Personalizza le preferenze di consenso

Utilizziamo i cookie per aiutarti a navigare in maniera efficiente e a svolgere determinate funzioni. Troverai informazioni dettagliate su tutti i cookie sotto ogni categoria di consensi sottostanti. I cookie categorizzatati come “Necessari” vengono memorizzati sul tuo browser in quanto essenziali per consentire le funzionalità di base del sito.... 

Sempre attivi

I cookie necessari sono fondamentali per le funzioni di base del sito Web e il sito Web non funzionerà nel modo previsto senza di essi. Questi cookie non memorizzano dati identificativi personali.

Nessun cookie da visualizzare.

I cookie funzionali aiutano a svolgere determinate funzionalità come la condivisione del contenuto del sito Web su piattaforme di social media, la raccolta di feedback e altre funzionalità di terze parti.

Nessun cookie da visualizzare.

I cookie analitici vengono utilizzati per comprendere come i visitatori interagiscono con il sito Web. Questi cookie aiutano a fornire informazioni sulle metriche di numero di visitatori, frequenza di rimbalzo, fonte di traffico, ecc.

Nessun cookie da visualizzare.

I cookie per le prestazioni vengono utilizzati per comprendere e analizzare gli indici di prestazione chiave del sito Web che aiutano a fornire ai visitatori un'esperienza utente migliore.

Nessun cookie da visualizzare.

I cookie pubblicitari vengono utilizzati per fornire ai visitatori annunci pubblicitari personalizzati in base alle pagine visitate in precedenza e per analizzare l'efficacia della campagna pubblicitaria.

Nessun cookie da visualizzare.

Elezioni in Brasile: perché la sfida Bolsonaro Lula è anche affar nostro (corriere.it)

di Francesco Battistini e Milena Gabanelli

Lo chiamano il Paese verde-oro, dai colori 
della bandiera. 

E in effetti in pochi altri luoghi al mondo la difesa del verde vale quanto l’oro. Perché il 60 per cento dell’Amazzonia si trova in Brasile. La più grande foresta pluviale della Terra custodisce il 20 per cento delle acque dolci e il 70 per cento della biodiversità di tutto il nostro Pianeta. Immagazzina 123 miliardi di tonnellate di carbonio. E di tutte le specie d’alberi presenti in natura, più d’un quinto cresce qui. Preservare il Brasile è una questione d’equilibrio della Terra. Dunque è un affare anche nostro sapere chi governerà questo immenso polmone verde.

Bolsonaro contro Lula

Il 2 ottobre si vota: 156 milioni di brasiliani sceglieranno il loro trentanovesimo presidente. Dal 1988, quando finì il ventennio della dittatura militare, è la nona volta. Ma in un Paese che pure ha vissuto una storia fatta di golpe e d’impeachment presidenziali, non s’era mai visto uno scontro così duro fra i due principali candidati: il presidente uscente Jair Bolsonaro, di destra, che alcuni sondaggi danno al 38, contro l’ex presidente di sinistra Luiz Inàcio Lula de Silva, semplicemente Lula, al 51. Per vincere serve il 50 per cento più uno dei voti, ma in corsa ci sono anche un candidato laburista accreditato al 5 per cento e un conservatore, al 3. L’eventuale ballottaggio è fissato al 30 ottobre.

Due visioni del mondo

Bolsonaro, 67 anni, tre matrimoni e cinque figli – uno dei quali è stato il parlamentare più votato nella storia del Brasile – è un ex capitano dell’esercito che elogia i bei tempi della giunta dei generali e ha nominato ministri otto militari. Lula è un ex sindacalista che al governo portò pure qualche nostalgico della rivoluzione russa.

Dai diritti Lgbt all’uso delle armi, dall’assistenza sociale alla tortura, i due sono divisi su tutto. Lula rinfaccia a Bolsonaro, che s’è dichiarato no-vax e negazionista, d’avere causato oltre 660 mila morti di Covid con le sue «scelte genocide». Bolsonaro accusa Lula, finito in carcere per una storia di tangenti, di nepotismo e d’avere guidato «il governo più corrotto della storia brasiliana». È così da anni. Ma stavolta c’è un tema più urgente d’altri, su cui si gioca la sfida: la difesa dell’ambiente.

Cancellati 3,7 milioni di ettari di foresta

Bolsonaro durante un comizio, nella campagna elettorale del 2018, fu accoltellato e rischiò di morire. Nei suoi quattro anni di presidenza s’è battuto per i tagli delle tasse, per le privatizzazioni delle imprese di Stato, per la liberalizzazione dei servizi sociali. Molto vicino ai superconservatori americani, ha fatto capire che in caso di sconfitta è pronto a denunciare i brogli con una «marcia su Brasilia» simile all’assalto al Campidoglio di Washington, quello di chi contestava l’elezione di Biden.

All’inizio della guerra in Ucraina s’è schierato con Putin ed è tutt’ora contro le sanzioni alla Russia, è amico dell’ungherese Orban. In Italia il 1 novembre 2021 ha ricevuto la cittadinanza onoraria dalla giunta leghista di Anguillara Veneta per via delle sue lontane discendenze padovane.

È soprannominato «il Trump dei tropici» e le sue posizioni spiegano il perché: in soli quattro anni da presidente, Bolsonaro ha cancellato 3,725 milioni di ettari d’Amazzonia, lo 0,7 dell’intera superficie. L’anno scorso, il peggiore, è sparita una parte di foresta grande tredici volte New York. E dalle foto satellitari dell’Istituto nazionale di ricerca spaziale risulta che nell’ultimo decennio la deforestazione è aumentata del 75 per cento, mentre gli incendi, sia di origine dolosa che innescati dal cambiamento climatico, in questi nove mesi del 2022 sono stati di più che in tutto il 2021.

«Un errore non sterminare gli indios»

Il presidente uscente s’è sempre schierato contro i 200 gruppi indigeni della foresta – una volta ha detto che fu un grave errore non averli sterminati come gli indiani d’America – e ha mantenuto la sua promessa di «non concedere loro nemmeno un centimetro di terra». Adesso in Amazzonia prosperano trafficanti di droga, minatori illegali, allevamenti selvaggi, caccia senza controllo. L’ong Earthsight ha denunciato come le due più grandi aziende brasiliane che esportano soia nell’Unione europea, la Bunge e la Cargill, facciano affari su immense aree disboscate che fino a cinquant’anni fa appartenevano agli indigeni Guarani Kaiowa.

Nel 2010, i giudici brasiliani hanno stabilito il diritto dei Kaiowa di tornare nelle loro terre, ma il governo non ha mai applicato la sentenza. Bolsonaro è contrario agli accordi di Parigi per ridurre il riscaldamento globale, ha abolito il ministero dell’Ambiente, vorrebbe rivedere l’articolo 231 della Costituzione che riconosce i diritti degli indios, non vuole vincoli per chi costruisce centrali idroelettriche sui fiumi amazzonici o sfrutta le miniere in aree protette, sogna un’autostrada che attraversi l’Amazzonia … leggi tutto

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *