Lo show di Gratteri da Lilli Gruber, le bufale del pm: “Io garantista, tra i miei arresti non ce ne è uno infondato” (ilriformista.it)

di Tiziana Maiolo

Faccia causa prima di tutto ai giudici del Riesame

Nicola Gratteri a capo del Dap? Nessuno glielo ha chiesto ufficialmente, ma lui accetterebbe solo a determinate condizioni: “Voglio la mano libera, voglio poter fare la rivoluzione”. Vedremo.

Ma intanto dobbiamo constatare con rammarico che la domanda su Marcello Manna non gliela hanno fatta, né Lilli Gruber né Massimo Giannini. Così il procuratore di Catanzaro, ospite di “Otto e mezzo” giovedì sera, ha potuto affermare che, sulla base anche di affermazioni del Presidente della Corte d’appello, a Catanzaro non esiste una sola custodia cautelare infondata. E aggiunge: le carceri calabresi sono piene!

Se i miei arresti fossero dei bluff, non lo sarebbero, no? Allora quei 120 che hanno richiesto il rimborso per ingiusta detenzione cautelare nel 2021, e che rendono Catanzaro terza in Italia dopo Napoli e Roma, sono tutti matti? Ma il procuratore è uso a tirare dritto, così non manca di annunciare ai “miei denigratori quotidiani e seriali”, che pubblicano notizie false almeno al 99%, di avere in cantiere un po’ di cause civili.

Peccato, così si omologherà a tutti gli altri magistrati, quelli da cui lui ha sempre preso le distanze, quelli che si nutrono di correnti e carrierismo e poi, chissà perché, quando decidono di ricorrere contro affermazioni giornalistiche che ritengono diffamatorie, preferiscono la causa civile, cioè la via del risarcimento economico, rispetto a quella penale.

Se avevamo suggerito a Lilli Gruber la domanda su Marcello Manna, non era solo perché la sua vicenda è stata solo l’ultimo caso di sconfessione di un provvedimento di custodia cautelare (domiciliare) eseguito da un gip su richiesta della Dda di Catanzaro, ma in particolare per le motivazioni di quella “scarcerazione”, depositate dal tribunale del riesame nei giorni scorsi. Il sindaco di Rende, cittadina del cosentino, aveva subito la misura cautelare all’interno di un blitz chiamato “Reset”, con 253 indagati, di cui 139 finiti in carcere, 51 ai domiciliari e 12 sottoposti all’obbligo di firma, che era stato presentato come importante azione contro la ‘ndrangheta del cosentino.

Il sindaco e due assessori erano indicati come “tre professionisti” che avrebbero favorito con la loro attività amministrativa le ‘ndrine. Ora, il dottor Gratteri se la può prendere con i suoi colleghi giudici del tribunale del riesame se, dopo aver reso libero il sindaco di Rende, avevano motivato la decisione asserendo non solo che nei confronti dell’avvocato Manna non esistevano elementi che lo potessero mostrare come contiguo alle mafie, ma addirittura esistevano motivazioni del contrario.

Cioè, il procuratore e il gip di Catanzaro avevano arrestato come mafioso uno che invece la mafia la combatteva. Il procuratore Gratteri vuole fare causa a chi dice o scrive che ha preso un abbaglio? Allora faccia causa prima di tutto a quei giudici. Diversamente ammetta che quanto meno ci si può sbagliare. Nell’intervista a Lilli Gruber si è definito “garantista”, perché “lavoro con il codice in mano”.

Certo, ci mancherebbe, ma forse potremmo fare insieme un ripasso degli articoli del codice di procedura penale sulle misure cautelari. E poi, andando a ritroso, andare a riesaminare tutti i casi, soprattutto di amministratori pubblici, in cui le misure da lei richieste a dal gip accolte, sono state poi sconfessate dai giudici, a partire dal processo “Rinascita Scott”, ma forse anche precedenti. I nomi Oliviero e Tallini le dicono qualcosa?

C’è stato un altro aspetto preoccupante nella sua intervista dell’altra sera, del resto interessante, perché sintomatico di una cultura giuridica che ci è difficile definire come appartenente a un “garantista”. Il discorso sulle intercettazioni. Il famoso decreto frettolosamente approvato dal governo Meloni nella sua prima seduta, per sanzionare più severamente i rave party, prevedendo reati con pena edittale massima di sei anni, includevano la possibilità di intercettare. Cosa che al procuratore Gratteri non dispiace affatto, perché, benché definisca la norma come “non impeccabile”, ritiene importante che le intercettazioni vadano fatte “prima” dell’avvenimento, cioè quando si intuisce che le persone stiamo per commettere reati.

E’ proprio quella che, fin dai tempi del terrorismo nostrano, anche ampi ambienti della stessa magistratura denunciavano come la “cultura del sospetto”. Cioè quella ricerca del reato, un vero processo alle intenzioni, che dovrebbe essere estraneo ai compiti del pubblico ministero. Falcone docuit … leggi tutto

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