Conte accusa Meloni di essere diventata il punto di riferimento fortissimo di tutti gli atlantisti (linkiesta.it)

di

Disarmante

Per il leader dei Cinquestelle in Ucraina ci sono due problemi: «La sicurezza, da garantire a tutti, e la tutela delle minoranze russofone». Almeno Berlusconi quando la metteva così lo diceva di ripetere le parole di Putin

Dalla guerra in Ucraina al Mes, dai rapporti con gli Stati Uniti a quelli con Bruxelles, ieri Giuseppe Conte è intervenuto alla Camera per attaccare il governo su tutti i fronti, parlando di «sovranismo da operetta». Per una volta, bisogna dire, la scelta dei termini è stata precisa, dovendosi presumibilmente intendere che la soluzione giusta, nei rapporti con Washington come nei rapporti con l’Europa, sarebbe un sovranismo serio. Il suo, ovviamente.

Senza accorgersi di descrivere una traiettoria perfettamente speculare alla propria – o forse semplicemente fregandosene – Conte non ha esitato a denunciare le «piroette» di Giorgia Meloni: sul Meccanismo europeo di stabilità, su cui a suo tempo, con Matteo Salvini, la presidente di Fratelli d’Italia lo aveva accusato addirittura di alto tradimento (mentre ora, insinua Conte, si preparerebbe a fare marcia indietro); sulle trivelle, su cui nella campagna per il referendum aveva espresso assoluta contrarietà, e adesso appena insediata avrebbe detto invece di sì («con l’applauso degli industriali petroliferi»); persino sull’immigrazione.

«Ma lo vogliamo dire agli italiani che mai come in questo periodo Ong, barche, barchini, barconi stanno sbarcando e attraccando in tutti i nostri porti?», ha scandito in aula l’Avvocato del popolo. Qui però dev’essersi accorto di avere esagerato, almeno per la nuova fase (il Conte 3, quello in dolcevita), e ha subito precisato: «Ovviamente aggiungo: meno male…».

Mes, trivelle, immigrazione: sarebbe interessante chiedere cosa ne pensino i tanti dirigenti del Partito democratico che continuano a perorare la causa dell’alleanza strategica con il Movimento 5 stelle. Dirigenti secondo i quali grazie a Conte non sarebbe più il movimento populista che faceva a gara con Salvini nel chiudere i porti e sequestrare le navi delle Ong, ma una forza autenticamente progressista. Sarebbe interessante, perché sempre più spesso, e ieri in aula in modo particolare, Conte sembra semmai attribuire a Meloni una simile evoluzione, e non come un complimento.

Si dirà che dai discorsi di Conte, volendo, si può ricavare qualunque conclusione. Basta saper scegliere fior da fiore. La mia preferita di ieri, per esempio, rimane: «Qui nessuno ha mai messo in discussione, per quanto riguarda il Movimento 5 stelle, né la Nato né l’Alleanza atlantica» (chissà cosa pensa che significhi la sigla Nato).

Nel giorno in cui il suo partito ha presentato una risoluzione per chiedere di non inviare più armi agli ucraini, c’era però in quel discorso, obiettivamente disarmante, da ogni punto di vista, un passaggio che non può essere banalizzato.

In mezzo a varie altre indicative sparate contro il governo sulla sua «totale acquiescenza alle indicazioni di Washington» e sulla sua «accettazione supina della strada al perenne invio di armi in piena continuità con l’ex presidente Draghi» (anche su questo, per inciso, sarebbe interessante conoscere il parere dei candidati alla guida del Partito democratio), Conte ha detto chiaramente cosa intende per processo di pace.

E lo ha detto così: «Si tratta di offrire sicuramente risposte a due questioni cruciali, questi sono gli interessi delle parti in gioco: la sicurezza, da garantire a tutti, e la tutela delle minoranze russofone. In giro per il mondo ci sono tanti modelli di tutela delle minoranze».

Chiaro? I problemi sono questi due: la sicurezza «da garantire a tutti» e la «tutela delle minoranze russofone». Nemmeno Silvio Berlusconi, nel celebre audio della riunione con i suoi parlamentari, quello in cui parlava della lettera «dolcissima» inviatagli da Vladimir Putin, era mai arrivato a dare una descrizione del conflitto tanto surreale. Dove surreale è un gigantesco eufemismo.

Mentre la Russia continua a bombardare l’intera Ucraina, mirando in particolare alla rete elettrica, con l’obiettivo di far morire di freddo milioni di persone; mentre da ogni città liberata spuntano nuove fosse comuni e nuove camere di tortura; mentre a Mosca la televisione di stato ha persino il coraggio di mostrare l’arrivo degli orfani ucraini “affidati” alle loro nuove famiglie in Russia (da mesi si susseguono le denunce sulle migliaia di bambini ucraini portati via dai soldati); mentre sul campo accade tutto questo, Giuseppe Conte rilancia di fatto la versione del Cremlino, secondo cui sono gli ucraini a perseguitare i russi (le minoranze russofone), costringendo quindi Mosca a intervenire in loro difesa.

Almeno Silvio Berlusconi quando raccontava ai suoi parlamentari queste assurdità lo diceva chiaramente di ripetere quel che gli aveva detto Vladimir Putin.

In giorni in cui a sinistra si discute di tante diverse e gravi «questioni morali», bisognerebbe aggiungere all’elenco anche questa. Non parlo ovviamente degli eventuali rapporti con Vladimir Putin, con i suoi ambasciatori o con i suoi emissari, ma del rapporto con Conte.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *