Scarti umani – Travaglio 19.11.24 (diario.world)
Scarti umani – Cavalli / Ruffolo 19.11.24 (diario.world)
Pyongyang ha da guadagnare dall’affare con Putin. Ma è anche un azzardo (ilfoglio.it)
Piccola posta
I soldati di Kim Jong-un inviati in Ucraina hanno un’età media equivalente sì e no alla metà di quella dei combattenti di Kyiv, e nessuna esperienza sul campo. Che succede se troppi di loro tornano a casa nei sacchi neri?
L’armistizio di Panmunjom, che mise fine ai tre anni di guerra di Corea, fu firmato nel luglio del 1953. Dunque, 71 anni fa. Le fotografie o i video copiosamente accessibili dalla Corea del nord, sia pure tutte ufficiali o passate attraverso il controllo statale, mostrano spesso attorno a Kim Jong-un militari in uniforme dal petto costellato di medaglie al valore.
Alcune giacche hanno un prolungamento di stoffa fino al ginocchio o usano direttamente i pantaloni per fare spazio alle medaglie in eccedenza. I veterani della guerra sono sulla novantina. Ma interi plotoni di ufficiali dall’aspetto giovanile sfilano metallizzati anche loro dalle decorazioni, e ci si chiede in quali imprese d’armi abbiano guadagnato la gloria.
“Il regime di Pyongyang da decenni fornisce armi al cosiddetto Asse della resistenza e adesso alla Russia… La Corea del nord è riuscita a sviluppare la tecnologia cyber, missilistica e nucleare che serve ai gruppi terroristici e ai paesi autoritari che vogliono sfidare l’ordine globale democratico” (Giulia Pompili).
Si calcola che metà delle munizioni di artiglieria russa contro l’Ucraina siano venute da Pyongyang. Kim Jong-un vanta “l’esercito più potente del mondo”: certo è almeno il terzo quanto al numero, largamente superiore al milione. Suoi soldati sono stati mandati in giro per il mondo delle guerre sporche, come in Siria, ma mai numerosi come ora al fronte ucraino, “più di diecimila”, al servizio della Russia di Putin.
La guerra all’Ucraina era già servita, con la banalizzazione della minaccia di impiego dell’atomica, a rafforzare enormemente la deterrenza nucleare cui il regime di Pyongyang è appeso, e a grattar via un po’ della patina di eccentricità pagliaccesca sotto la quale è cresciuto indisturbato.
Il primo Trump fu l’autore fallimentare dello sdoganamento di Kim, e oggi, dopo aver dichiarato in campagna elettorale che il leader nordcoreano “sentiva la sua mancanza”, dovrà vedersela con lui in una condizione molto più compromessa.
I soldati nordcoreani – spediti in Ucraina, pare, con qualche centinaio di ufficiali e un gruppetto di generali – hanno un’età media equivalente sì e no alla metà di quella dei combattenti ucraini, e, tolto l’affrettato addestramento russo, nessuna esperienza sul campo.
Benché appartenenti a truppe scelte, e probabilmente persuasi essi stessi di godere di un gran privilegio materiale e di “onore” (con le famiglie messe sotto sequestro per scoraggiare eventuali tentazioni a passare le linee), sono destinati secondo osservatori “esperti” a fare da carne da cannone.
Sapremo prestissimo se sia così. Intanto, una prima notizia l’ha fornita qualche giorno fa Gideon Rachman sul Financial Times: i giovani soldati nordcoreani, al loro primo incontro con la rete (internet è proibito, salve deroghe, in patria, e il contrabbando di video è arrischiato) sarebbero accanitamente dediti alla scoperta del porno.
La notizia è stata universalmente ripresa, compresa la coloritura piccante. E cretina: è difficile figurarsi un evento più serio dell’incontro fra giovani uomini e il mondo di fuori, fuori dall’incredibile isolamento realizzato dalla dinastia dei Kim, al di là di ogni immaginazione distopica.
Kim Jong-un ha molto da guadagnare dall’affare solennemente concluso con Vladimir Putin: in denaro, reputazione interna e intimidazione esterna (va moltiplicando le provocazioni contro Seul), e assistenza tecnologica negli armamenti. E forza contrattuale con Pechino. Il passaggio dalla fornitura di munizioni al trattato militare formale – una specie di articolo 5 russo-nordcoreano – e all’invio al fronte dei suoi uomini, avviene nel momento più favorevole all’Asse vagheggiato con Cina e Iran.
