Perché Putin è Putin
Il presidente ucraino interverrà con un messaggio nella serata finale del Festival della canzone italiana. La cosa dà fastidio a molti. Forse perché bastano pochi minuti per raccontare la brutalità e i crimini di guerra commessi dai russi
Amadeus va alla guerra. Come se fosse così banale, come tutti i mali del mondo, confondere le canzonette di Sanremo con il massacro in Ucraina voluto da Mosca. Allora partiamo da chi è preoccupato di trasformare il palco dell’Ariston in un proscenio bellico.
Volodymyr Zelensky ha chiesto al conduttore della principale manifestazione canora nazionalpopolare, attraverso Bruno Vespa, di poter intervenire con suo video preregistrato. Amadeus ha detto di sì. Pochi minuti nella serata finale dell’11 febbraio per il leader ucraino che il vignettista Vauro considera un «personaggio da fumetti», quindi ridicolo per le magliette che indossa con il simbolo del suo Paese. Lui, Vauro, ridicolo invece non si sente quando va in giro, anche negli studi televisivi, con le camice militari dell’Armata rossa.
Dimenticando che il suo caro amico Putin a quel tipaccio con la barba voleva tagliare la gola. Tutti scandalizzati adesso per Sanremo come Zelensky non avesse parlato ai Golden Globes, al Festival di Cannes e a quello di Venezia (dimentico qualcosa di meno importante di Sanremo?). Ha parlato e nessuno si è indignato o sognato di dire «e che cazzo, fateci vedere i film, levate quel tizio, quell’attore fallito dal red carpet».
Ma Sanremo è Sanremo, guai a infilarci dentro questa lagna dei morti, dei bombardamenti su case, scuole, ospedali. Basta con la solfa del popolo orgogliosissimo che resiste e vuole stare in Europa, vivere come gli europei e non prigioniero dell’autarchia russa. Non sanno che si perdono!
Perché questa fastidiosa distorsione acustica, tra fiori e melodie, del sangue che scorre (per colpa sua?). «Non è educativo, oltre che di cattivo gusto, mescolare la musica con la guerra», tuona il geopolitologo Lucio Caracciolo nel programma di Lilli Gruber, per la verità un po’ sconcertata, dove Massimo Giannini parla di gravitas della morte calata in maniera inopportuna in una bella serata spensierata.
Amadeus, che sa come fare ascolto e ha già la pubblicità in overbooking, secondo il direttore della Stampa dovrebbe fare come fece Fabio Fazio nel 2009 che invitò a Sanremo Michail Sergeevič Gorbačëv, accompagnato dalla moglie Raissa. E vuoi mettere l’ultimo segretario del Pcus insignito del premio Nobel per la pace con quel guerrafondaio di Volodymyr Zelensky che sta provocando un’escalation che potrebbe portarci al disastro atomico? Una cosa che va venire il sangue alla testa a Nicola Porro, vice direttore del Giornale. «Ma perché ci dobbiamo sorbire Zelensky?», si chiede il conduttore televisivo di Quarta Repubblica.
L’abbraccio destra-sinistra al grido giù le mani dalla melodia sanremese, raggiunge l’apoteosi con il contributo di un ministro della Repubblica. Stiamo parlando del leader della Lega, Matteo Salvini, che ha ancora una fratellanza politica con Russia Unita, il partito di Putin. Spera che «il palcoscenico della città dei fiori rimanga riservato alla musica: è qualcosa che penso tutti si aspettano». Lui, che è amante del festival vecchia maniera e adora la canzone italiana, non sa come canta Zelensky. «Ho altre preferenze». Magari, chissà, avrebbe preferito il coro dell’Armata rossa che si esibì con l’italiano vero Totò Cutugno nel festival del 2013 (sempre presentato da Fabio Fazio).
