«C’erano le camionette dei tedeschi in fuga. Le ho viste da distante, ferma sul Col di Sanfor mentre scendevo a Belluno da Castion. In quel momento ho capito che era finita per davvero e potevamo tornare a vivere».
Per anni il mio 25 aprile è cominciato con queste parole, di primo mattino. La condivisione di ben altra liberazione. Quella vera. Quella del 1945. Parole pronunciate senza riuscire a mascherare del tutto l’emozione. Del resto, anche a distanza di oltre settant’anni il ricordo è ancora vivo. Come il fuoco che cova sotto la cenere.
Angelina Dal Pont, staffetta partigiana. Nome di battaglia Novella. Perché a dirla tutta, era davvero una novellina: piccola di statura, 22 anni da compiere nell’aprile del ’45. Ma con quel coraggio che ti infonde solo la guerra, la lotta contro la dittatura fascista e contro un invasore straniero «bastardo». Così lo ha sempre chiamato Angelina.
E «bastardo» lo era per davvero, per lei. Perché le aveva quasi strappato un fratello, anche lui partigiano, salvatosi miracolosamente dall’eccidio del Ponte di San Felice (alle porte di Sedico, dove in un agguato furono ammazzati 11 ragazzi bellunesi). Perché a 20 anni devi dare un volto malvagio al tuo nemico. Per forza. Quantomeno per farti coraggio … leggi tutto