SPECIALE Marcia su Roma e dintorni
Michele Bianchi frequenta il liceo a Cosenza e giurisprudenza a Roma ma si dedica al giornalismo prima di concludere gli studi: redattore dell’«Avanti!» nel 1903, poi direttore per tempi diversi di «Gioventù socialista» (1905), «Lotta sociale (1906), «La Scintilla» (1910) e «La Battaglia» (1913) di cui è anche il fondatore, poi redattore capo di «Il Popolo d’Italia».
Volontario alla Grande Guerra, tra i fondatori del movimento fascista, primo segretario generale del PNF, quadrumviro della marcia su Roma, diviene fino alla morte ministro dei lavori pubblici. Francesco Giunta, avvocato e giornalista, dirige «Il popolo di Trieste» dal 1920 al ’23, squadrista e segretario nazionale del PNF tra il 1923 e il ’24, deputato per l’intero Ventennio.
Roberto Forges Davanzati frequenta il liceo classico a Napoli, poi la facoltà di lettere, scrive sull’«Avanti!» e il «Corriere della sera», dirige l’interventista «L’Idea Nazionale» e dal 1925 fino alla morte nel ’36 «La Tribuna»; decorato nella Grande Guerra fa carriera nel PNF, nel 1928-29 è membro del Gran consiglio del fascismo.
Cesare Rossi collabora con testate socialiste e dirige «La Voce proletaria» di Piacenza, nel 1914 è chiamato al «Popolo d’Italia»; interventista, sansepolcrista, partecipa alla marcia su Roma e comincia la carriera ad alto livello nel PNF terminata con il coinvolgimento e la dissociazione nel delitto Matteotti.
Roberto Farinacci scrive su «L’Eco del popolo» di Bissolati, interventista anima allora il settimanale cremonese «La squilla»; aderisce tra i primi al fascismo, nel maggio del 1921 comincia da deputato la sua carriera politica di primissimo piano. Augusto Turati si segnala per una carriera ne «La Provincia di Brescia», dirige per un anno «La Stampa» (1931-32), fa parte dei Fasci di combattimento, è deputato e segretario del PNF dal 1926 al ’30. Carlo Scorza, giornalista professionista dal 1920 dirige «L’intrepido» e dal 1931 «Gioventù fascista», è tra i fondatori de «Il popolo toscano» ed è stato tra l’altro l’ultimo segretario del PNF fino al 25 luglio 1943.
Il gioco delle somiglianze evidenzia una generazione di uomini nati per la gran maggioranza nell’ultimo decennio dell’Ottocento, che è passata dal socialismo rivoluzionario all’interventismo e alle trincee, per approdare alle file del fascismo, scalandone le gerarchie. E, che è quanto qui ci interessa, è stato in giovinezza e oltre un giornalista più o meno professionista.
Il fenomeno trova continuità tra i pezzi grossi di Salò da Pavolini a Mezzasoma e Anfuso, ed anche nel futuro leader del Msi Almirante. Su tutti naturalmente Mussolini, “maestro di giornalismo” secondo la prefazione che Montanelli inserisce nella raccolta di fondi scritti dal futuro duce tra 1912 e 1922, curati da De Felice per Rizzoli.
Scrive il primo gennaio 1913 Mussolini, a proposito del “macello” di soldati proletari in Libia, che “La morte ha fatto baccano in questo 1912 che ora muore. E ha ballato bene il trescone, nella sua ingannevole maschera del patriottismo, ha ballato senza tregua, senza riposo, dal primo all’ultimo giorno dell’anno mietendo e sempre mietendo.” E vengono subito alla mente gli alpini in Russia, i tanti Giuanìn di Rigoni Stern.
E aggiunge in merito alla “follia tripolina”, animata dall’“ubriacatura patriottica” che i soli socialisti si opponevano “mentre i calici si levavano ovunque a salutare il prolungamento della grande gesta, a inviare laggiù incitamenti, a spingere i nostri soldati a nuovi massacri, a nuove barbarie”: qui si corre con il pensiero all’Etiopia delle esecuzioni e dei gas.
Sul fronte interno, nella stessa settimana, il corsivista denunciava le violenze sui manifestanti (“A Baganzola di Parma, a Rocca Corga nel Lazio ed a Comiso in Sicilia, quasi contemporaneamente una dozzina di lavoratori fra morti e feriti è stata immolata all’«austero» principio d’autorità e alle «supreme» ragioni dell’ordine pubblico”), allargate nell’8 giugno 1914 a un’intera città: “Ad Ancona nemmeno ciò è in discussione, niente sassi né dimostranti, né pericoli veri o supposti.
Ad Ancona non c’è stato altro che l’assassinio freddo, ingiustificabile, premeditato […] Malatesta, il Sindacato, la sede del congresso socialista, i gruppi repubblicani: troppa cronaca sovversiva aveva prodotto in questi ultimi tempi la città adriatica”.
Basta sostituire alle forze dello stato quelle dello squadrismo e si prova uno sconcertante senso di futuro ribaltato. A corollario delle violenze “la magistratura sempre pavida serva del potere esecutivo” (7.1.’13), in particolare il Tribunale di Milano che “colle feroci condanne pronunciate ieri contro gli implicati nello sciopero metallurgico si è creato un vero, innegabile, immortale titolo di benemerenza presso tutta la classe capitalista italiana”.
Se si vogliono accorciare i tempi tra dichiarazioni e comportamenti opposti, più che contraddittori, si deve considerare la politica estera in relazione allo scoppio della Grande guerra e alla posizione italiana.
Discettando il 23 agosto 1914 sull’ormai lunga alleanza con l’Austria e l’immoralità di un attacco immotivato Mussolini scrive: “Sappiamo bene che ormai nulla esiste e tutto è permesso: anche l’aggressione proditoria, ma l’Italia è pur sempre la terra del diritto e ripugnerebbe alla coscienza italiana un’applicazione dei metodi di Conrad: la pugnalata alle spalle”; e, se non la pugnalata alla schiena alla Francia, già sorella latina, del 1940, il prossimo interventismo? … leggi tutto