La giusta opposizione alla legge che lacera la memoria culturale di Odessa (ilfoglio.it)

di Adriano Sofri

Piccola posta

Il governo militare della regione ha ordinato la rimozione materiale di diciannove statue e monumenti e l’abolizione dello status di protezione per numerosi altri. Ecco l’appello a Zelensky affinché rinvii le intempestive decisioni

Una lettera aperta “urgente”, firmata da 115 persone, donne e uomini, personalità delle lettere, delle arti, delle scienze, “sostenitori dell’Ucraina, uniti dalla preoccupazione per il futuro del paese e per il patrimonio culturale di Odessa”, è stata indirizzata alla sig.ra Audrey Azoulay, direttrice generale, e agli altri responsabili internazionali dell’Unesco, “affinché chiedano al presidente Volodymyr Zelensky di rinviare le decisioni intempestive riguardanti il patrimonio culturale di Odessa fino alla fine della guerra, quando potranno aver luogo consultazioni pubbliche”.

Le mie lettrici e i miei lettori conoscono la questione. Invocando la nuova legge “Sulla condanna e il divieto della propaganda della politica imperiale russa in Ucraina e la decolonizzazione della toponomastica”, il governo militare della regione ha ordinato la rimozione materiale di diciannove statue e monumenti e l’abolizione dello status di protezione per numerosi altri. Ha inoltre ordinato la cancellazione e la sostituzione di molte decine di nomi di strade e di piazze.

Il decreto è venuto senza alcuna consultazione dei cittadini, che peraltro sarebbe difficile da immaginare – così come le elezioni – in città svuotate di gran parte dei propri residenti, e nella condizione strenua della guerra. Consultazioni informali, compresa quella indetta “privatamente” dal sindaco Trukhanov (“Si distrugge il dna di Odessa.

Si sta consegnando la gloria della città nelle mani di Putin”), e quelle promosse da cittadini su Telegram e altri social, hanno mostrato il dissenso largo e addolorato da misure che sfigurano Odessa e la sua storia aperta e cosmopolita. Nel dicembre del 2022, ancora il primo anno di guerra, riferendo lo smantellamento del monumento a Caterina II e ai quattro “fondatori” – un napoletano, due russi e un olandese – avevo avvertito che gli odessiti “non sono affezionati a una zarina, e in genere la sanno molto lunga sui delitti di zarine e piccoli padri.

Sono affezionati al mondo, ai suoi alberi, alle sue piazze. Sono affezionati a Odessa. E le cose che hanno visto, i più vecchi dei vecchi, dicono loro che si comincia da Caterina e si finisce a Isaak Babel’. Di nuovo”. Di Babel’, assassinato nel 1940 dai sicari di Stalin nel buio di una prigione moscovita, si vuole oggi nella sua Odessa la demolizione della statua eretta col contributo dei cittadini, e la cancellazione dell’intitolazione della strada. Il Babel’ dei Racconti di Odessa, dicono i consulenti della “decolonizzazione”, è responsabile di una mitologia gangsteristica che ha fatto il suo tempo.

Si finisce a Babel’, e oltre. “Rimossi i nomi di altri scrittori ebrei: Eduard Bagritsky, Mikhail Zhvanetsky e Ilya Il’f”. Tra i nomi rimossi, dice l’appello, figurano anche “coloro che si sono opposti e sono stati vittime dei regimi imperiali e sovietici russi.

E nomi come quelli dell’amministratore scozzese Thomas Cobley, che combatté la peste del 1812 a Odessa, del maresciallo Malinovsky, che difese la città dalle truppe naziste, del premio Nobel Ivan Bunin, che condannò il regime sovietico nei suoi libri, del candidato al premio Nobel Konstantin Paustovsky, che criticò la rivoluzione sovietica e non fu mai membro del Partito comunista…”.

“La guerra barbara della Russia contro l’Ucraina – dice l’appello – non mette in pericolo solo il Patrimonio mondiale ucraino dal rischio di annientamento immediato. Impone anche un trauma culturale che scatena ciò che Maria Böhmer, ex presidente del Comitato del patrimonio mondiale, aveva definito ‘pulizia culturale’, contro cui l’Unesco ha lottato in luoghi come la Siria, lo Yemen e l’Iraq.

Lo smantellamento arbitrario e autoritario del Patrimonio mondiale tangibile e intangibile di Odessa, inclusi monumenti che sono stati costruiti e appartengono alla sua comunità, non solo lacera il tessuto architettonico della città. Colpisce la memoria culturale di Odessa e la sua leggendaria identità come rifugio di libertà cosmopolita”.

