di Errico Novi
Clamoroso appello dall’Alto commissario delle Nazioni Unite: «Fuori dalle galere almeno gli anziani e i malati».
Ma al question time Bonafede dice candidamente che, col Dl “Cura Italia”, sono usciti solo «200 reclusi», di cui «50 col braccialetto». Nonostante il sovraffollamento sia a quota 10mila. Sgarbi lo chiama «untore». Ma il problema è la Lega. Che parla di «svuotacarceri mascherato»
Si potrebbe dire che in fondo ciascuno vede le carceri dall’angolo visuale della sua cultura di appartenenza. Prendiamo i magistrati, visto che l’idea garantista di giurisdizione propria degli avvocati è ben nota. Prendiamo non solo l’Anm, ma una sua componente, “Area”, notoriamente progressista.
Nell’avvertire il guardasigilli Alfonso Bonafede che «il rischio coronavirus nei penitenziari è altissimo», ricorda che a dover essere tutelati sono «i detenuti e tutti quelli che per loro lavorano». Ecco. Visto che parlare dei diritti dei reclusi forse non basta a commuovere i cittadini, ben venga chi punta sui lavoratori. Rischiano pure loro. Anche dentro le carceri.
Proprio la pluralità di sguardi sul carcere emerge anche nel question time di ieri a Montecitorio. Bonafede vi contribuisce con un dato terrificante: dall’entrata in vigore del Dl Cura Italia – che prevede una concessione dei domiciliari “accelerata” a chi potrebbe uscire comunque, ma (se la pena residua supera i 6 mesi) solo se è disponibile il “braccialetto” – hanno fisicamente lasciato la galera appena «200 persone». Cioè: solo 200 sui circa 10mila detenuti in più rispetto alla capienza totale del sistema penitenziario nazionale … leggi tutto