L’ultimo giapponese alle Filippine. Un ricordo di Gianni Mura (napolimonitor.it)

di riccardo rosa/davide schiavon

“Al vecchio porco” è un ristorante milanese. 
Arrivarci alle 18 significa trovare il titolare, 
Gerry, e i camerieri intenti a preparare la 
sala per la sera. 

Si tratta di un locale spazioso, arredato in maniera elegante e illuminato quanto basta per vedere quello che mangi. Sui tavoli, coperti da sottotovaglie a quadri bianchi e rossi, sono ancora appoggiate le sedie. Gianni Mura ci ha portati qui perché i rumori di un bar avrebbero disturbato la registrazione delle voci, ma soprattutto, crediamo, per preservare la tranquillità della conversazione.

Ci accomodiamo a un tavolo rotondo in fondo alla sala, su cui dopo pochi secondi vengono posizionati un posacenere, una bottiglia di Malvasia piacentina e tre bicchieri. Più tardi, il vino sarà accompagnato dai panini caldi e dal salame che ci viene servito senza interrompere l’andamento pacato della conversazione.

Sono proprio il tono sottile ma chiaro delle voci, il fatto che due dei tre commensali fumino a ripetizione – alla fine nel posacenere ci saranno più di dieci sigarette – oltre ad alcuni aneddoti che l’intervistato racconta, a rimandarci indietro in un tempo che non abbiamo vissuto, o che in rari casi abbiamo vissuto appena.

E così di volta in volta, attraverso il fumo di una Gauloise, attorno al tavolo ci sembra di intravedere Herrera, Boranga o Gianni Brera leggi tutto

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