Dopo Kherson
Le hanno sbagliate tutte, sempre nella stessa direzione (quella della propaganda russa), ma non si ritirano mai. Anzi, continuano a essere invitati, intervistati e interpellati come oracoli. Per quale ragione?
Da febbraio a oggi un gran numero di esperti, quotidianamente ospitati da giornali e tv, ci ha spiegato, sempre con inflessibile perentorietà, come sarebbero andate le cose a loro giudizio.
Generali, filosofi, sociologi, politologi e geopolitologi delle più diverse provenienze ci hanno assicurato, nell’ordine, prima che i ripetuti allarmi lanciati dagli Stati Uniti sull’imminente invasione russa erano pura propaganda (perché Mosca non avrebbe mai attaccato l’Ucraina), poi che la Russia avrebbe conquistato l’intero Paese in poche settimane (e dunque la resistenza era un sacrificio del tutto inutile), infine che la controffensiva di Kyjiv non aveva alcuna possibilità di cambiare gli equilibri (perché i russi non avrebbero mai lasciato il terreno conquistato), e qualcuno addirittura che era già fallita, in particolare proprio nella regione di Kherson, anche se i grandi giornali – i «giornaloni» e i «media mainstream», per usare il loro atroce lessico – non ce lo dicevano.
E infine, sempre lo stesso qualcuno di prima, che a Kherson sarebbe stato un «bagno di sangue» perché «i russi intendono combattere per mantenerla».
La ritirata russa da Kherson, annunciata già da qualche giorno su tutte le televisioni russe, comprese le trasmissioni dei propagandisti putiniani più radicali, dimostra che i loro epigoni italiani hanno ormai superato il modello, e i talk show moscoviti sono persino più attendibili di certi talk show e di molti giornali (sia «ini» sia «oni», a dir la verità) del nostro Paese.
Da ultimo i nostri raffinati analisti, sempre gli stessi, dopo essersi dimostrati capaci di mettere in dubbio le evidenti atrocità di Bucha e di presentare le peggiori fake news russe sull’ospedale di Mariupol come questioni assai controverse, dopo aver detto che i russi avrebbero vinto in cinque minuti e poi che gli ucraini non avrebbero vinto nemmeno in un milione di anni, hanno ripiegato sulla tesi secondo cui l’umiliazione di Vladimir Putin aumenterebbe il rischio di un’apocalisse nucleare.
Nel frattempo, quella controffensiva ucraina che secondo le loro previsioni non avrebbe mai dovuto neanche partire liberava ogni giorno nuove città e nuovi villaggi, da cui emergevano ogni volta nuove fosse comuni e nuove camere di tortura, di cui i suddetti esperti raramente facevano parola.
Perché avrebbero dovuto ammettere che è lì che avrebbero lasciato gli abitanti di quelle zone, fosse stato per loro, ed è lì che lascerebbero domani i residenti delle regioni ancora occupate, quando parlano della necessità di trattare con la Russia, ovviamente sempre alle condizioni della Russia.
Il punto non è solo che non ne hanno azzeccata una. Il punto non è solo che hanno sbagliato sempre nella stessa direzione, contro tutte le leggi della statistica e anche contro quel minimo di furbizia che normalmente spinge qualsiasi analista a dare, almeno ogni tanto, un colpo al cerchio e uno alla botte.
Il punto è che nonostante le abbiano sbagliate tutte, e nonostante abbiano sbagliato sempre nella stessa direzione (quella della propaganda russa), hanno continuato a essere invitati, intervistati e interpellati come autorevolissimi esperti da giornali e televisioni, da dove continuano a sfornare previsioni con la stessa inscalfibile sicumera, come se niente fosse.
Escludendo che tante autorevoli personalità – ma soprattutto tante reti televisive e tanti giornali – siano tutti a libro paga di Putin, ci dev’essere senz’altro una ragione che spieghi un comportamento così irrazionale. Se vi dovesse venire in mente, scrivete alla redazione.