PICCOLA POSTA
In Ucraina con due ingegneri e un campione di tuffi dell’epoca sovietica, ad ascoltare idee sul domani e stralci di passato di una città grande quanto il mondo intero. Soprattutto negli occhi di Misha, cittadino onorario
Odessa, dal nostro inviato. Misha, Michail Poizner, è un uomo estremamente serio, e come succede ha il gusto dell’aneddoto e del witz. Quando, fresco laureato in ingegneria marittima, fece per lavoro il giro dei porti dell’Estremo oriente sovietico, si trovò spesso in situazioni singolari. Dopo l’Istituto del Trasporto marittimo non aveva mai vissuto solo: badava a ogni cosa sua madre. In quei dormitori remoti doveva fare tutto da solo. C’era gente di età fra i 22 e i 40 anni. “Bevevano tutti, io no. Quando non lavoravo, studiavo. Finii la scuola di immersione subacquea – anche ora guido un gruppo di immersione. Improvvisavano spesso feste, non partecipavo, non avevo tempo.
Io ero l’unico di Odessa, e l’unico ebreo. Una sera ero al ristorante con un collega a Chukotka, sopra la Kamchatka, di giorno era osteria, di sera ristorante. La città era quasi solo di carcerati. Proprio quella sera c’era un’orchestra ucraina, di Chernovits, in quelle trasferte erano pagati bene. Avevano bevuto, si capisce. Ed ecco che arriva una banda di delinquenti, e cominciano a fare i bulli. Il mio amico si alza e va a scambiare qualche parola col capo dell’orchestra, poi torna.
Il musicante annuncia: ora, per festeggiare i nostri evasi dalla galera, eseguiremo la celebre canzone ‘A Odessa, perla del mare…’”. Appena i malintenzionati sentono si accorgono di aver rischiato di provocare dei colleghi, e chissà di che rango, si affrettano a congratularsi, offrono la vodka. Misha annuncia di aver altro da fare, gente importante da vedere, e se ne va indisturbato. “E’ utile essere nati a Moldavanka”, dice.
“Ci sono stato più di sei anni, in quell’Estremo oriente. Ho ancora tanti amici là – avevo. Ci sentivamo spesso. Ora, dopo il 24 febbraio, non mi ha telefonato nessuno”.
Nadia, la migliore del quartiere
“A Moldavanka, dove sono nato e abito ancora, nella stessa casa, quando ero ragazzino succedeva di tutto. Grandi scandali, grandi risse fra vicini – forse in Italia c’è qualcosa di simile, forse a Napoli, ci sono andato. I bambini non crescevano in famiglia ma nei cortili, c’erano battaglie continue, dai 5 anni in su si sapevano tutte le parolacce. Puttana, non solo la parola, c’era proprio lei. Nadia, la migliore persona del cortile, mandava baci a tutti i bambini, beveva, si sentiva in colpa, si vergognava.
Era la madre del mio compagno di scuola. Avrà avuto sui 35-40 anni, era gentile coi vicini, praticava in casa, i clienti erano come lei, bevevano. Mio padre era rigido, litigava sempre con lei, le gridava quella parola. Nadia aveva il marito marittimo, quando lui tornava si comportava bene. Suo marito mi regalò la prima gomma da masticare della vita, avevo 11 anni.
Un altro nostro vicino aveva di nascosto una moglie e un’amante. Questo succedeva quando ero già adulto. Lui andava in Polonia a comprare vestiti da vendere al mercato, e li divideva, metà all’una, metà all’altra. Un giorno le due si ritrovarono al mercato con indosso il vestito uguale. La moglie lavorava al buffet della stazione ferroviaria, era una donna colossale, prese un grosso martello e si mise a fracassare la fiancata dell’auto del marito. Io ero uscito a portare fuori la monnezza, vidi tutto, le gridai: ‘La macchina no, picchia lui’ – si fermò.
Passa un po’ di tempo, l’amante viene proprio a casa loro, e si mette a tavola, c’erano l’uomo, la moglie, i figli, e il vecchio padre di lui, sordo. L’amante diceva che l’avrebbe preso lei, che l’altra non era nemmeno capace di scopare come si deve. ‘Come posso scopare come si deve se devo dormire con lui e con questo vecchio idiota?’. Il vecchio padre chiedeva: ‘Che cosa dice?’ E lei: ‘Chiudi la bocca, vecchio idiota!’ La sorella del marito andò a chiamare la polizia e poi disse: ‘Meno male che tua madre è morta e non ha dovuto vedere gli sbirri / in russo: Menti / in questa casa!’ ”
Questa l’infanzia e la prima gioventù di Misha.