Continua l’appello: “Concordiamo con lei sul fatto che ‘ciò che è essenziale – la lingua, i monumenti, l’architettura, il teatro, la musica, la memoria – deve essere difeso anche, e forse soprattutto, nei momenti più difficili della guerra’.

Pienamente consapevoli del trauma della guerra, crediamo che qualsiasi decisione riguardante il patrimonio culturale di Odessa debba essere ponderata attentamente attraverso un esame esperto, un dialogo ragionato e un vero dibattito pubblico. La guerra contro un invasore crudele, quando la difesa del paese è la priorità, ha necessariamente sospeso tutto questo, insieme alle elezioni.

Centinaia di cittadini hanno già presentato petizioni all’amministrazione regionale quest’estate, senza alcuna risposta. Ecco perché le chiediamo di fare un appello urgente al presidente Volodymyr Zelensky, su richiesta del quale Odessa è stata iscritta come sito del patrimonio mondiale, per fermare questo smantellamento intempestivo del patrimonio culturale di Odessa.

Le decisioni in merito devono essere rimandate fino a un momento più propizio, che speriamo arrivi presto dopo la guerra”.

(Ansa)

Paglia(ccio)rulo

Per chi non lo sapesse Gianfranco Pagliarulo è un 
ex senatore ed ex responsabile della Propaganda di 
Rifondazione Comunista, attualmente presidente 
dell'Anpi. 
Ruolo che fu del compianto Smuraglia, che partigiano lo era stato per davvero e che, alla stessa domanda sull’Ucraina, rispose senza esitazione: e come volete chiamarla, se non Resistenza?
Del resto, Pagliarulo fin dal 2014 si è schierato dalla parte dei repubblichini del Donbass e si è attaccato di continuo a tesi in gran parte antistoriche, cospirazioniste e revisioniste propagandate dalle fonti governative russe e da lui ripetute paro paro (almeno finché non è diventato presidente dell’Anpi, poi s’è dato una calmata).
Esemplari di una cultura politica anacronistica e revanscista ferma all’epoca della Dottrina Breznev, per gente come Pagliarulo l’Ucraina è colpevole, almeno fin dal 2014, di non voler rientrare nella sfera d’influenza di Mosca e di essersi data un governo autonomo, filo-occidentale e filo-atlantista, in poche parole rinnegando il passato e scegliendo il capitalismo.
Per i pagliaruli d’Italia in realtà la differenza non è la fornitura di armi pesanti o leggere, quella è una supercazzola. Ciò che fa la differenza per loro è che gli ucraini “nazisti e gay” non vogliono cedere ai tentativi di Putin di riportarli sulla retta via, e pertanto la loro lotta per resistere all’invasore non è vista come “resistenza” ma come ostinazione a non volersi arrendere, mentre la condotta della Russia viene considerata tutto sommato legittima e proporzionata.
In confronto Lavrov e Medvedev sono più equilibrati.
Nel merito, il contributo della Resistenza alla caduta del nazifascismo fu notevole ma non determinante, perché la sconfitta dell’Asse fu dovuta essenzialmente agli eserciti alleati. I numeri parlano chiaro: secondo i dati della stessa Anpi, su circa 25.000 partigiani i morti furono 6882. I caduti degli eserciti alleati per la liberazione dell’Italia furono 350.000, sepolti in 42 cimiteri sparsi per tutto il Paese.
Secondo gli storici, se i nostri partigiani non avessero ricevuto aiuti dagli Alleati e avessero dovuto fare tutto da soli, contando solo sulle armi residue del nostro esercito sgangherato e su quelle catturate ai tedeschi, sarebbe stata tutta un’altra storia.
La Resistenza italiana ha un valore incommensurabile non dal punto di vista militare ma soprattutto simbolico, di riscatto e redenzione morale di tutto un popolo. Gli italiani erano entrati in guerra per motivi abietti, dopo aver approvato le leggi razziali per compiacere gli alleati nazisti, fecero deportare migliaia di persone nei lager e si resero complici dello sterminio di 6 milioni di ebrei.
Con la lotta partigiana l’Italia rinnegò tutto questo e riabilitò il nostro Paese agli occhi del mondo, in quanto si schierò dalla parte giusta della Storia.
Eh sì, perché nonostante le sciocchezze degli “equidistanti”, esiste una parte giusta e una parte sbagliata. I partigiani per fortuna scelsero la parte giusta.