Il Governo intende eliminare già a partire dal 2023 il Reddito di cittadinanza ai soggetti cosiddetti occupabili.
Si tratta di una definizione ampia, che non tiene in considerazione le carenze di soggetti solo virtualmente in grado di lavorare.
Il Governo Meloni intende procedere a una “manutenzione” del Reddito di cittadinanza (Rdc), intervenendo in particolar modo nei confronti di coloro che percepiscono il sussidio e sono considerati “occupabili” nel mercato del lavoro.
Nei loro confronti, sarà ridotto il numero di mesi fruibili del sostegno. Approssimativamente a settembre del 2023, circa 600 mila persone si troverebbero così a non ricevere più il Rdc, il quale verrà tolto anche nel caso di rifiuto di una sola offerta congrua.
Al momento l’interpretazione del termine “occupabili” sembra faccia riferimento a qualsiasi soggetto che non presenti evidenti impedimenti per ottenere un’occupazione (per la precisione, in legge di bilancio si parla di “chi vive in una famiglia senza disabili, minori o anziani”, una definizione che rischia di escludere persone che sarebbero in grado di lavorare, come un trentenne con figli, come sottolineano Baldini e Gori su questo sito).
Il termine non è di per sé sbagliato, effettivamente in alcuni contesi anche persone non qualificate possono ricevere opportunità di lavoro dove non sono necessarie specifiche competenze (es. carico/scarico di merce nella logistica; operai agricoli; operai generici nel manifatturiero).
In Danimarca diverse sperimentazioni volte a migliorare la qualificazione dei disoccupati hanno avuto scarso successo, proprio perché il contesto economico è ancora oggi così positivo che i disoccupati non necessitano di maggiore competenze, perché, a prescindere della loro qualificazione, in pochissimo tempo sono in grado di ricollocarsi.
Il problema è che il Mezzogiorno non è la Danimarca: un recente contributo analizzava l’attività di scouting aziendale realizzato dai Navigator nel 2021, con oltre 300 mila aziende contattate e solo 14 mila vacancy raccolte, in prevalenza contratti precari di breve durata. Un numero così basso di vacancy raccolte non sembra imputabile a un eventuale “scarso” lavoro degli ex-collaboratori di Anpal Servizi, ma piuttosto a un contesto estremamente povero di “concrete” offerte di lavoro.
A ciò si aggiunge il fatto che il Governo prevede che nei confronti di coloro che non sono “facilmente occupabili” sarà previsto un percorso formativo. Ma tale proposta pone due questioni piuttosto rilevanti:
- La prima è che l’obiettivo di articolare un complesso percorso di riqualificazione/ricollocazione per i soggetti più svantaggiati del mercato del lavoro come i percettori di Rdc è stato l’obiettivo di tutti i governi precedenti: da un punto di vista normativo è già tutto scritto (Lep H – Decreto Ministeriale 4/2018) e si tratta esattamente del Target 3 del Programma Gol finanziato dal Pnrr. Il problema è sempre stata l’attuazione: è piuttosto arduo che in otto mesi si riesca ad andare a regime, quando all’attuazione del Programma Gol mancano ancora decreti attuativi, effettivo potenziamento del personale nei Centri per l’impiego, piattaforme e una nuova governance di Anpal.
- Il secondo problema è che nel Mezzogiorno, a eccezione di ingenti risorse in Job Creation (per esempio i cosiddetti lavori socialmente utili) o in programmi di mobilità occupazionale, la maggior parte degli strumenti di politica attiva del lavoro difficilmente garantirebbe un rapido collocamento nel mercato del lavoro, soprattutto la formazione professionale.
Pensare che basti formare la maggior parte dei percettori di Reddito di cittadinanza per colmare quel milione di posti di lavoro qualificati stimati dall’indagine Excelsior sembra una proposta irrealizzabile.
Secondo i monitoraggi di Anpal, i beneficiari del Reddito di cittadinanza indirizzati ai servizi per il lavoro sono stati circa un milione. Di questi, solo 90mila hanno instaurato un contratto di lavoro a tempo indeterminato e, tra questi, solo il 3 per cento svolge professioni di livello medio-alto, mentre il resto è finito nei cosiddetti bad jobs, professioni prevalentemente non qualificate.
Tantissimi percettori che hanno trovato lavoro, dopo poco tempo, si sono ritrovati nuovamente a richiedere il sostegno. A ciò aggiungiamo che quasi la metà di quel milione non ha mai lavorato, che il titolo di studio prevalente (oltre il 70 per cento) tra i non occupati è al massimo la scuola media e che il 60 per cento dei soggetti presi in considerazione corrisponde a una persona adulta (l’età media è tra i 35-37anni) e quindi non si tratta di giovani seduti sul divano!
Sempre la Danimarca, attraverso le indagini dell’ente di valutazione nazionale Eva sulla formazione ai soggetti più svantaggiati, evidenzia che riqualificare queste persone sia per l’attore pubblico una “sfida” enorme: si tratta infatti di adulti a cui mancano le basi di matematica, che non sono in grado di esprimersi in modo appropriato e che hanno una soglia di attenzione bassissima.
Tale difficoltà in Danimarca viene colmata con l’obbligo di seguire una formazione propedeutica di base, ma questo comporta un percorso di qualificazione lunghissimo e tassi di abbandono elevati (la maggior parte dei partecipanti non termina il percorso). Tuttavia, se l’Italia realizzasse in parte quanto fatto in Danimarca sarebbe comunque un successo, perché garantirebbe a una quota di percettori di Rdc di rientrare nel mercato del lavoro. Ma si tratta di realizzare progetti di lungo periodo (diversi anni), non certo praticabili in pochi mesi.
Infine, tornando all’indagine Excelsior, in genere con l’espressione “occupabili” si indica in realtà soggetti che non hanno nessuna difficoltà ad accedere al mercato del lavoro. In questo caso, l’elemento discriminatorio nell’identificare il soggetto “occupabile” riguarda le competenze in suo possesso e quanto tali competenze sono richieste dalle imprese.
Un esempio estremo dei profili più richiesti nel mercato del lavoro: un giovane ingegnere o informatico con un paio di anni di esperienza che parla perfettamente l’inglese o un manutentore di impianti a vapore/elettrici con elevata esperienza. Difficilmente si possono trovare tra i disoccupati, ma, anche se fosse, a queste persone non serve aiuto per cercare lavoro: basta iscriversi a Linkedin e verranno bombardati dai datori di lavoro creando una situazione “schizofrenica” in cui il “candidato” seleziona il datore di lavoro e addirittura il rapporto instaurato rischia di durare molto poco perché altri datori di lavoro tenteranno di “rubare” il lavoratore.
Riuscire a trasmettere al percettore di Reddito di cittadinanza delle competenze “appetibili” per il datore di lavoro è certamente la soluzione e la strada da percorrere, ma il processo richiede molto tempo. Il rischio della proposta prevista dal Governo è che a settembre del 2023 mezzo milione di percettori del Reddito di Cittadinanza più che “occupabili” diventino in realtà disperati senza lavoro e facili prede per il sommerso o la criminalità organizzata.
Non è detto che la riduzione dei costi in termine di Welfare comporti un vero risparmio per la collettività, se questo risparmio deve essere poi compensato da un rafforzamento in termini di sicurezza privata e/o investimenti nel sistema carcerario.