Jura
Vorrei scrivere un racconto, qualcosa come Tre uomini in barca (ci sarà anche il cane). I protagonisti sono tre uomini, infatti, benché intorno a loro giri un buon numero di altre e altri comprimari. I tre si incontrano ogni giorno su una panchina, nel primo pomeriggio. E’ là che li ho conosciuti l’estate scorsa, grazie alla loro e mia amica Anna Golubovskaya, famosa fotografa, e siamo diventati amici in una mezzoretta.
Pensavo di non ritrovarli più là adesso che è inverno, anche perché non sono vecchi quanto me, ma hanno superato la settantina. Invece ci sono. Uno l’abbiamo visto, si chiama Misha, uno Lionya, uno Jura. Misha e Jura sono ingegneri marittimi, specialisti di porti. Lionya è stato un discreto campione di tuffi dell’Urss, poi è passato a istruire i giovani tuffatori. Come succede a chi abbia praticato accanitamente lo sport agonistico, è fisicamente più provato: ha un ginocchio dolorante e la vista indebolita.
Ha sempre con sé una scorta di caramelle alla frutta, e subito dopo aver salutato ne offre una per uno. Hanno facce da veterani di Hollywood che si reincontrano a Miami per mettere a segno l’ultima rapina. Jura ha le orecchie più memorabili, mi ha fatto ricordare di una storiella cecena di 25 anni fa. Ci sono Dudayev e il suo vice, Maskhadov, un tipo di Cyrano delle orecchie. Dudayev gli dice: “Se vogliamo svignarcela dai russi, io mi taglio i baffetti. Tu che fai, con le orecchie?”.
Jura in cambio è il più dotato per la musica. E’ nato nel 1949, a gennaio, suo padre era operaio, con un talento di pittore, sua madre ha lavorato per più di 40 anni in una libreria, il giorno dopo è partita per Israele. Ha fatto le elementari e le medie, nella famosa scuola 118, vicino a Privoz, il mercato centrale, ci studiava anche Mikhail Zhvanetskij (1934-2020, scrittore, attore, satirico, ebreo, nato anche lui a Moldavanka, anche lui diplomato ingegnere marittimo – il prorompente protagonista della vita teatrale di Odessa).
Su Privoz, c’è a Odessa quel detto famoso: “Ho comprato la carne al Privoz: così fresca, così fresca, che posso abbaiare”. (Anna fa notare che anche lei era portata per la musica, ma il suo nonno ebreo decretò: “Anna non può mettersi a suonare, perché è una regina!”) Non c’erano abbastanza soldi, e Jura si dovette accontentare della fisarmonica.
Gliela comprarono, e per loro fu come comprare un’automobile. Venne a fargli lezione a casa, per un anno, nella Malaya Arnautskaya, la moglie di un famoso direttore d’orchestra. Decisero che era bravo e lo iscrissero alla scuola di musica N.1, ma aveva 10 anni, era già vecchio, gli altri ne avevano 5 o 6, riuscì a cavarsela. Entrò nella banda del Conservatorio, la sola orchestra di bambini in Ucraina. Continuò così, gli studi ordinari e poi la facoltà di costruzioni, e la musica.
Con un po’ di amici, tutti ebrei immigrati da San Diego, dall’Australia, da Israele…, c’era il famoso pianista Leonid Levitin, misero insieme una band che si fece presto una reputazione cittadina, ai matrimoni e alle feste. Sono ancora amici e ogni tanto suonano ancora insieme. Nel 1968 fu arruolato, e anche lì lo assunsero nella banda militare della regione di Odessa.
Fu così che prese il primo aereo della vita, per Sinferopoli. La morte del promotore della banda li lasciò disoccupati, cantanti e musicanti. Finiti il collegio e la leva, nel 1970 tornò a Odessa. Gli piaceva l’architettura, le costruzioni, l’esercito gli diede buone referenze, entrò all’Università marittima.
Da ingegnere, partecipò a imprese importanti, come il Progetto Mar Nero, la costruzione del nuovo terminal dell’aeroporto, e fece l’intera carriera nell’Istituto delle Costruzioni. Nel 1979 smise di suonare in pubblico – ma a casa abbiamo un piano, avverte sua figlia Julia, e mia sorella Mila lo studia. Sua moglie Nadjezda la conobbe all’Istituto. E perché si innamorò di te? “Io l’ho chiesto alla mamma – dice Julia – le piaceva la voce. Anche adesso quando legge un libro i bambini si incantano”.
Suo padre e i suoi nonni parlavano yiddish fra loro, non in russo, Jura capisce lo yiddish, anche se non lo parla. Non è credente, non è stato comunista. “Il partito non voleva saperne di tipi come lui”, ride Misha. Nella Seconda guerra la sua famiglia fu decimata. Della guerra di ora dice che nessuno poteva aspettarsela: bisognava essere pazzi. Spera solo che i russi la perdano, e che finisca il prima possibile. L’hanno invitato ad andare all’estero: non ne è stato tentato nemmeno un momento. “Succederà a me quello che succederà a Odessa” … leggi tutto