L’altra sera, scanalando tra i talk, mi sono imbattuto in un’immagine familiare:
il professor Cacciari che sbuffa e sbraita. Non ho capito perché, ma ha poca importanza. Cacciari sbuffa e sbraita a prescindere, con l’aria di chi ti concede la grazia di venire in tv mentre avrebbe di meglio da fare (andare in un’altra tv).
Qualcuno sostiene che il suo sbuffare sbraitando e sbraitare sbuffando sia un vezzo caratteriale. Qualcun altro che faccia parte di una tecnica intimidatoria per far sentire l’interlocutore un cretino. In effetti gli interlocutori contro cui si scaglia, quasi sempre senza essere stato provocato da loro, tendono ad assecondarlo con sorrisi impacciati e un rispetto non giustificato dal suo comportamento.
E pensare che basterebbe una parolina per smontarne la tracotanza a senso unico: Shanghai. Cacciari è uno di quelli che, prima di buttarsi sulla guerra, ha sbraitato e sbuffato in tutti i microfoni che l’Italia del Green Pass era una dittatura sanitaria, ma si è sempre scordato di dedicare anche solo un minuto d’indignazione a quanto stava succedendo in una dittatura vera, la Cina, dove si viene ingabbiati nei condomini al minimo sospetto di contagio.