Quando uccisero Giorgiana io c’ero, ma nessuno ancora ci dice chi sia stato a spararle (ildubbio.news)

di Valter Vecellio

Quel 12 maggio 1977 il Partito Radicale aveva 
organizzato a piazza Navona un concerto, 

ma dal Viminale arrivò un “no”

“Eroe della sesta giornata”: così si definisce quel personaggio che si intruppa ai vincitori quando ormai il pericolo è passato, la vittoria conquistata, la lotta (nello specifico le famose cinque risorgimentali giornate della rivolta milanese contro gli austriaci), finita. Poi ci sono i “professionisti del reducismo”, spesso millantatori. Non foss’altro per anagrafiche ragioni, non possono essere reduci di nulla; e in quanto alla professione, diciamo che vanno dove li porta il cuore, a volte; o l’interesse, spesso.

Categorie che spesso, come la cattiva erba finiscono col soffocare quella commestibile; moneta di pessimo conio che soppianta quella “buona”. Considerazione generale, vale per la storia in genere, e le “storie” che poi ne fanno parte. Per questo sono importanti le “memorie”; quelle che si ricavano dai diari, dalle lettere, dai memoriali; i racconti che si tramandano; poi è compito degli storici depurare i ricordi, le memorie dalle scorie che inevitabilmente contengono: come il diamante estratto: prima di diventare un prezioso gioiello, va pazientemente, sapientemente lavorato.

I rischi di chi scrive di storia sono sempre tanti: non solo la fatica di trovare le giuste fonti; immancabilmente ci si imbatte, appunto, negli “eroi della sesta giornata”, quelli che raccontano, senza esserci mai stati, con dovizia di particolari, cos’è accaduto quel giorno specifico.

Chi davvero c’era, nel vederli in “esibizione”, nell’ascoltarli, non può che pensare alla fulminante battuta di Ennio Flaiano: “Quelli là, credono di essere noi”. Tocca dunque sbrigarci, noi che c’eravamo, e che ancora ci siamo; tanti, purtroppo, se ne sono andati, di loro è rimasta labilissima traccia.

Quel 12 maggio 1977, dunque: già 45 anni fa: una quasi vita… Quel giorno una studentessa romana di 19 anni appena, Giorgiana Masi, vuole trascorrere la serata in compagnia del fidanzato, e ascoltare musica. Si dirige a piazza Navona, luogo fissato per un annunciato concerto. Non ci arriverà mai. All’altezza del ponte di Garibaldi si trova coinvolta in una immotivata, brutale carica dei carabinieri.

Qualcuno, dalla parte delle forze dell’ordine, esplode dei colpi di pistola, un proiettile raggiunge la ragazza alla schiena. Colpita, cade a terra, muore. Sono circa le 20 di sera. Questi, i fatti, nella cruda essenzialità.

C’è un contesto. Quello che si è scritto finora è appena una parte di un “tutto” che ancora, a quasi cinquant’anni dai fatti, attende di essere spiegato in modo soddisfacente: sotto il profilo giudiziario, politico, storico. Nel volume che raccoglie i diari dell’ambasciatore Ludovico Ortona negli anni in cui è stato Consigliere Stampa di Francesco Cossiga, presidente della Repubblica, alla data 16 maggio 1987, si legge: “Esce su alcuni quotidiani un attacco di Pannella a Cossiga sulle vicende dell’epoca in cui era ministro dell’Interno (Giorgiana Masi, caso Moro).

Lo vedo piuttosto turbato, anche se poi si riesce a ridimensionare l’episodio dicendogli che è un attacco del solito Pannella. Ne è chiaramente dispiaciuto”. Indicativo quel “si riesce a ridimensionare l’episodio”; sarebbe interessante sapere “chi”, ha ridimensionato; “come” ha ridimensionato; quanto al “perché” lo si intuisce. C’è quel “dispiaciuto…”: il presidente della Repubblica a cui Pannella rimprovera il ruolo giocato sulle vicende Masi e Moro, si “dispiace”. Crediamoci.

Ma limitarsi a un “dispiacere” è davvero poca cosa. Ben altro che il dispiacere, per quei due tragici eventi che sono alla base della polemica accesa da Pannella. Si torni, ora al quel 12 maggio 1977 … leggi tutto

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