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Io, ex generale del Ros, dico: lo Stato non ha mai “protetto” Provenzano (ildubbio.news)

I rilievi di Giampaolo Ganzer alla sentenza 
d'appello sulla Trattativa, secondo cui la 
cattura del boss sarebbe slittata in virtù 
della sua linea "antistragista"

La motivazione del processo d’appello sulla cosiddetta “trattativa Stato- mafia”, pur riconoscendo che la finalità dei contatti intrapresi dagli ufficiali del Ros era del tutto legittima, in quanto volta alla cessazione delle stragi e alla tutela dell’incolumità per la collettività nazionale, censura la condotta degli stessi sostenendo che, per preservare una fazione di cosa nostra asseritamente più moderata rispetto alla linea stragista di Riina, avevano “discretamente” protetto la latitanza del vertice di questa componente, Bernardo Provenzano.

Ne consegue una suggestiva, ma non certo inedita rilettura in malam partem di vicende già oggetto del giudicato penale, sino ad affermare che le attività di ricerca del latitante, arresti di affiliati e favoreggiatori compresi, erano sempre state effettuate con la precisa riserva di evitarne comunque la cattura, che avrebbe pregiudicato lo scopo ultimo dell’operazione.

Se ciò fosse vero, si sarebbe trattato effettivamente di una raffinata operazione di intelligence e di un’ abilissima manipolazione dell’avversario, condotta sul piano della prevenzione, piuttosto che della polizia giudiziaria, ma – per quanto di diretta cognizione questa ricostruzione risulta totalmente difforme dalla realtà storica, prima ancora che processuale.

L’ impegno più dispendioso e incondizionato di risorse umane, tecnologiche ed economiche del Ros, fu infatti la ricerca di Bernardo Provenzano, iniziata poco dopo l’arresto di Riina e proseguita sino alla sua cattura, per oltre un decennio. Giova peraltro ricordare, come sottolineato nella mia mai contestata testimonianza avanti la Corte d’assise di Palermo, che sino alla spontanea costituzione di Salvatore Cangemi nel luglio 1993, non solo sul Provenzano non vi erano notizie, ma era addirittura diffuso tra gli addetti ai lavori il convincimento di una sua scomparsa.

Lo stesso gruppo investigativo che aveva catturato Riina, potenziato nel tempo in uomini e mezzi, avviò pertanto la ricerca, condotta sul campo esclusivamente con le tradizionali tecniche investigative e con tutte le difficoltà che questo comportava in aree ad alta densità mafiosa, dove ogni presenza è oggetto di controllo della controparte.

E in particolare, rispondendo ad una domanda del Presidente della Corte, avevo ribadito che questa linea non era mai mutata, semplicemente perché la ricerca del principale latitante di cosa nostra dopo Riina, era il prioritario obiettivo del Ros. Nella citata testimonianza avevo anche ricordato come, in relazione alla vicenda Ilardo e alla riesumata “mancata cattura di Provenzano a Mezzojuso”, avessi personalmente sottolineato al tenente colonnello Riccio che l’ Ilardo, dopo il suo incontro con i Magistrati di Palermo e Caltanissetta, doveva essere considerato a tutti gli effetti un collaboratore di giustizia e non doveva pertanto rientrare in Sicilia.

Lo stesso Riccio, che aveva a suo tempo precluso qualsiasi servizio di pedinamento in occasione del preannunciato incontro con il latitante ( asserendo che ciò sarebbe stato troppo pericoloso e che l’opportunità si sarebbe presto ripresentata senza il timore di controlli sulla fonte), all’insaputa del Comando Ros aveva invece disatteso, con tragiche conseguenze, l’elementare misura di sicurezza.

Del resto, il ten. col. Riccio aveva instaurato con l’informatore, affidatogli a suo tempo dalla Direzione della Dia, un rapporto esclusivo, tanto da trattenerne la gestione anche dopo la sua repentina restituzione all’Arma; conseguentemente, ne manteneva pure in via esclusiva l’ impiego e la responsabilità … leggi tutto

(Rock Staar)

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