di Guia Soncini
Le migliori menti
Mezza classe dirigente italiana, come buona parte del paese, non distingue i provvedimenti del governo da una parodia, o un fascista da un cialtrone. Eppure vogliono spiegarci il mondo
Non ho niente contro gli imbecilli: ho molti amici imbecilli. Imbecilli che passano per intelligenti, oltretutto, giacché il livello medio è quello che è, e se hai una laurea il pubblico pensa tu sia colto (lo pensava anche mia nonna, ma mia nonna aveva un altare di padre Pio di fianco al letto: non si dava un tono come facciamo noialtri oggi).
Non ho niente neanche contro Amici miei; la trovo un’ottima commedia, che soffre del problema di ricezione di cui soffre ormai ogni prodotto: gli imbecilli istruiti scambiano ogni protagonista di parabola satirica, dal conte Mascetti a Carrie Bradshaw, per un modello comportamentale.
Quindi, la premessa del disastro di ieri è che il pasciuto occidente del ventunesimo secolo è popolato da individui a malapena alfabetizzati cui la società ha dato ruoli intellettuali (giacché ci sono più posti da riempire che persone valide con cui riempirli, che è la ragione per cui non esistono geni incompresi né meritevoli che non hanno avuto possibilità).
E questi individui adulti, che un qualche dio inesistente mi aiuti a scriverlo senza che mi parta un embolo, fanno gli scherzi. Non fanno gli scherzi vergognandosi di sé stessi e del proprio infantilismo senile, sentendosi il Fausto Bertinotti imitato da Corrado Guzzanti, no: fanno gli scherzi e li chiamano «esperimenti sociologici». (Dei danni delle facoltà umanistiche parliamo un’altra volta). Fanno gli scherzi e se chiedi «ma sei scemo?» trasecolano: ma come, ridevi sempre al cinema, quando schiaffeggiavano i passeggeri del treno.
Quindi ieri mattina un tizio – che non conosco ma che è intellettualmente in media coi miei amici e infatti scrive su questo giornale – fabbrica un testo di comma da apporre al decreto legge sui rave; abbastanza finto da non essere credibile neanche presso un ripetente di seconda media. Le migliori menti della mia generazione ci cascano, e l’articolo potrebbe finire qui: col nostro essere la più scema generazione di tutti i tempi (fino alla prossima, cioè quella allevata dalla mia).
Ma invece mi voglio concentrare sul dopo. Prima vi ricopio il testo del falso. Diceva così: «La norma si applica esclusivamente ai raduni con finalità ludico-ricreative, aventi ad oggetto la fruizione di musica non autoctona e il consumo di sostanze psicotrope di cui al DPR 309/1990».
Si chiederanno i miei piccoli lettori: hai amici con un disturbo dell’apprendimento? Quale persona adulta in grado di intendere e di volere può credere a «musica autoctona»? Forse qualcuno nella chat di Morgan e Sgarbi, che sembra un esperimento situazionista molto spesso ma specialmente quando Amedeo Minghi interviene a gioire dell’ipotesi che le radio debbano per legge trasmettere il cinquanta per cento di musica italiana (chi sta per rispondere «come i francesi» è pregato di ricordarsi che i francesi hanno fatto la rivoluzione, noialtri al massimo abbiamo fatto il Festivalbar).
E invece là fuori – fuori dalle chat situazioniste, fuori dal nido del cuculo, fuori dal raggio d’azione degli insegnanti di sostegno – è un pieno di gente che ci ha creduto. È un pieno di gente che abbocca come l’ultimo scemo a qualunque finzione malfatta (e poi ciancia di fake news, urla al pericolo della disinformazione, stigmatizza Elon Musk che linka giornali non attendibili). Ve ne ricorderete: un attimo fa avevano creduto che un comiziante che invocava per l’occidente figli e non animali stesse dando ai bambini non europei degli animali; anche l’ultima delle cretine intuiva che si riferisse all’usanza di prendersi un cane invece di figliare, ma loro no.
L’ultima delle cretine – cioè io – l’aveva capito perché è dotata di logica e quella del cane era l’interpretazione da rasoio di Occam di quella frase: quasi sempre a essere vera è la spiegazione più plausibile, non quella che ti permette con più agio d’indignarti. Gli scemi medi non se n’erano accorti perché, dice, il filmato era tagliato; e non è che la loro urgente indignazione potesse aspettare di verificare il filmato intero: è Elon Musk che deve verificare l’attendibilità dei link, mica loro.
Ma non è neanche di questo che voglio disperarmi (oggi sono particolarmente lenta nell’arrivare al punto). È del momento in cui il Bertinotti con velleità da conte Mascetti dice che era tutto finto. E tutti – lui stesso, i miei amici imbecilli, mezza classe dirigente italiana fessa come e più dei miei amici – mica dicono: che boccalone che sono, scusate. Macché.
Dicono, e lo dicono seriamente: ecco, è l’ennesima prova che questa destra è talmente assurda e ottusa e impresentabile che tutto diventa credibile. No, coglione: è la prova che tu non sarai in grado di smuovere questa destra dal potere né ora né tra un secolo perché non distingui una parodia sciatta da un testo di legge, un fascista da un cialtrone, una laurea da una cultura, un’occupazione da adulto dallo stare sui social a cercare ogni minuto nuovi pretesti per dirci che tu sì stai dalla parte giusta.
Vi è sembrato credibile che fossero consentiti i rave se fatti con la musica degli Articolo 31 invece che dei Placebo: non vi sembra una ragione sufficiente per tacere per un pochino? Per sostituire la vocazione di commentatori culturali e politici con quella di pittori di acquarelli, o almeno per vergognarvi in silenzio per non dico mesi ma almeno ore? No, ora ci spiegate il mondo un altro po’, e in quell’altro po’ c’è: eh, signora maestra, non sono io che sono asino, è che il compito era troppissimo difficilissimo.