Ecco come il nostro ministero degli Esteri sottovaluta la propaganda russa (linkiesta.it)

di

Il sonno della Farnesina

Andrea Lucidi e Vincenzo Lorusso, i due italiani che fanno da megafono alle bugie del Cremlino, operano illegalmente in un territorio ucraino occupato dai russi.

Il primo è stato più volte segnalato dagli ucraini a Tajani, ma Roma non ha mai mosso un dito. Ora Kyjiv e Bruxelles cominciano a muoversi al fine di svegliare il ministro dal torpore

In questa serie di articoli che nel corso di queste settimane vi abbiamo proposto c’è stata la puntuale analisi di azioni e di iniziative fuori dal quadro della legalità e delle disposizioni europee da parte di soggetti che agiscono, tramite committenti privati, per rilanciare la propaganda del Cremlino, e che passano sotto il silenzio delle istituzioni e del governo italiano.

Non siamo nel Regno Unito, dove il ministro degli Esteri David Lammy ha definito i tentativi di interferenze e di disinformazione come un’emergenza nazionale: siamo molto più semplicemente in Italia, patria del compromesso e dell’ignavia, terra quindi prospera per essere cassa di risonanza e ricettacolo di ogni genere di nefandezze.

Più volte abbiamo analizzato il caso di Andrea Lucidi e di Vincenzo Lorusso, i due “freelance” della propaganda putiniana in Italia, più volte abbiamo raccontato modalità di finanziamento e di azione nella sfera del dibattito pubblico italiano, ma se la loro missione lavorativa per conto terzi è nota, non è nota la modalità in cui avviene.

Secondo quanto appreso da fonti del Ministero dell’Interno ucraino, Lucidi e Lorusso si troverebbero in territorio ucraino occupato dall’esercito russo in modo irregolare, poiché non hanno nessun permesso del governo di Kyjiv che per il diritto internazionale ha la giurisdizione nelle aree del Donbas e del Luhansk.

Infatti, secondo il Regolamento dell’ingresso nel territorio della Repubblica d’Ucraina temporaneamente occupato (Decreto del Gabinetto dei Ministri dell’Ucraina N. 367 del 4 giugno 2015), ogni cittadino straniero che vive, lavora, e opera in suddetti territori deve essere autorizzato prima di entrare, e può permanere per un numero limitato di mesi.

Fra l’altro, il Regolamento prevede che l’ingresso dei cittadini stranieri e delle persone senza cittadinanza nel territorio ucraino temporaneamente occupato dai russi si svolga tramite punti di controllo. Le persone devono essere munite del passaporto valido e del permesso speciale, rilasciato dall’organo territoriale del Servizio Statale delle migrazioni.

Ovviamente Lucidi e Lorusso non hanno cittadinanza ucraina, e tanto meno visti o permessi di soggiorno, e quindi risiedono illegalmente nel Paese dove svolgono un’attività giornalistica che diffonde contenuti giustificazionisti della politica genocidaria del Cremlino.

La situazione di Lucidi è stata più volte segnalata dalle autorità ucraine al ministero degli Affari Esteri e allo stesso ministro Antonio Tajani, che a oggi – secondo quanto apprendiamo – non hanno intrapreso nessuna iniziativa significativa.

La diplomazia ucraina ha chiesto al ministero a più riprese, dopo il deposito di un’istruttoria accurata, di procedere con l’inserimento del propagandista nell’elenco dei sanzionati. La risposta è stata sorprendente: «L’Italia applica solo le sanzioni europee o internazionali».

Anche per questo motivo nel corso dei giorni scorsi è iniziato l’iter per includere Lucidi e Lorusso tra i sanzionati del governo ucraino, per poi trasmettere formale richiesta all’Alto Rappresentante designato della politica estera europea, Kaja Kallas, per rendere il provvedimento omogeneo in tutta Europa, anche in virtù del nuovo pacchetto di sanzioni approvato lo scorso ottobre dal Consiglio europeo che prevede per propagandisti e agenti stranieri il blocco dei beni e divieto di viaggi internazionali.

La cinica geopolitica dalemiana, e la lunga, lunghissima, nottata che attende l’Ucraina (linkiesta.it)

di

Buonanotte, Kyjiv

Tra nostalgia romanzata e verità alternative, l’ex leader dei Ds liquida la causa degli ucraini come un incidente della Storia, sostenendo che la vittoria della Russia sarà inevitabile perché è una potenza troppo grande e per essere fermata.

