Anche i russi ucraini non vogliono Putin, la vera storia della guerra (ilriformista.it)

di Paolo Guzzanti

Il conflitto Russia-Ucraina

Ci sono troppe cose che non sappiamo sull’Ucraina e le radici di questa guerra. Per esempio, nessuno spiega come mai la maggior parte dei cittadini ucraini di lingua madre russa, che parlano scrivono e pensano in russo, anziché accogliere come liberatori i militari della operazione speciale iniziate il 24 Febbraio, insorgano in armi formando gruppi di guerriglia che combattono soldati della loro stessa madrelingua con cui hanno lo stesso rapporto furioso e frontalmente nemico che ebbero i coloni americani con i soldati britannici 200 anni fa. Ricordate che cosa è stato detto?

Che l’Ucraina non esiste, che le aree russofone sono state schiacciate dal governo di Kiev con l’uso dei nazisti del battaglione Azov da cui nascerebbe la comprensibile legittimazione di Mosca a liberarle e ricondurli all’interno della casa madre linguistica e culturale russa. A spiegare come stanno realmente le cose provvede un l’importante e ben documentato saggio di Foreign Affairs, frutto di una lunga analisi sul campo. E allora si scopre qualcosa che quasi tutti ignoriamo.

L’Ucraina diventò un paese indipendente nel 1991, una terra distrutta dalle sopraffazioni degli oligarchi connessi con quelli di Mosca: era un paese devastato dalla corruzione, impoverito delle sue risorse, il più desolato d’Europa sotto la dittatura di una marionetta di Putin, Viktor Yanukovic, il quale si comportava esattamente come si comporta oggi il dittatore bielorusso Lukashenko agli ordini di Mosca.

Essendo l’Ucraina un paese confine dell’Europa occidentale i suoi giovani si affezionarono follemente all’Unione europea. Nel 2014, tradendo le promesse fatte agli ucraini, Viktor Yanukovic si presentò in Parlamento e annunciò di avere rigettato la richiesta di entrare nell’Unione Europea e di aver scelto la comunità degli Stati alleati di Mosca.

Ciò provocò una lunga rivolta nelle strade di tutta l’Ucraina e non soltanto di Kiev, che dopo mesi di manifestazioni ebbero successo e il dittatore scappò, intercettato da una telecamera a raggi infrarossi mentre sgattaiolava dal suo palazzo per prendere un elicottero che lo portò a Mosca dove ancora si trova. La “rivoluzione arancione” non ebbe dunque come unico scenario piazza Maidan di Kiev, che offrì tuttavia alle telecamere di tutto il mondo i cadaveri di adolescenti morti nelle insanguinate bandiere dell’Unione Europea.

La verità più ampia che emerge dall’esame di tutte le cronache è che quelle manifestazioni, conclusesi con la cacciata di Yanukovic, si svolsero in tutte le città dell’Ucraina, comprese quelle di lingua russa, in cui la rivolta contro il dittatore coincise con la rivolta contro il sistema corrotto degli oligarchi ucraini e russi.

Quella rivolta prese poi il nome di Rivoluzione per la Dignità, che dilagò in tutto il Paese e in ogni villaggio, sia di discendenza ucraina che russa. Paradossalmente, Kiev e il suo Presidente non erano il centro di questa rivoluzione che ebbe un carattere diffuso e periferico, popolare e civile, che portò all’elezione di una quantità di giovani sindaci che condividevano, indipendentemente dalla madrelingua, l’ideale di una rigenerazione civile attraverso comitati che appoggiarono dirigenti scelti dal basso, sostenuti da un Consiglio comunale eletto dal popolo.

Fu l’inizio della grande pulizia morale del 2014: si cercò di espellere gli oligarchi affaristi e di collegare in maniera irreversibile una generazione di giovani sindaci, consiglieri comunali e patrioti di una patria immaginata sull’idea del modello europeo occidentale. Una spinta diffusa e collettiva che si esprimeva in tutte le lingue alimentando un orgoglio nuovo legato all’idea di una democrazia diffusa non dipendente da Kiev.

Forse è questo che i russi non avevano capito, o forse l’avevano capito talmente bene da temerne il contagio sul loro sistema verticistico russo imperiale dittatoriale e centralizzato … leggi tutto

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