«Meglio una faziosità limpida ed esibita di una subdola terzietà» è il motto del direttore del tg2,
il quale dopo aver seguito tutte le campagne sovraniste ora andrà al governo
Un autore di biografie è andato al ministero della Cultura nel governo più a destra della storia d’Italia. Ma non Giordano Bruno Guerri, il biografo di tanti personaggi del fascismo, ma anche del cattolico del dissenso Ernesto Buonaiuti, di Santa Maria Goretti in una chiave che fece arrabbiare la Chiesa, di un Gabriele D’Annunzio letto in chiave libertaria, e soprattutto con idee a proposito di religione e morale piuttosto in linea col personaggio storico di cui gli hanno dato il nome.
Sarebbe stato un perfetto bilanciamento del cattolicesimo ultratradizionalista dell’«inpiegato» diventato presidente della Camera; ma sarebbe stato troppo per le caratteristiche della nuova maggioranza.
Così hanno preferito un altro biografo, Gennaro Sangiuliano, oggi direttore del tg2 e biografo, anzi agiografo, di Vladimir Putin. La cosa, in questo momento, fa ovviamente una sua impressione. Specie con il leader di uno dei partiti di maggioranza che si scambia con l’invasore dell’Ucraina vodka contro lambrusco, insiste di essere uno dei suoi migliori amici, e spiega che la sua unica colpa è stata quella di aver voluto sostituire un personaggio su cui «è meglio non dire niente» come Zelensky con «persone perbene». E con un altro partito della maggioranza che mantiene un rapporto di alleanza e «scambio di informazioni» con il partito di Putin.
In realtà, va subito ricordato, Gennaro Sangiuliano non ha fatto solo la biografia di Putin. «Le biografie dei personaggi contemporanei ci aiutano a capire i grandi fatti del mondo» ha spiegato, e lui ha scritto anche quelle di Hillary Clinton, Trump, Xi Jinping e Reagan, oltre a quella di Giuseppe Prezzolini. E il suo ritratto del leader cinese, ad esempio, è durissimo. Dedica molte pagine ai tratti autoritari del suo regime, e indicative sono ad esempio quelle sul caso Bo Xilai, il capitolo sulla persecuzione degli editori, o il racconto della protesta di Hong Kong.
Scritto subito prima che la Cina di Xi esportasse nel mondo il Covid, il libro ricordava anche come le celebrazioni per i 70 anni della Repubblica Popolare fossero state uno sfoggio di potenza militare, e la strategia della Via della Seta apparisse sempre più come un progetto espansionista di fronte al quale il libro consiglia di fare estrema attenzione. L’opera gli valse nel 2020 il Gran Premio Internazionale «Casinò di Sanremo 1905»: uno dei ben 18 premi ricevuti da questo giornalista nato il 6 giugno 1962. A Napoli, come suggerirebbe da subito il nome.
Fu un indubbio prezzo di bravura, perché costruito con le sole scarne notizie che, nel tempo, gli apparati ufficiali di Pechino hanno fatto filtrare. Però, è la sua idea, la biografia «può essere definita con sufficiente chiarezza unendo i punti di un’immaginaria mappa». Sangiuliano ha così dedicato molto spazio al contesto, ricostruendo un’ampia storia della Cina del Novecento. Ma è riuscito a trovare anche più di quel tipo di aneddoti in apparenza minori ma che, come insegnava già Plutarco, aiutano a decifrare un personaggio.
Quattordicesimo dei 18 volumi da lui firmati, Putin. Vita di uno zar, è però il primo dei cinque profili di protagonisti della Storia di oggi, e viene nel 2015 l’anno dopo un Quarto Reich, come la Germania ha sottomesso l’Europa il cui titolo già basta a rappresenta0re un eloquente manifesto sovranista. Maturità Classica all’Adolfo Pansini di Napoli, laurea in Giurisprudenza alla Federico II, master in Diritto privato europeo presso la Sapienza e cum laude il dottorato di ricerca in Diritto ed Economia ancora presso la Federico II, Sangiuliano ha anche un profilo di professore: docente esterno a contratto di Diritto dell’informazione presso la Lumsa e di Economia degli intermediari finanziari alla Sapienza; titolare del corso di Storia dell’economia e dell’impresa alla Luiss; direttore della scuola di Giornalismo dell’Università degli Studi di Salerno; docente del Master in Giornalismo e Comunicazione della Università telematica “Pegaso”.
È anche un giornalista di lunghissimo corso. Direttore dal 1996 al 2001 del Roma, capo della redazione romana e poi vicedirettore di Libero, dal 2003 inviato Rai anche in Bosnia, Kosovo e Afghanistan, dal 2009 vice direttore del Tg1, dopo la vittoria del Partito delle libertà, dal 31 dicembre 2018 direttore del Tg2 dell’era giallo-verde, Sangiuliano ha ad esempio collaborato anche con L’Espresso, con il Sole-24 ore e con Il Foglio. Insomma, è stato capace di farsi apprezzare da varie parti.
Ma le sue origini sono sicuramente a destra. Giovanissimo nel Fronte della Gioventù, tra 1983 e 1987 fu consigliere circoscrizionale del Movimento sociale italiano, e sulla libreria dello studio di casa ha una foto insieme a Giorgio Almirante, mentre sul suo account Twitter esibisce Francesco Baracca, la Divina Commedia, i tramonti su Paestum, la tomba di Leonardo Da Vinci, Giuseppe Mazzini. Nelle interviste cita Heidegger, Dostoevskij, Pirandello, Prezzolini, Spengler, Confucio, ma anche Bobbio e Weber.
Fu poi attivo in giornali considerati vicini all’allora leader dei Pli napoletano Francesco De Lorenzo, mediatico ministro della Sanità poi travolto da Tangentopoli. Ma il Roma di Giuseppe Tatarella segna poi un sicuro rientro nell’alveolo di An, e nel 2001 è pure candidato alla Camera per la Casa delle Libertà nel collegio Chiaia-Vomero-Posillipo. Non eletto. Nel 2010 al Tg1 è regista dei servizi sulla casa di Montecarlo, con cui Gianfranco Fini mè screditato dopo la rottura con Berlusconi. «Quale occasione migliore per far vedere a tutto l’ambiente politico che le vesti da finiano erano state stracciate per indossare quelle del gasparriano doc?», commenterà un ritratto a lui dedicato.
E poi arriva appunto a Putin. Il profilo che ne fa è largamente simpatetico, anche se con un minimo di circospezione. «Vladimir Vladimirovič Putin è un protagonista chiave del nostro tempo, di quelli che, nel bene e nel male, saranno ricordati per aver segnato un’epoca della politica internazionale».
Certo, «un personaggio enigmatico e complesso, spesso criticabile per manifestazioni di autocrazia, la cui vicenda, mai narrata compiutamente, appare degna di un romanzo di John Le Carré, dove fitti misteri si fondono con elementi d’introspezione psicologica».
Ma, secondo lui, «la narrazione giornalistica del leader russo ha spesso risentito di stereotipi, di valutazioni superficiali, prive di riscontri sul piano storiografico. Il personaggio Putin, invece, non può essere disgiunto dalla storia passata e recente della Russia, dai settant’anni di comunismo sovietico, dalla caotica fase di dissoluzione dell’Impero, dai gravi pericoli che lo sfaldamento dello Stato genererà con il riemergere di antichi nazionalismi etnici» … leggi tutto