Dalla Nato a Macron, il metaverso dell’informazione in cui i virgolettati inventati di oggi rafforzano le balle di ieri (linkiesta.it)

di

Italia Today

Come in tanta pessima cronaca giudiziaria, non è mai l’esattezza della contestazione, ma il cumulo e la gravità delle accuse, a convincere il lettore

Si tratti di giornalista professionista, opinionista occasionale o semplice twittatore a tempo perso, la vita del commentatore di cose politiche, in Italia, non è mai stata così dura. Ieri mattina non si era ancora spenta l’eco di tutte le voci che da due giorni ripetevano la bufala della generosa offerta di Zelensky sulla Crimea brutalmente stoppata da Stoltenberg – vicenda in cui non uno dei personaggi coinvolti aveva effettivamente detto quanto gli veniva attribuito in Italia – che il copione si ripeteva pari pari con le dichiarazioni di Macron al Parlamento europeo.

E così, senza soluzione di continuità, passavamo dai titoli sulla «Nato contro Zelensky» e addirittura su Stoltenberg che «zittisce Kiev» (per non parlare del surreale «Nato contro Zelensky: “La Crimea è nostra”», dove sembrava quasi che la penisola fosse stata annessa agli Stati Uniti), a un’analoga sfilza di titoli fantapolitici sul presidente francese, dal secco «Macron: “Non si ottiene la pace umiliando Mosca”» al più estremo «Macron stoppa “l’atlantista ad oltranza” Draghi e avverte Biden: “Non possiamo umiliare Putin”».

Affermazioni mai pronunciate dal presidente francese che imprimevano poi, come sempre accade in questi casi, un ulteriore giro alla giostra delle reazioni, per forza di cosa altrettanto infondate, con Salvini a lodare Macron per le sue «parole sagge» e con i sostenitori di Giuseppe Conte a inorgoglirsi su twitter perché il loro beniamino «lo dice da un mese».

Qui c’è il testo integrale dell’intervento di Emmanuel Macron davanti al Parlamento europeo. Per i più pigri, ecco il passaggio incriminato: «Spetta all’Ucraina definire le condizioni per i negoziati con la Russia. Il nostro dovere è di stare al suo fianco per ottenere un cessate il fuoco e poi costruire la pace. Allora saremo lì per ricostruire l’Ucraina come europei, sempre.

Perché, infine, quando la pace tornerà sul suolo europeo, dovremo costruire nuovi equilibri di sicurezza e non dovremo mai cedere alla tentazione dell’umiliazione o allo spirito di vendetta, perché hanno già, in passato, devastato i sentieri della pace» (Per i più sospettosi, qui c’è anche il video).

Come si vede, Macron non ha detto da nessuna parte che per ottenere la pace bisogna evitare di umiliare la Russia; ha detto che, una volta ottenuta la pace, bisognerà evitare di cedere alla tentazione delle vendette e delle umiliazioni, che è discorso ben diverso.

La prima versione, però, si adattava benissimo alla delirante narrazione del giorno prima, perché sembrava proprio una risposta alle affermazioni di Stoltenberg. In altre parole, un’affermazione che Macron non aveva fatto rispondeva a una dichiarazione che Stoltenberg non aveva pronunciato, che a sua volta rispondeva a un’offerta che Zelensky non aveva mai avanzato. Come vogliamo chiamare tutto questo: metaverso?

Ma quello che conta è che ciascuna di queste fanta-risposte confermava la fanta-dichiarazione precedente, rafforzando il quadro d’insieme, proprio come accade in tanta pessima cronaca giudiziaria, in cui non è mai l’esattezza della contestazione, ma il cumulo e la gravità delle accuse, a confermare nel lettore la tesi del pubblico ministero (che non per niente è spesso la principale fonte del cronista).

In questo caso la tesi di fondo era evidentemente quella che da settimane sentiamo ripetere, più o meno esplicitamente, da politici, giornalisti e opinionisti dei più diversi orientamenti: i veri responsabili della guerra non sarebbero i russi, ma gli americani. È la tesi che i più raffinati definiscono della «guerra per procura», secondo cui gli ucraini avrebbero sostanzialmente il ruolo delle marionette nelle mani della Nato.

Teoria smentita dal fatto che, come tutti sanno, gli americani erano i primi a non credere alla resistenza ucraina, nella convinzione che i russi avrebbero li avrebbero sbaragliati in un attimo, e proprio per questo Biden aveva offerto a Zelensky un aiuto per scappare. È stato Zelensky a cambiare le carte sul tavolo della politica internazionale, rispondendo che voleva munizioni, non un passaggio. Sono stati gli ucraini, con una resistenza su cui all’inizio nessuno aveva scommesso un centesimo, a cambiare la situazione sul campo e a far ricredere gli stessi americani.

Eppure la storia secondo cui sarebbe tutto un piano degli Stati Uniti e una manovra della Nato, in cui al massimo Putin avrebbe avuto la colpa di cadere (povero caro, è tanto ingenuo), c’è poco da fare, sui mezzi di comunicazione italiani sembra essere più forte di ogni smentita. Come dimostra tutta l’incredibile concatenazione di fregnacce che ci hanno travolto in questi giorni.

Ricapitolando, venerdì 6 maggio, intervistato dalla Chatham House, Zelensky dice che «la condizione minima» per negoziare, banalmente, è il ritorno alla situazione precedente l’invasione del 24 febbraio: «I russi devono rientrare lungo le linee di contatto e ritirare le loro truppe. Solo in quel caso ritorneremo a discutere di pace normalmente».

Dunque, siccome l’annessione della Crimea è avvenuta diversi anni prima dello scorso 24 febbraio, in Italia – e soltanto in Italia – si comincia a discutere della presunta offerta della Crimea da parte di Zelensky, offerta che non per caso nessun giornale del mondo, fuori dall’Italia, ha mai menzionato … leggi tutto

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