di Marco Bianchi
Sta impazzando in rete e nei talk show serali, nei salotti e nei dibattiti, in Parlamento e nei bar.
La riforma del reddito di cittadinanza è topic trend della settimana, assieme alla questione migranti. Si fronteggiano invero più di una visione del sussidio e quasi nessuna conciliabile all’altra. Si va dal “è stata una manna scesa dal cielo e non va toccata”, sostenuta dal Presidente Inps, il grillino Pasquale Tridico, al “va tolta a tutti quelli che possono lavorare”, contenuta nel programma elettorale di Fratelli d’Italia.
E in mezzo a questi estremi diverse sfumature di grigio che rendono l’intero scenario di non facile lettura. Di certo c’è che nella cronaca sono sempre più presenti episodi di controlli che scoprono “furbetti del reddito”, ma anche situazioni non illecite ma certamente da rivedere.
È il caso dei cittadini stranieri comunitari che percepiscono il reddito di cittadinanza con una mera autocertificazione di presenza in Italia da oltre 10 anni, senza alcun controllo ex ante. E che possono legittimamente ritornare nel proprio Paese membro, chiedendo di avere accreditato l’importo su un conto corrente dello stato di appartenenza.
Tutto legittimo perché previsto da una norma, che va certamente cambiata, ma che si presta inevitabilmente alla creazione di situazioni illecite, impossibili da controllare. Cosi sono decine di migliaia i rumeni rientrati a casa con in tasca il gruzzolo mensile prelevato dalle tasse pagate dai contribuenti italiani.
E poi sono oltre tre milioni i nostri connazionali “che hanno cercato di ottenere il sussidio senza averne i requisiti”, come ha dichiarato il Dg Inps Vincenzo Caridi, che appena nominato ha il merito di aver alzato la soglia dei controlli, mentre in precedenza tutto era gestito con grande libertà e senza un’effettiva vigilanza. In questo mare magnum di casini “made in 5Stelle” deve intervenire il Ministro del Lavoro, titolato a formulare l’ipotesi di riforma, con un’operazione di sintesi normativa … leggi tutto