L’esercito dei mandarini
Quelli al governo sono impresentabili, ma gli eredi del Pci altrettanto
Indugiare sul profilo della destra più rozza d’Europa senza riconoscere quello della sinistra più retriva e politicamente corrotta del mondo occidentale significa rifiutarsi colpevolmente di comprendere le ragioni dell’arretratezza italiana, facendo le viste che il Paese sia civilmente e sistematicamente sottosviluppato per una specie di incomprensibile condanna cui quella sinistra assiste magari inerte, da testimone impensierita, ma non corresponsabile.
Da ormai più di trent’anni è coltivata la leggenda confortevole secondo cui i resti denaturati di quella tradizione hanno garantito la tenuta degli equilibri repubblicani e costituzionali, con la fornitura alle istituzioni di classe dirigente magari non sempre luminosissima ma insomma capace, appunto, di presidiare in modo acconcio la macchina dello Stato e di preservarne una qualche presentabile funzionalità.
Ma questa è la descrizione di una virtù politica, anziché la denuncia di un difetto fondamentale, solo perché non si considera quale oggettiva capacità di influenza sulle cose del Paese quel mandarinato abbia profondamente esercitato.
Quel preteso merito, l’aver cioè provveduto lo Stato e le sue escrescenze di funzionari non sempre indignitosi, e il poter vantare che il curriculum delle istituzioni negli ultimi decenni recava una buona somma di appartenenti a quella cerchia, per un’indagine appena spassionata dovrebbero costituire altrettanti motivi di scoperchiante denuncia, la constatazione che quel modo di intendere e attuare la partecipazione all’azione collettiva rappresentava lo strumento di assoluzione da qualunque responsabilità anziché il preteso opposto: governare la carcassa pubblica per non governare la società, il lavoro, l’economia, la giustizia, vale a dire le cose che fanno un Paese prima dello Stato.
Non esiste una riforma in senso anche solo modernizzatore, nemmeno liberale, neanche una e in nessun ambito, che abbia registrato il contributo, figurarsi l’iniziativa, della sinistra legittimata al governo ormai da trent’anni. E non esiste un caso di involuzione civile, di arretramento del sistema economico, delle libertà e dei diritti – e tanti ne abbiamo avuti – che non abbia visto la partecipazione della cosiddetta sinistra costituzionale.
Anche il più equanime osservatore di sinistra continua a non riconoscere questa verità evidentissima, e non lo fa perché adotta quel criterio di giudizio illusorio e ribaltato, nell’idea fuorviante che la sinistra abbia in quel modo adempiuto a un ruolo meritorio: aver tenuto in piedi le istituzioni repubblicane con le disattenzioni magari effettive, ma perdonabili, proprie dell’amministratore onesto che non può tenere a bada proprio tutto.
E il fatto che queste disattenzioni culminassero nelle ambizioni di affascinante avventura con l’innominabile cialtrone e nella destituzione per procura del governo Draghi, evidentemente, è un altro scusabile dettaglio nella storia per il resto onorevole della sinistra irrinunciabile.