale eoliche deturpano il paesaggio, però il nucleare…

Il però ci condanna alla capziosità, al tentennamento, all’inazione. Per colpa di un accento, scriveva Gianni Rodari, «un contadino a Rho/tentava invano di cogliere/le pere da un però». È il destino che ci attende.

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