Camice nero (corriere.it)

di Massimo Gramellini

Il medico del paese va in pensione e al suo 
posto arriva un dottore africano,

Enok Rodrigue Emvolo

Vive in Italia dal 2005 e nessuno ha mai avuto nulla da ridire sulle sue qualità professionali. Eppure, tra i pazienti c’è chi gli suggerisce di andare a pascolare le pecore e chi, anziché «dottore», lo chiama con disprezzo «il senegalese», lui che tra l’altro è nato in Camerun, esasperandolo al punto da indurlo a manifestare il desiderio di trasferirsi altrove.

Solo una minoranza dei pazienti di Fagnano Olona lo discrimina, ci mancherebbe, ma la tutela del buon nome di una comunità giustamente preoccupata di non passare per razzista non sembra il tema principale di questa storia, che ha piuttosto a che fare con il racconto dominante sull’immigrazione.

Che cosa dice quel racconto?

1. Se i migranti africani vengono mal sopportati da una parte dei residenti, non dipende dal colore della pelle, ma solo dal fatto che non sanno integrarsi. Ebbene, il dottor Emvolo si è laureato in Italia e parla l’italiano anche meglio di alcuni sottosegretari.

2. Quando non delinquono o non vivono a ufo, i migranti accettano lavori infimi e paghe al ribasso che finiscono per impoverire tutti quanti. Ebbene, il dottor Emvolo esercita con successo una professione prestigiosa da parecchi anni (ne ha 48). Dunque, quei tanti o pochi che gli mancano di rispetto non gli contestano la preparazione o l’integrazione, ma la pigmentazione.

Come si dice? Loro non sono razzisti, è proprio lui che è nero.

(Markus Spiske)

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