Il tracollo prevedibile

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La stupefacente avanzata delle truppe ucraine 
di fronte a quella che appare,

in queste ore, come un’autentica débâcle dell’esercito russo costituisce, al tempo stesso, un monito, una lezione e una conferma.

La stupefacente avanzata delle truppe ucraine di fronte a quella che appare, in queste ore, come un’autentica débâcle dell’esercito russo costituisce, al tempo stesso, un monito, una lezione e una conferma.

Il monito è rivolto a tutti quegli intellettuali da società dello spettacolo e da talk show, in larga parte cattedratici non specialisti del tema che, per mesi, hanno pontificato, non dalle cattedre ma dagli sgabelli tv, che Putin avrebbe in poche settimane, o addirittura in pochi giorni, «sventrato» gli ucraini. Ragion per cui non valeva la pena essi si difendessero e ancor meno che i governi occidentali li aiutassero.

Giovani e canuti, ex comunisti, ex fascisti, ex tutto, volevano convincere le ignare masse televisive che il «realismo», una dottrina nobile, equivalesse a vigliaccheria, pusillanimità, fuga di fronte al più forte e al prepotente.

Se le tesi di questi ennesimi protagonisti della trahison des clercs, il tradimento degli intellettuali, avessero prevalso, oggi a Kiev siederebbe un governo fantoccio e Putin starebbe minacciando i Paesi baltici e la Polonia. Il monito è rivolto, più che a loro che, siamo certi, non provano vergogna, a chi ha regalato a questi intellettuali ampie platee televisive, in nome della «libertà», quando le loro parole coincidevano con la propaganda russa.

La lezione è invece quella al giornalismo un po’ pigro delle nostre terre. Su queste colonne, e in controtendenza rispetto a tutta la stampa nazionale, diverse firme hanno fatto notare come la recrudescenza di Putin nella battaglia del gas fosse una conseguenza non di forza ma di debolezza.

Proprio perché Putin sta, al momento, perdendo la guerra, utilizza tutte le armi possibili a sua disposizione per far crollare il fronte occidentale: quindi cercando di far mancare il gas, ricattando, premendo sui Paesi considerati più deboli, muovendo i cavalli di Troia nella Ue come Orbán e, diciamolo, profittando pure della mancanza di carattere della leadership tedesca di Scholz – evidentemente l’aver fatto parte della Gazprom Linke, come sono chiamati i socialisti tedeschi, continua a pesare.

La fragilità russa si traduce anche nell’intensificarsi della guerra propagandistica contro le sanzioni che, dicono da Mosca «fanno più male a voi che a noi». Con leader politici italiani che ripetono pari pari queste parole. E invece sbagliano. Perché l’avanzata ucraina è una conferma, quella che la formula magica si racchiude in un acronimo: SAV. Sanzioni, armi e valori. Affamare la Russia, continuare a inviare armi a Kiev, difendere ogni giorno i valori occidentali, cioè libertà, giustizia e verità.

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