La banda si finanziava anche con il sussidio voluto dai 5S.
La prima “boss” donna in Lombardia: “Se vuoi divento cattiva”
Le accuse nei confronti delle 49 persone oggetto di un’indagine da parte della Dda di Milano sono circostanziate: gli imputati andranno a processo per il reato di associazione di stampo mafioso. Il blitz della squadra mobile della polizia è stato messo a segno questa mattina nel territorio compreso tra il Rhodense e l’area nord ovest della cintura milanese e ha coinvolto il clan della ‘ndrangheta che fa capo al boss Gaetano Bandiera.
Dai riscontri effettuati dagli agenti è emerso che Bandiera e la sua “persona di fiducia” Caterina Giancotti percepivano il reddito di cittadinanza. Nella dichiarazione dei redditi all’Inps, il capo dell’organizzazione criminale ha evidenziato di non aver prodotto alcun reddito.
Lo spaccio di droga
La dichiarazione, però, non è veritiera, dato che il 46enne Bandiera, secondo la squadra mobile, “ha come principale fonte di reddito il denaro ottenuto dallo spaccio di sostanze stupefacenti da lui direttamente gestito”. Inoltre, il boss sarebbe anche “amministratore di fatto di diverse attività commerciali”.
Allo stesso modo, Caterina Giancotti usufruiva del Reddito di cittadinanza grazie a una documentazione falsa. Il nome della 45enne, nata a Triggiano, in provincia di Bari, compare ben 1.054 volte nell’ordinanza di 1.330 pagine sull’indagine della ‘ndrangheta a Rho. “Vuoi che divento cattiva e divento cattiva. Allora vuoi fare lo stronzo e farò la stronza anche io”.
Era questo il linguaggio usato dalla Giancotti definita dalla procura: “la prima donna capo della ‘ndrangheta in Lombardia”. A un solo uomo era chiamata a rendere conto: Bandiera, di cui era la“persona di fiducia e che affiancava nella direzione dell’organizzazione mafiosa coi compiti di decisione, pianificazione e individuazione delle azioni da compiere e delle strategie da adottare”.