di Francesco Campo, Sara Giunti e Mariapia Mendola
Alcuni settori cruciali della nostra economia oggi sarebbero paralizzati senza la forza lavoro straniera. Spesso sono però anche quelli dove più è presente il sommerso. Per garantire tutele e diritti, il governo dovrebbe pensare a una regolarizzazione.
Lavoratori essenziali e non
Il governo italiano ha adottato una serie crescente di misure per far fronte al rischio sanitario dovuto all’epidemia da Covid-19. Dopo le prime restrizioni parziali, la stretta finale arriva l’11 marzo con la chiusura di tutte le attività produttive, tranne quelle considerate “essenziali”, che includono in larga parte la filiera agroalimentare, il lavoro domestico e di cura e la logistica. La definizione dei settori essenziali è resa ancora più restrittiva dai successivi decreti del 22 e 25 marzo.
Le misure hanno momentaneamente fatto risaltare la “divisione” fra lavoratori essenziali, obbligati a continuare la propria attività anche in condizioni di rischio, e il resto della popolazione che è messa nelle condizioni di rispettare il decreto del governo “Io resto a casa”. Alcune aziende (poche) hanno deciso di riconoscere il ruolo “essenziale” dei propri lavoratori con incentivi monetari, mentre i lavoratori stessi hanno chiesto (come minimo) di essere messi in condizioni di lavorare in sicurezza.
Se si analizza la distribuzione per età e per genere dei “lavoratori essenziali”, si riscontra una prevalenza di dipendenti più giovani nelle attività non essenziali e una maggiore concentrazione di donne in quelle essenziali … leggi tutto