Travaglio e Bruti Liberati si fingono garantisti per difendere Conte (ilriformista.it)

di Tiziana Maiolo

L'inchiesta di Bergamo

La richiesta di rinvio a giudizio sulla gestione della pandemia da covid nei primi mesi del 2020 in realtà ancora non c’è. C’è solo un annuncio del procuratore Antonio Chiappani di chiusura delle indagini. Ma non c’è neanche la richiesta di archiviazione, come previsto dall’articolo 408 del codice penale “quando gli elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna”.

Ce lo ricorda dalle colonne della Stampa, indovinate un po’, l’ex procuratore capo di Milano Edmondo Bruti Liberati. Proprio colui che incaricò la pm Ilda Boccassini di fare indagini che diventeranno la bufala del “processo Ruby”, quello in cui l’imputato Silvio Berlusconi fu assolto e poi assolto e ancora assolto anche in tutte le sue ramificazioni. Mentre gli uomini della pm origliavano e sbirciavano ogni movimento di villa San Martino, quale era la “ragionevole previsione di condanna” per estorsione e prostituzione minorile che giustificava l’inchiesta e il processo? Non che il pensionato Bruti Liberati abbia torto, oggi. Anche lui si sta esercitando nel facile compito di tirare freccette sulla toga dell’ex collega bergamasco, che con le sue dissennate dichiarazioni si è offerto come vittima sacrificale, soprattutto per un grave errore politico.

Indagine troppo larga, dottor Chiappani. Se per esempio lei si fosse limitato a considerare colpevoli il Presidente della Regione Fontana e l’ex assessore Gallera, pensa che il suo ex collega Bruti le avrebbe fatto la lezioncina (impeccabile, peraltro) sulle regole del processo? E che Marco Travaglio avrebbe scoperto di possedere non solo una faccia più bronzea del solito, ma addirittura qualche regolina del diritto del tutto ignorata quando per esempio esibiva titoloni con il cognome dell’ex assessore al welfare trasformato in GALERA? Tenendo insieme personaggi di varia collocazione politica come l’ex premier grillino Giuseppe Conte e l’esponente di sinistra Roberto Speranza con gli esponenti di centrodestra e l’intero vertice sanitario che gestì la pandemia, il procuratore ha finito per inimicarsi tutto il mondo politico e quello della scienza.

E questo, è paradossale, ma è il vero primo motivo del fallimento della sua indagine. Diversamente ci sarebbe stato quasi solo qualche articolo critico sul Riformista, e poco altro. E vedremo come finirà dopo l’archiviazione del Tribunale dei ministri. Del resto dell’inapplicabilità a questo caso del reato di epidemia colposa lo avevamo scritto due anni fa. Non occorrevano le lezioncine dell’ex procuratore né i finti ribaltoni mentali di Marcolino per conoscere l’inutilità e la dannosità di questo tipo di inchieste, mirate a denunciare la “Verità” e ad asciugare le lacrime di chi ha perso le persone care (a causa del virus, non dei reati) più che ad accertare eventuali violazioni del codice penale.

Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità e indagato nell’indagine bergamasca, ha ricevuto ieri la solidarietà di tutti i suoi colleghi. Lo stesso è stato per i politici coinvolti nell’inchiesta. Occorre esaminare bene gli organi di comunicazione, e osservare che, benché ogni direttore abbia lasciato briglia sciolta nello stillare notizie ogni giorno ai cronisti assemblatori di atti giudiziari e illusi di essere giornalisti investigativi, ben altro atteggiamento hanno tenuto in editoriali e commenti. Questa inchiesta non piace a nessuno. Anche ai tecnici del diritto perché è strampalata (proprio come la era quella su “Ruby”, caro Bruti) e fuori dalla regole. Non dimostra che i comportamenti dei vari soggetti implicati, sanitari o amministrativi e di governo, avessero prodotto danni prevedibili e inevitabili.

Alla luce della scienza e della conoscenza del virus come era in quei momenti, questo lo stanno dicendo un po’ tutti. Travaglio, avvolto come sempre è dalla bolla amorosa di Giuseppe Conte, si spinge fino a dire che “l’idea di isolare il virus cinturando piccole aree si rivelò ben presto ingenua e illusoria: se il covid era ovunque, non restava che il lockdown nazionale”. Ecco sistemato ogni sospetto che non si fosse fatto abbastanza per evitare i morti di Membro e Alzano. Quanto al professor Crisanti, dovrebbe aver ormai imparato a proprie spese che è meglio non guardare troppo le pagliuzze negli occhi degli altri se si ha qualche trave nei propri.

E anche che ciascuno di noi può essere impiccato a un comportamento diverso da quelli di oggi o a una frase detta in passato. Come quando lui rifiutava di vaccinarsi senza riscontri o quando invitava i suoi concittadini ad andare al ristorante. Proprio nei giorni in cui, secondo il Crisanti di oggi, si sarebbe dovuto chiudere tutto. Come farebbe bene a chiudere con una richiesta di archiviazione, il procuratore Chiappani.