No, forse è troppo brutto ricordare quei poveri coristi che disgraziatamente, qualche anno dopo, morirono in un incidente aereo a Sochi. Siamo sicuri però che, cantando sul palco dei fiori, fecero piangere di gioia e non scandalizzare il vignettista Vauro che nella sua casa-museo di Roma ha una collezione di cimeli sovietici da fare invidia agli stalinisti moscoviti. Meglio l’Internazionale che il “nazista” di Kiev.
E allora tutti a Sanremo l’11 febbraio a contestare la «propaganda di morte in tv». Andiamo a parlare di pace, diplomazia, di cessate il fuoco. Con chi, a Mosca, non è dato saperlo. Tutti a fare il controcanto a Zelensky. Addirittura ci saranno due manifestazioni. Una organizzata da un fantomatico Comitato di liberazione nazionale con Pecora nera, nel piazzale di Pian di Nave, a Sanremo.
Ma quella più sexy sarà il controfestival di Carlo Freccero dove interverrà Dibba. Non si può mancare il comizio di Alessandro Di Battista, che si porterà nel tascapane, tra una partita di padel e una comparsata a pagamento a Dimartedì, il post di Beppe Grillo «dalle bombe alle canzoni, anche l’orrore fa spettacolo». Proprio lui, il comico genovese, che con l’orrore della casta, delle banche, delle armi ha fatto i più grandi incassi e addirittura ha fondato un partito che fu di maggioranza relativa. A quanto pare ci saranno anche gli ucraini fuori dal teatro Ariston ad applaudire il loro presidente. Magari chi è da quelle parti potrebbe farci un salto in quella parte della barricata.
Ma perché i pochi minuti di Zelensky a Sanremo fanno tanta paura, danno tanto fastidio? Non è certo perché si disturba la gara canora che già dura un’infinità di ore per giorni fino a notte fonda, da ammazzare il più insonne degli italiani. Forse una spiegazione potrebbe essere legata al fatto che, parlando in programma nazionalpopolare e seguito da decine di milioni di telespettatori, il presidente ucraino potrebbe convincere gli italiani incerti della brutalità russa e sulla necessità di difendere i confini occidentali dell’Europa. Far cambiare idea a chi pensa «ma a noi di questi che ce ne frega?».
C’è un pezzo non minoritario che ritiene che la guerra in Ucraina sia l’unica e primaria fonte dei rincari energetici. Oppure che l’Italia insieme all’Europa è supina all’America, che stiamo facendo una guerra che non è la nostra. Oppure che abbiamo provocato l’orso russo e ora noi dobbiamo spendere tutti questi soldi per armare gli ucraini, con il rischio dell’atomica. Valutazioni in buona fede per alcuni, polemiche politiche anti occidentali e anti americane per altri che arrivano a dire, come fa Marco Travaglio, che prima o poi dovremo fare i conti con i corrotti di Kiev e vedere dove sono finite tutte le armi che stiamo dando a quello con la maglietta da fumetto.
Ora, senza dubbio, come ha fatto tutte le volte che è intervenuto pubblicamente, Zelensky sa come fare comunicazione. Parla alle opinioni pubbliche occidentali che cominciano a essere stanche. La guerra sarà lunga, purtroppo. Ed essendo noi una democrazia in cui votare conta ancora qualcosa, potrebbe succedere che i governi occidentali stacchino la spina agli ucraini. Con il risultato di farli fagocitare da Putin e di assistere alla marcia dei macellai della Wagner nelle strade di Kyjiv.
C’è tutto questo. Ma c’è anche quello che disse Totò Cutugno in quel Sanremo del 2013 con alle spalle gli impettiti soldati del coro russo. Disse che Sanremo è molto seguita in Russia. Allora magari quel personaggio da fumetto vuole parlare anche ai russi, a quelle famiglie che non hanno visto più tornare i loro figli. Non sappiamo quanti potrà convincerne, quali argomenti userà. Magari in quel momento l’etere russo sarà oscurato. Di sicuro farà incazzare Putin, che non vedrà l’ora di conoscere il vincitore del festival di Sanremo.