La Cgil punta sulla Schlein per tornare a contare ma il pacifismo anti-Kiev è una grana per i dem
È da tempo che Maurizio Landini lavora alla «cosa rossa», formalizzata ufficialmente sabato con la manifestazione «antifascista» (o antigoverno) a Firenze. La vittoria della Schlein è il tassello che mancava ma sono mesi che il segretario della Cgil tesse la tela, prima con Conte e poi con la stessa candidata alla segreteria dem.
Il sindacato ha dato un apporto concreto alla sua elezione, andando a votarla, anche se i vertici della Cgil smentiscono un «ordine di scuderia» non hanno mai neppure nascosto l’affinità ideologica con l’ex eurodeputata («L’agenda di Elly Schlein uguale a quella della Cgil» ha detto la segretaria Cgil di Bari, Gigia Bucci). A sua volta la Schlein ha puntato sull’aiuto dei voti Cgil, infatti ha impostato la campagna congressuale attorno ai temi più sentiti dal sindacato rosso: no al Jobs act, salario minimo, stretta sui contratti a termine, settimana lavorativa di quattro giorni, redistribuzione della ricchezza tramite tasse.
Landini ha sempre evitato di pronunciarsi sul congresso Pd, ma secondo L’Espresso, la prima telefonata che la Schlein ha ricevuto dopo la vittoria è stata proprio la sua.
Il segretario d’altronde ha solo da guadagnarci dal riallineamento, a sinistra, con il Pd. È dalla stagione renziana che la Cgil ha perso la sua storica partnership con i Democratici, restando così isolata a sinistra, incapace di dettare la propria agenda alla politica. C’è stato in questi anni un dialogo costante con Bersani, D’Alema, Speranza, appunto gli ex Pd usciti per incompatibilità con il Partito Democratico considerato più vicino ai «padroni» che ai lavoratori.
Alleati però di poco peso politico. Perciò Landini ha puntato su Giuseppe Conte, ospite lo scorso ottobre alla manifestazione nazionale della Cgil a Roma. Poi l’incontro tra i due, a sancire l’alleanza: «Abbiamo ascoltato il parere dei 5Stelle che condividono molte nostre richieste e con cui c’è un terreno importante e comune di iniziative», spiegò Landini. Se a lui serviva la sponda politica del M5s, per Conte l’asse con la Cgil è stato funzionale per il progetto di posizionarsi come nuovo leader di sinistra (dopo aver governato, da leader sovranista, con la Lega di Salvini…).
L’arrivo adesso della Schlein al vertice del Pd può essere un problema per Conte, che trova un nuovo competitor a sinistra. Mentre per Landini è l’occasione per ridare centralità alla Cgil e condizionare la linea del Pd. Anche i dem possono ricavare vantaggi dalla ricostruzione dei ponti con quel mondo. Ma non senza rischi. La Cgil, così come Conte, sull’Ucraina è su posizioni lontane da quelle seguite finora dal Partito Democratico.
No alle armi a Kiev, «siamo contrari alle politiche di riarmo perchè è il momento di investire sulla pace, sulla diplomazia e sulla qualità della vita», ha detto Landini. Slogan che possono facilmente confondersi con quelli dei filorussi, contrari all’aiuto all’Ucraina, non a caso nei cortei «pacifisti» Cgil sono spuntate bandiere della federazione russa e persino inni a Gazprom.
Sul «pacifismo» contrario agli aiuti militari all’Ucraina c’è anche il Movimento Cinque Stelle di Conte. Ed è proprio questo il tema su cui la Schlein è stata finora molto ambigua, barcamenandosi tra la fedeltà all’allenza atlantica e la solidarietà con la resistenza ucraina da una parte e il pacifismo alla Conte e Landini dall’altra. Un capitolo che adesso, da segretaria del Pd, richiederà chiarezza. E su cui si peserà il nuovo asse a sinistra con il M5s e con la Cgil.