di Lorenzo Torrisi
CRISI ENERGIA
L’apertura sulle trivellazioni non basta. Con l’inizio del 2023 potrebbe emergere un nuovo problema per l’Italia nonostante il GNL che ci si è assicurati
“Se non ci aiutate con il gas l’Italia rischia la crisi sociale”. Questo il titolo dell’articolo della Stampa dedicato all’incontro tra Giorgia Meloni e Joe Biden a Bali, in cui il presidente del Consiglio ha chiesto “maggiori forniture di gas liquido e a prezzi più competitivi”. Il presidente americano ha spiegato di essere “già al lavoro per aiutare l’Italia”, anche se, come noto, le aziende Usa che esportano GNL sono private e dunque la Casa Bianca può al massimo esercitare una moral suasion nei loro confronti. Secondo Michele Marsiglia, presidente di FederPetroli Italia, “la richiesta della Meloni rappresenta un po’ un controsenso”.
Il GNL americano proviene spesso da costose operazioni di fracking. Considerando anche i costi logistici e il fatto che difficilmente le società private Usa venderebbero in perdita, il prezzo che pagheremmo sarebbe piuttosto alto. Inoltre, se stiamo portando avanti diverse operazioni da questa parte dell’Atlantico, in Medio Oriente e in Africa, che sono anche più economiche, tenuto conto che, come nel caso del Mozambico, Eni opera direttamente in loco, non si capisce perché l’Italia debba puntare così tanto sul GNL americano.
A proposito di GNL, negli ultimi giorni si è appreso che mentre l’export di Gazprom verso l’Europa dall’inizio dell’anno è crollato, è invece aumentato del 46% quello di GNL russo venduto tramite Novatek, azienda energetica considerata indipendente e quindi non sottoposta a sanzioni.
Siamo, quindi, di fronte al gioco delle tre carte. Forse qualcuno pensa che gas e GNL siano due cose diverse. In realtà, l’unica differenza è che il secondo deve arrivare per forza via nave e va poi trattato per essere immesso in rete.
E quindi costa più del gas importato con i gasdotti.
Sì. Se l’obiettivo era non importare più idrocarburi dalla Russia, alla fine sappiamo benissimo che non è così.
Con effetti, però, importanti sull’economia, visto che il gas alla fine costa di più.
È così. In teoria ci sono le sanzioni, ma in realtà, seppur con limitazioni rispetto all’inizio dell’anno, la materia prima dalla Russia arriva comunque. E con il trasporto via mare è ancora più semplice aggirare le sanzioni. Per fare un esempio, come si fa a essere sicuri del Paese di origine del greggio di una petroliera? Potrebbe essere differente da quello da cui proviene la nave e che magari non applica alcuna sanzione nei confronti della Russia.
Di fatto, le sanzioni non funzionano così bene come potrebbe sembrare sulla carta…
Il gioco delle sanzioni sembra essere fatto apposta per essere aggirato. Intanto il prezzo del Ttf è tornato sopra i 120 euro/MWh, ma nessuno se ne occupa più.
Nei giorni scorsi c’è stato uno “scontro” tra Consiglio europeo e Commissione europea sul price cap. Probabilmente il 24 novembre arriverà una proposta in merito da parte di Bruxelles. Potrà essere utile?
Oggi ormai il price cap non serve più. Potrebbe servire in futuro, ma il mercato del gas non è più quello del passato – c’è più GNL, i prezzi sono ad altri livelli – e quindi parlarne oggi sembra poco utile … leggi tutto