La politica sudamericana ha regole e schieramenti tutti suoi, distanti da quelli europei.
Chi prova a leggere i risultati elettorali con gli occhi del nostro continente non può che incorrere in analisi grossolane, quindi erronee. In Brasile stanotte ha vinto Lula, la sinistra mondiale esulta. Ma bisogna andarci cauti, così come era utile fare con Bolsonaro, e prestare attenzione alle proposte di policy prima che al posizionamento geografico. La politica estera, che in questi mesi è il fulcro del dibattito pubblico mondiale a causa della guerra in Ucraina, è un punto che non si può ignorare.
Dall’ingresso nei BRICS alle congratulazioni di Putin
In molti hanno criticato, a ragione, il legame troppo stretto tra Bolsonaro e Putin. Peccato che Lula non sia stato da meno. Tanto è vero che la paternità dell’ingresso del Brasile nel gruppo dei BRICS è proprio sua. Vale la pena ricordare che ne fanno parte anche Cina, Russia, India e Sudafrica e ha l’obiettivo di superare i Paesi occidentali in termini di prosperità economica, ma anche di creare un nuovo ordine mondiale che soppianti l’Occidente. Non proprio una prospettiva amichevole, nemmeno per i progressisti nostrani.
Non è un caso che dal Cremlino siano arrivate in queste ore le congratulazioni nei confronti del neoeletto Lula. “Accetta le mie sincere congratulazioni. I risultati delle elezioni hanno confermato la tua grande autorità politica. Spero che, facendo sforzi congiunti, garantiremo l’ulteriore sviluppo della cooperazione russo-brasiliana costruttiva in tutti i settori”, ha affermato Putin in un telegramma.
L’intervista al TIME di Lula
A maggio, all’inizio della campagna elettorale, Lula ha rilasciato una lunghissima intervista al TIME. Le dichiarazioni sulla guerra erano considerate da quasi tutti assurde, illiberali nel senso più viscerale del termine. Oggi, invece, rileggere quelle parole lascia un retrogusto amaro, perché sono le posizioni tutti coloro che parteggiano per la resa dell’Ucraina nelle piazze arcobaleno della sinistra e nelle segrete stanze parlamentari della destra.
Lula: “Putin non doveva invadere, ma la colpa è di Zelensky”
“Putin non avrebbe dovuto invadere l’Ucraina. Ma non è solo Putin ad essere colpevole. Anche gli Stati Uniti e l’UE sono colpevoli. Qual è stato il motivo dell’invasione dell’Ucraina?”, si chiese Lula che si è dato anche una risposta: “la richiesta di ingresso dell’Ucraina nella Nato e nell’UE”. Certo, facile. Era meglio rimanere alla mercé di un dittatore che minacciava l’invasione e accalcava le truppe al confine. “Biden avrebbe potuto evitare la guerra, non incitarla”. Perché la priorità del Presidente degli USA, già alle prese con difficoltà interne, era proprio questa, a sentire Putin. E Lula.
Lula: “Trattative? Gli occidentali non voglio la pace”
Un altro leit-motiv del lulismo versione 2022, ma anche del pacifintismo nostrano, è il richiamo alle trattative di pace. Secondo il neopresidente non l’hanno cercate. A maggio. Più di qualcuno si ricorderà che Macron telefonava ogni giorno a Putin all’inizio della guerra, che la Turchia ospitava dei vertici ogni settimana e che Putin ha bombardato Kiev quando il segretario generale dell’Onu, António Guterres, era a colloquio con Zelensky.
“Avrebbero potuto sedersi a un tavolo delle trattative per 10, 15, 20 giorni, un mese intero- spiegò Lula – cercando di trovare una soluzione. Penso che il dialogo funzioni solo quando viene preso sul serio”. Intanto Putin è tornato indietro persino nell’accordo sul grano, ha deportato bambini e ha fatto stragi indicibili. Nulla indica che si voglia fermare ed è chiaro che la sua unica condizione sia la resa dell’Ucraina. Com’è possibile trattare a queste condizioni?
Il Presidente del Brasile: “Zelensky è responsabile quanto Putin, voleva la guerra”
“Guardo il Presidente dell’Ucraina parlare in televisione, ricevere applausi, ricevere una standing ovation da tutti i parlamenti. Questo ragazzo è responsabile quanto Putin della guerra. Perché in guerra non c’è un solo colpevole”, attaccò il leader del Partito dei Lavoratori.
“Il suo comportamento è un po’ strano. Sembra che faccia parte dello spettacolo. È in televisione mattina, mezzogiorno e sera. È nel parlamento del Regno Unito, del parlamento tedesco, del parlamento francese, del parlamento italiano, come se stesse conducendo una campagna politica. Dovrebbe essere al tavolo delle trattative. Voleva la guerra. Se non avesse voluto la guerra- continuò Lula – avrebbe negoziato un po’ di più. Questo è tutto. Ho criticato Putin quando ero a Città del Messico (a marzo n.d.r), dicendo che è stato un errore invadere. Ma non credo che qualcuno stia cercando di aiutare a creare la pace. Le persone stanno stimolando l’odio contro Putin. Questo non risolverà le cose!”.
Difficile commentare queste parole. Ha fomentato l’odio contro Zelensky mentre cercava di raccogliere solidarietà internazionale, ma ha condannato l’odio contro Putin che sta commettendo un genocidio. Si è posto in una condizione di equidistanza tra oppressi e oppressori, pratica poco marxista a dire il vero, e ha ribadito una serie di fake news, come nel corso di tutta l’intervista.
È doveroso ricordare queste posizioni di Lula, non per riabilitare Bolsonaro ma per ribadire che la politica internazionale non può essere ridotta a tifo da stadio. Anche perché, altrimenti, quando le questioni sono serie come la guerra in Ucraina si rischia di cadere in enormi contraddizioni.