di Mario Lavia
Divisi in piazza e in Parlamento
Alla vigilia della discussione alla Camera sulla guerra di Putin, i più chiari sono il Terzo Polo e i rossoverdi: Azione e Italia viva confermano la necessità del sostegno militare, Sinistra/Verdi ribadiscono la contrarietà. Mentre il Pd, per tenere l’unità interna, non cita nemmeno la parola «armi». E i Cinque Stelle di Conte, tra mille contraddizioni, si ergono a paladini di una soluzione politica del conflitto
Il marasma delle opposizioni ormai è una condizione permanente, connota più o meno tutte le questioni, anche e soprattutto quelle più importanti. Ecco quindi che sulle armi all’Ucraina i più chiari sono il Terzo Polo e i rossoverdi: Azione e Italia viva confermano la necessità del sostegno militare, Sinistra/Verdi ribadiscono la contrarietà. Il Pd è politicamente d’accordo con il Terzo Polo, in continuità con la politica del governo Draghi, ma non parla esplicitamente di «armi» perché altrimenti s’inquieterebbero i «pacifisti» interni.
E siccome anche il partito di Giuseppe Conte insiste moltissimo sulla necessità della «trattativa» e sulla necessità di coinvolgere di più il Parlamento, può anche darsi che ci sarà un gioco di voti favorevoli incrociati tra Dem e Cinquestelle.
Di fronte all’ennesimo caos, la destra – se è un minimo furba – si mostrerà compatta. Ecco il quadro alla vigilia della discussione alla Camera sulle mozioni sulla guerra di Putin all’Ucraina: e per quanto riguarda le opposizioni, tra giochetti lessicali e tattiche parlamentari, la sostanza è che c’è ancora da mettersi le mani nei capelli.
Il Pd si contorce per tenere l’unità interna, ed ecco cosa dice la mozione del Pd sul punto specifico del sostegno a Kyjiv: si impegna il governa «a continuare a garantire pieno sostegno e solidarietà al popolo ucraino mediante tutte le forme di assistenza necessarie, anche al fine di assicurare quanto previsto dall’articolo 51 della Carta dell’Onu che sancisce il diritto all’autodifesa individuale e collettiva, confermando il ruolo dell’Italia nel quadro dell’azione multilaterale, a partire dall’Ue e dall’Alleanza Atlantica, rispetto alla grave, inammissibile e ingiustificata aggressione della Russia dell’Ucraina».
Le armi, come si vede, non sono menzionate. «È implicito», fanno notare gli estensori della mozione, laddove si parla del «sostegno» e del «diritto all’autodeterminazione». Però le parole contano, soprattutto quando non ci sono. Ed è un passo indietro rispetto alle chiare parole espresse da mesi dal segretario Enrico Letta e che gli hanno causato tanti problemi proprio perché riferite esplicitamente al sostegno militare: ma da quest’estate molte cose sono successe, e non solo «sul terreno», ma soprattutto nel quadro politico generale e nel mutamento di umori interno al Nazareno.
Nasce da qui la necessità di tenere insieme le varie anime del partito almeno sull’Ucraina anche a costo di far cadere una parolina – «armi» – se questo può calmare animi già eccitati dalla vigilia congressuale.
Nella riunione del gruppo di giovedì scorso, esponenti come Lorenzo Guerini, Lia Quartapelle, Piero Fassino, Enzo Amendola, Piero De Luca hanno tenuto il punto sulla sostanza della posizione mentre altro come Laura Boldrini e Arturo Scotto hanno ribadito il no alla linea pro-armi, una posizione che è contenuta nella mozione dei rossoverdi che non si esclude possa essere votata anche dai «pacifisti» del Pd.
È possibile poi che Pd e Conte votino le parti delle rispettive mozioni in cui si chiede un maggiore coinvolgimento del Parlamento, una questione che non fa male a nessuno e che potrebbe consentire un primo avvicinamento tra i due partiti in un momento in cui nel partito di Letta s’avanzano spinte diverse a favore di un nuovo rapporto con l’Avvocato del popolo soprattutto per marcare una distanza dal Terzo Polo che, come detto, sulla questione delle armi sarà molto chiaro nel ribadire che è fondamentale proseguire con gli aiuti militari alla Resistenza ucraina.
In tutto questo, Conte si muove come un provetto ballerino pur di creare intralci agli altri, blandendo e ripudiando allo stesso tempo e nello specifico ergendosi a paladino di una soluzione politica del conflitto di cui non si scorgono le premesse, in evidente contrasto con la posizione americana (tanto che ieri ha persino usato la retorica di Hiroshima per condannare il proseguimento della guerra quando è chiaro che le due cose non c’entrano niente).
In teoria, sarebbe anche possibile che su alcune parti della mozione del governo Pd e Terzo Polo possano convergere, d’altronde non è mai male quando sulla politica internazionale si raggiungono punti di unità. Il punto politico di fondo è che la maggioranza dovrebbe riuscire a digerire i mal di pancia leghisti e non farsi cogliere in castagna da quattro opposizioni (Pd, rossoverdi, M5s e Terzo Polo) che malgrado tutte le capriole lessicali non riescono a tenere una posizione unitaria.
Ed è una non tanto piccola metafora della generale situazione politica italiana.