Purtroppo non è l’unico a pensarla così a sinistra

«Sento leader europei dire: “Vinceremo la guerra contro la Russia”: una sciocchezza. La Russia è una potenza nucleare, non si lascerà sconfiggere. Non perché c’è Putin ma perché sono russi. Ma quali libri hanno letto da ragazzi questi nuovi governanti?». Con la consueta cultura del dubbio che da sempre lo anima, Massimo D’Alema, in una lunga intervista a Domani, ne dice diverse di cose che se fossimo lui definiremmo sciocchezze, ma siccome non siamo lui definiremmo come minimo opinabili, diciamo. È

evidente che l’ex ministro degli Esteri (oggi osservatore con interessi di tutt’altro tipo, commerciali, diciamo) considera la difesa dell’Ucraina una velleità, una specie di obolo da pagare alla dignità di quel popolo, ma soprattutto una causa impolitica, una sconfitta prevedibile, annunciata, inevitabile perché «la Russia non si lascerà sconfiggere»: e dove sta scritto?

Certo, in “Guerra e pace” (lo hanno letto tutti, anche «questi nuovi governanti») ma per venire a tempi più recenti è anche vero che la beneamata Unione sovietica dovette abbandonare l’Afghanistan a gambe levate, e poi bombarda l’Ucraina da due anni e mezzo senza riuscire a sottomettere Kyjiv, segno che anche gli indomiti russi non sono così imbattibili tanto che hanno dovuto chiedere una mano ai nordcoreani giunti alle porte dell’Europa, una follia nella follia.

Tutto questo dimostra che i carri armati di Putin possono essere fermati e il regime di Mosca costretto a una trattativa con l’Ucraina in piedi: o per meglio dire così sarebbe potuto andare se il 5 novembre non avesse vinto Donald Trump.

Ora che nella sostanza Joe Biden non è già più alla casa Bianca (Joe Biden, altro che «questi nuovi governanti», uno che si occupa di politica estera più o meno da quando D’Alema, da “Pioniere”, dava i fiori a Palmiro Togliatti al IX congresso del Partito comunista italiano), è facile dire che la Russia non perderà: Kyjiv la stanno già svendendo.

L’ex leader della sinistra italiana non è «contento» della pax putinian-trumpiana ma in fondo sì, la pace prima di tutto e non c’importa degli altri, come cantava Adriano Celentano, cioè di quegli ucraini che potrebbero vedersi togliere pezzi della loro Patria del tutto illegittimamente, dopo un atto di forza condannato da tutti i paesi liberi.

«Noi» – non si stanca di ripetere l’ex ministro degli Esteri – facevamo politica: con Bill Clinton ma anche andando oltre Bill Clinton («noi cercavamo una soluzione per il dopoguerra. Si convinse») all’epoca della guerra nell’ex Jugoslavia: come se quel conflitto fosse paragonabile all’aggressione di una grande potenza militare come la Russia ai danni di un Paese sovrano.

Ma già, la colpa dell’invasione non è dell’invasore ma dell’Occidente che lo ha fatto innervosire con la strategia dell’allargamento della Nato – anche qui, che c’importa della volontà dei paesi che liberamente vogliono stare “da questa parte” – e questa è esattamente l’argomentazione del Cremlino per giustificare l’aggressione. Invadere è stata un’esagerazione («la responsabilità è di Putin»), ma la responsabilità è dell’America che guida la Nato, diciamo.

Coincidenza, ieri Sergio Mattarella, che ebbe la ventura di essere il vicepresidente del governo guidato da D’Alema (vedi la Storia com’è strana) ha affermato l’opposto: «Risalta oggi come l’Alleanza Atlantica abbia contribuito, in modo determinante, alla stabilità internazionale e al più lungo periodo di pace vissuto dal Continente europeo, saldo ancoraggio per la sicurezza del nostro Paese. La attuale fase di instabilità conferma la validità di quelle scelte.

L’inaccettabile aggressione della Federazione Russa contro l’Ucraina e il conflitto in Medio Oriente ne sono ragioni evidenti». È assai probabile che tra la lettura dell’ex capo dei Ds e quella del presidente della Repubblica un bel pezzo della sinistra non solo quella rossobruna degli estremisti ma anche di quella del Partito democratico preferisca la prima. Adesso – sostiene D’Alema – «serve la poliitica»: ma senza gente come “noi” che eravamo tanto bravi  chi sarà in grado di farla?

Meno male che Donald c’è, pensa l’ex lìder Maximo la sera prima di mettere la testa sul cuscino. E buonanotte, Ucraina.

La giusta opposizione alla legge che lacera la memoria culturale di Odessa (ilfoglio.it)

di Adriano Sofri

Piccola posta

Il governo militare della regione ha ordinato la rimozione materiale di diciannove statue e monumenti e l’abolizione dello status di protezione per numerosi altri. Ecco l’appello a Zelensky affinché rinvii le intempestive decisioni

Una lettera aperta “urgente”, firmata da 115 persone, donne e uomini, personalità delle lettere, delle arti, delle scienze, “sostenitori dell’Ucraina, uniti dalla preoccupazione per il futuro del paese e per il patrimonio culturale di Odessa”, è stata indirizzata alla sig.ra Audrey Azoulay, direttrice generale, e agli altri responsabili internazionali dell’Unesco, “affinché chiedano al presidente Volodymyr Zelensky di rinviare le decisioni intempestive riguardanti il patrimonio culturale di Odessa fino alla fine della guerra, quando potranno aver luogo consultazioni pubbliche”.

