di Massimo Gramellini
Riepilogando.
La responsabilità di quanto è successo a Ischia non è minimamente imputabile al primo governo Conte, sostiene l’ex premier Giuseppe Conte, dato che la norma da lui firmata si intitolava «condono» ma, sia chiaro, non era un condono.
La colpa non può neanche essere delle persone che costruiscono dove non si dovrebbe (e votano per chi permette loro di continuare a farlo). Intanto perché è di cattivo gusto prendersela con le vittime.
E poi perché la tragedia non dipende dagli abusi edilizi, ha ricordato l’ex sindaco Giuseppe Conte, omonimo, puntando semmai il dito sul dissesto idrogeologico.
In Italia funziona così: chi avrebbe saputo cosa fare accusa chi avrebbe potuto farlo, il quale a sua volta accusa chi, pur sapendo, non ha fatto niente lo stesso. I cittadini chiamano in causa le autorità locali, le autorità locali quelle centrali e quelle centrali l’Europa, che in certi casi si rivela maledettamente utile. L’ipotesi che le responsabilità siano di tanti, anche di chi le attribuisce soltanto agli altri, non viene nemmeno presa in considerazione.
D’altronde avete mai visto l’ospite di un talk cambiare di una virgola la sua opinione su Covid, guerra, migranti? Tutti trincerati dietro convinzioni immutabili, tutti depositari esclusivi del Verbo, tutti garantisti con gli amici e forcaioli con i nemici, che sono sempre o disonesti o coglioni.
Facciamocene una ragione: poiché ciascuno si ritiene innocente, a far franare Ischia non può essere stata che la mano di Dio.