Ma è anche un azzardo. Le sorti della guerra sul campo non sono dette, e la possibilità che un gran numero di soldati nordcoreani tornino indietro nei sacchi neri, e che al contingente iniziale già ingente si debbano aggiungere rinforzi, nell’escalation che la Russia persegue aspettando la presidenza Trump, lascia immaginare che, per la prima volta, migliaia di giovani tornino nella Corea del nord avendo sperimentato che un altro mondo è possibile, ed esiste già.
Di là dalle trincee, e se non altro sui telefonini.
(ANSA)
Ecco come il nostro ministero degli Esteri sottovaluta la propaganda russa (linkiesta.it)
Il sonno della Farnesina
Andrea Lucidi e Vincenzo Lorusso, i due italiani che fanno da megafono alle bugie del Cremlino, operano illegalmente in un territorio ucraino occupato dai russi.
Il primo è stato più volte segnalato dagli ucraini a Tajani, ma Roma non ha mai mosso un dito. Ora Kyjiv e Bruxelles cominciano a muoversi al fine di svegliare il ministro dal torpore
In questa serie di articoli che nel corso di queste settimane vi abbiamo proposto c’è stata la puntuale analisi di azioni e di iniziative fuori dal quadro della legalità e delle disposizioni europee da parte di soggetti che agiscono, tramite committenti privati, per rilanciare la propaganda del Cremlino, e che passano sotto il silenzio delle istituzioni e del governo italiano.
Non siamo nel Regno Unito, dove il ministro degli Esteri David Lammy ha definito i tentativi di interferenze e di disinformazione come un’emergenza nazionale: siamo molto più semplicemente in Italia, patria del compromesso e dell’ignavia, terra quindi prospera per essere cassa di risonanza e ricettacolo di ogni genere di nefandezze.
Più volte abbiamo analizzato il caso di Andrea Lucidi e di Vincenzo Lorusso, i due “freelance” della propaganda putiniana in Italia, più volte abbiamo raccontato modalità di finanziamento e di azione nella sfera del dibattito pubblico italiano, ma se la loro missione lavorativa per conto terzi è nota, non è nota la modalità in cui avviene.
Secondo quanto appreso da fonti del Ministero dell’Interno ucraino, Lucidi e Lorusso si troverebbero in territorio ucraino occupato dall’esercito russo in modo irregolare, poiché non hanno nessun permesso del governo di Kyjiv che per il diritto internazionale ha la giurisdizione nelle aree del Donbas e del Luhansk.
Infatti, secondo il Regolamento dell’ingresso nel territorio della Repubblica d’Ucraina temporaneamente occupato (Decreto del Gabinetto dei Ministri dell’Ucraina N. 367 del 4 giugno 2015), ogni cittadino straniero che vive, lavora, e opera in suddetti territori deve essere autorizzato prima di entrare, e può permanere per un numero limitato di mesi.
Fra l’altro, il Regolamento prevede che l’ingresso dei cittadini stranieri e delle persone senza cittadinanza nel territorio ucraino temporaneamente occupato dai russi si svolga tramite punti di controllo. Le persone devono essere munite del passaporto valido e del permesso speciale, rilasciato dall’organo territoriale del Servizio Statale delle migrazioni.
Ovviamente Lucidi e Lorusso non hanno cittadinanza ucraina, e tanto meno visti o permessi di soggiorno, e quindi risiedono illegalmente nel Paese dove svolgono un’attività giornalistica che diffonde contenuti giustificazionisti della politica genocidaria del Cremlino.
La situazione di Lucidi è stata più volte segnalata dalle autorità ucraine al ministero degli Affari Esteri e allo stesso ministro Antonio Tajani, che a oggi – secondo quanto apprendiamo – non hanno intrapreso nessuna iniziativa significativa.
La diplomazia ucraina ha chiesto al ministero a più riprese, dopo il deposito di un’istruttoria accurata, di procedere con l’inserimento del propagandista nell’elenco dei sanzionati. La risposta è stata sorprendente: «L’Italia applica solo le sanzioni europee o internazionali».
Anche per questo motivo nel corso dei giorni scorsi è iniziato l’iter per includere Lucidi e Lorusso tra i sanzionati del governo ucraino, per poi trasmettere formale richiesta all’Alto Rappresentante designato della politica estera europea, Kaja Kallas, per rendere il provvedimento omogeneo in tutta Europa, anche in virtù del nuovo pacchetto di sanzioni approvato lo scorso ottobre dal Consiglio europeo che prevede per propagandisti e agenti stranieri il blocco dei beni e divieto di viaggi internazionali.