La lettera di un artigiano al principale quotidiano italiano toglie il velo a tutta la retorica sull’utilizzo del contante come forma di libertà.
Si tratta invece di una facilitazione all’evasione. E a stupire è il silenzio degli onesti.
La lettera dell’artigiano
La lettera che qui riproduciamo è stata pubblicata sul Corriere della Sera del 12 novembre del 2022 ed è immediatamente diventava virale sui social.
Sono uno dei tanti artigiani che fattura solo una piccola parte delle entrate. Se non fatturo risparmio Iva, contributi e Irpef e posso a mia volta fare risparmiare qualcosa ai miei clienti che, non potendo portare niente in detrazione, sono ben disposti a pagare in contanti.
Quando il limite all’uso del contante era di 1.000 euro dovevo inventarmi degli stratagemmi per fare acquisti importanti o per depositare il contante sul conto corrente. Vivevo comunque con il timore di venire segnalato all’Agenzia delle Entrate. Ora che potrò spendere fino a 5.000 euro in contanti vivrò molto più serenamente. (Lettera di Marco F., artigiano di Varese, al Corriere della Sera, 12 novembre 2022)
Naturalmente, noi non sappiamo se l’artigiano Marco F. di Varese esista davvero o se si tratti solo di un tentativo di fare dell’elegante ironia sull’intervento del governo sui limiti all’uso del contante. Ma la lettera ricorda il grido “il re è nudo” del bambino della favola di Christian Andersen; afferma una cosa che tutti sanno, ma che nessuno dice apertamente, almeno non con la stessa disarmante franchezza.
Non i partiti di opposizione, per paura di perdere consenso; non i media tradizionali, neanche quelli seri, per non sembrare troppo di parte; non gli studiosi, che devono basare i propri giudizi su articolate analisi, benché poi tutte queste analisi concordino sugli effetti di facilitazione che l’uso del contante ha nei confronti dell’evasione e della criminalità.
Il silenzio stupisce soprattutto perché avviene in un paese in cui l’evasione è ancora rampante e si concentra quasi esclusivamente (per circa l’80 per cento del totale) sull’Irpef dovuta dai lavoratori autonomi (che evadono circa il 69 per cento delle proprie imposte sui redditi) e sull’Iva, cioè precisamente su quelle fattispecie di evasione che più verranno facilitate dalla decisione del governo. Naturalmente, si capisce che le categorie agevolate da quest’intervento, come da altri che il governo Meloni si appresta a varare – l’ampliamento della flat tax per le partite Iva e il condono – non possono che essere soddisfatte.
Ma, dati alla mano, rappresentano una netta minoranza, circa 5 milioni di contribuenti, contro i 18 milioni di lavoratori dipendenti e i 16 milioni di pensionati che non possono proprio evadere perché pagano le proprie imposte sul reddito alla fonte e che pure non protestano davanti a un’evidente disparità di trattamento.
È possibile che in realtà il problema sia proprio questo, la mancanza di trasparenza del sostituto di imposta che fa sì che questi contribuenti, pur lamentandosi dei bassi salari o delle basse pensioni, non sappiano quante imposte versano al fisco.
Resta il fatto che nonostante l’elevatissima pressione fiscale sugli onesti e il macigno del debito pubblico, la lotta all’evasione fiscale continua a essere decisamente impopolare in questo paese.