Le mie lettrici e i miei lettori conoscono la questione. Invocando la nuova legge “Sulla condanna e il divieto della propaganda della politica imperiale russa in Ucraina e la decolonizzazione della toponomastica”, il governo militare della regione ha ordinato la rimozione materiale di diciannove statue e monumenti e l’abolizione dello status di protezione per numerosi altri. Ha inoltre ordinato la cancellazione e la sostituzione di molte decine di nomi di strade e di piazze.

Il decreto è venuto senza alcuna consultazione dei cittadini, che peraltro sarebbe difficile da immaginare – così come le elezioni – in città svuotate di gran parte dei propri residenti, e nella condizione strenua della guerra. Consultazioni informali, compresa quella indetta “privatamente” dal sindaco Trukhanov (“Si distrugge il dna di Odessa.

Si sta consegnando la gloria della città nelle mani di Putin”), e quelle promosse da cittadini su Telegram e altri social, hanno mostrato il dissenso largo e addolorato da misure che sfigurano Odessa e la sua storia aperta e cosmopolita. Nel dicembre del 2022, ancora il primo anno di guerra, riferendo lo smantellamento del monumento a Caterina II e ai quattro “fondatori” – un napoletano, due russi e un olandese – avevo avvertito che gli odessiti “non sono affezionati a una zarina, e in genere la sanno molto lunga sui delitti di zarine e piccoli padri.

Sono affezionati al mondo, ai suoi alberi, alle sue piazze. Sono affezionati a Odessa. E le cose che hanno visto, i più vecchi dei vecchi, dicono loro che si comincia da Caterina e si finisce a Isaak Babel’. Di nuovo”. Di Babel’, assassinato nel 1940 dai sicari di Stalin nel buio di una prigione moscovita, si vuole oggi nella sua Odessa la demolizione della statua eretta col contributo dei cittadini, e la cancellazione dell’intitolazione della strada. Il Babel’ dei Racconti di Odessa, dicono i consulenti della “decolonizzazione”, è responsabile di una mitologia gangsteristica che ha fatto il suo tempo.

Si finisce a Babel’, e oltre. “Rimossi i nomi di altri scrittori ebrei: Eduard Bagritsky, Mikhail Zhvanetsky e Ilya Il’f”. Tra i nomi rimossi, dice l’appello, figurano anche “coloro che si sono opposti e sono stati vittime dei regimi imperiali e sovietici russi.

E nomi come quelli dell’amministratore scozzese Thomas Cobley, che combatté la peste del 1812 a Odessa, del maresciallo Malinovsky, che difese la città dalle truppe naziste, del premio Nobel Ivan Bunin, che condannò il regime sovietico nei suoi libri, del candidato al premio Nobel Konstantin Paustovsky, che criticò la rivoluzione sovietica e non fu mai membro del Partito comunista…”.

“La guerra barbara della Russia contro l’Ucraina – dice l’appello – non mette in pericolo solo il Patrimonio mondiale ucraino dal rischio di annientamento immediato. Impone anche un trauma culturale che scatena ciò che Maria Böhmer, ex presidente del Comitato del patrimonio mondiale, aveva definito ‘pulizia culturale’, contro cui l’Unesco ha lottato in luoghi come la Siria, lo Yemen e l’Iraq.

Lo smantellamento arbitrario e autoritario del Patrimonio mondiale tangibile e intangibile di Odessa, inclusi monumenti che sono stati costruiti e appartengono alla sua comunità, non solo lacera il tessuto architettonico della città. Colpisce la memoria culturale di Odessa e la sua leggendaria identità come rifugio di libertà cosmopolita”.

Continua l’appello: “Concordiamo con lei sul fatto che ‘ciò che è essenziale – la lingua, i monumenti, l’architettura, il teatro, la musica, la memoria – deve essere difeso anche, e forse soprattutto, nei momenti più difficili della guerra’.

Pienamente consapevoli del trauma della guerra, crediamo che qualsiasi decisione riguardante il patrimonio culturale di Odessa debba essere ponderata attentamente attraverso un esame esperto, un dialogo ragionato e un vero dibattito pubblico. La guerra contro un invasore crudele, quando la difesa del paese è la priorità, ha necessariamente sospeso tutto questo, insieme alle elezioni.

Centinaia di cittadini hanno già presentato petizioni all’amministrazione regionale quest’estate, senza alcuna risposta. Ecco perché le chiediamo di fare un appello urgente al presidente Volodymyr Zelensky, su richiesta del quale Odessa è stata iscritta come sito del patrimonio mondiale, per fermare questo smantellamento intempestivo del patrimonio culturale di Odessa.

Le decisioni in merito devono essere rimandate fino a un momento più propizio, che speriamo arrivi presto dopo la guerra”.

(Ansa)